Disabili

Volere o non volere, questa è la questione

Sarà l’ansia di non conoscere gli esiti degli esami a giocarmi qualche brutto scherzo?

Sarà l’ansia di non conoscere gli esiti degli esami a giocarmi qualche brutto scherzo? Oppure è un attacco di fifa? Eppure se da un lato voglio fare questa esperienza con il Rewalk, anche se potrà essere solo temporanea, dall’altro non voglio. Ebbene sì, durante il weekend ho fatto di tutto per non pensarci, sabato ho partecipato a un incontro con i player del turismo durante l’evento business2business Nofrills, a Bergamo, per presentare il progetto Easy Hotel Planet, poi qualche compera – la spesa del sabato insomma – e domenica mi sono rintanato in casa con amici.

Un buon bicchiere di vino e quattro chiacchiere in compagnia… poi il discorso, quasi per gioco, è caduto su quelle situazioni della vita in cui si vuole intensamente una cosa e al contempo non la si vuole. Una caratteristica che ho sempre attribuito all’universo femminile, ma che sempre più spesso mi accorgo di vivere. E una di queste situazioni è proprio quest’avventura con il Rewalk. Quando a novembre del 2001 uscii dell’ospedale mi immaginai che nell’arco di una decade i progressi scientifici (leggi la paura di credere alla scienza) mi avrebbero portato a camminare. Con le gambe bioniche che dovrei provare sembra quindi che il mio desiderio sia stato realizzato. Cosa mi frena? I miei sogni parlavano di ben altro. Non è solo la deambulazione a essere deficitaria, ad esempio mi manca la sensibilità cutanea. E di certo il robot non me la può restituire. Un piccolo dettaglio… forse. Provate a immaginare cosa significhi non avvertite sulla pelle il contatto della mano del vostro compagno…

Gruppo San Donato

Ma c’è di più. Cosa mi spinge a temere il cambiamento? Provo a fare un piccolo elenco per rendermi conto della stupidità di questi timori. Innanzitutto forse c’è la pigrizia: il mio corpo e la mia mente si sono adattati alla paraplegia e ai suoi problemi, hanno trovato soluzioni più o meno agevoli ai problemi pratici tanto da farmi sentire sicuro anche da seduto. Un cambio di altezza certo porterebbe a sconvolgere da capo la mia vita, forse in meglio certo, ma mi costringerebbe a ripercorrere un lungo percorso di riadattamento alla mutata situazione. E poi la paura e la certezza che questa possibilità, l’uso delle gambe robotiche, potrebbe essere solo temporanea, una soluzione tampone. Chi potrebbe indossare l’esoscheletro quotidianamente? Avendo le mani impegnate nel mantenimento dell’equilibrio non potrei fare nessun altro movimento, non potrei nemmeno prendere una padella dal fuoco per farmi due uova al tegamino – operazione che da seduto non ho grandi problemi a fare-. Insomma avrete capito, che dietro tante scuse, c’è il timore di rimanere deluso. E questo basta a frenare il grande entusiasmo.

Avete ragione sto trovando scuse banali per giustificare le mie paure. Eppure mi sembra di parlare di sentimenti ovvi e comuni a molti di noi. Quanti si lamentano di un rapporto ormai logoro, di un lavoro considerato insoddisfacente, ma poi non fanno nulla per cambiarlo? La stessa cosa forse sta accadendo anche a me, forse la nicchia e la vita che mi sono ritagliato faticosamente in sedia a rotelle è diventata quasi comoda… beh non esageriamo diciamo naturale. Un tran tran abitudinario da cui faccio fatica a voler uscire… come i tanti che abituati alla loro vita non hanno il coraggio di riaprirsi al mondo e trovare una via alternativa, magari migliore.

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