Disabili

Cifre, statistiche e il lato umano dov’è?

Punti nascita, percentuali di parti avvenuti con il cesareo o in maniera naturale, raffronti con le nazioni europee... ops ma dove sono finito? Può la nascita di una nuova vita ridursi a cifre, numeri, statistiche e linguaggio burocratico? Sì. Ieri vi ho descritto nell'articolo Cesareo o naturale? Il parto che divide la conferenza stampa di presentazione di un'indagine condotta dall'Osservatorio nazionale sulla salute della Donna.

Punti nascita, percentuali di parti avvenuti con il cesareo o in maniera naturale, raffronti con le nazioni europee… ops ma dove sono finito? Può la nascita di una nuova vita ridursi a cifre, numeri, statistiche e linguaggio burocratico? Sì. Ieri vi ho descritto nell’articolo Cesareo o naturale? Il parto che divide la conferenza stampa di presentazione di un’indagine condotta dall’Osservatorio nazionale sulla salute della Donna.

Ma se il blog  News e Commenti è il luogo del sito in cui fornire notizie, questo è quello delle riflessioni personali. Forse non c’entra direttamente con la disabilità, ma è qualcosa della vita quotidiana che ci coinvolge tutti. Accanto all’elenco di numeri che mostravano come nel nostro Paese si ricorra in maniera eccessiva al parto chirurgico, avrei voluto sentirmi dare delle spiegazioni di tale comportamento. A dire il vero qualche ragione è stata detta tra le righe dai medici intervenuti, ma forse merita un approfondimento.  Dire lo vogliono le donne è riduttivo e – personalmente – credo non veritiero. I dati del sondaggio dicevano che l’80% delle oltre mille donne intervistate avrebbe preferito il parto naturale, ma poi – dati del ministero alla mano – in sala parto questo numero scende al 60%. «Le donne preferiscono il parto vaginale, ma poi scelgono quello cesareo», ha detto la presidentessa di Onda, Francesca Merzagora.

Gruppo San Donato

Allora cosa porta quel 20% circa di donne a cambiare idea. Azzardo qualche ipotesi: uno dei fattori è sicuramente la paura di provar dolore. Veritiero e quasi garantito visto che solo il 19% degli ospedali italiani è dotato delle attrezzature per offrire l’anestesia epidurale durante il travaglio. Opzione che si riduce ulteriormente perché sono pochi gli anestesisti dedicati nei reparti di neonatologie. Questa mancanza si traduce nella richiesta di anestesisti dagli altri reparti con l’ovvia conseguenza che se questi sono impegnati in altre sale operatorie l’epidurale non può essere somministrata.

Seconda ipotesi riguarda il lato puramente economico del business del parto: il rimborso regionale per il cesareo è lo stesso di un parto naturale? In alcune regioni sì, in altre differisce e di molto, anche perché il parto chirurgico è un intervento operatorio vero. Polemica a parte mi piace evidenziare un’altra frase pronunciata da Massimo Candiani, primario della Ginecologia e Ostetricia della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor. «E’ proprio corretto fare un confronto tra dati statistici fra paesi differenti? Oppure è più corretto pensare se quelle operazioni sono appropriate per la paziente?». Per passare dal generico al particolare faccio un esempio. Alla clinica Mangiagalli di Milano si concentrano molte delle gravidanze della città meneghina, ma soprattutto si concentrano quelle che presentano maggiori difficoltà. Di conseguenza il numero di interventi chirurgici è più elevato. E’ giusto quindi sottolineare  che la statistica di questo ospedale è fuori dalla media europea o forse sarebbe meglio vedere se questi interventi sono appropriati o esagerati?

Cifre e statistiche mal si conciliano con la salute delle persone. Che ne pensate?

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