Disabili

Burocrazia: due mesi per una carrozzina

Per avere a casa una carrozzina elettrica possono passare anche due mesi. Un cittadino può arrivare, dalla prescrizione al collaudo di una protesi, fino a 10 passaggi presso uffici e sedi della Asl o delle ditte fornitrici. E ancora, per un ventilatore polmonare quasi 1 cittadino su 5 (18%) attende solo cinque giorni, ma all’estremo opposto sempre un 18% di pazienti aspetta oltre i 60 giorni.

E’ quanto emerge dal primo Rapporto sull’assistenza protesica e integrativa presentato oggi a Roma da Cittadinanzattiva. I dati provengono dalla compilazione di 212 questionari raccolti nei mesi di aprile e maggio 2011 e riguardano cittadini residenti in 17 Regioni, equamente distribuite tra le diverse aree geografiche del Paese. Tempi lunghi, eccessiva burocrazia e diritti disomogenei di Asl in Asl sono dunque i principali ostacoli per i cittadini che necessitano di protesi e ausili per la cura della loro patologia. «Parliamo di persone – spiega Cittadinanzattiva – con lesioni di midollo osseo, costretti su sedia a rotella, o persone che soffrono di incontinenza, portatori di stomie, anziani o allettati affetti da ulcere cutanee».

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Dall’indagine emerge che l’80% dei cittadini dichiara di aver ricevuto informazioni sui requisiti per il diritto all’assistenza. Questo significa che, ad oggi, ben 1 cittadino su 5 non è stato in grado di ottenere informazioni. Inoltre, quasi la metà (48%) giudica buona la qualità delle informazioni ricevute in merito ai requisiti necessari per accedere all’assistenza, ma nelle regioni del Centro l’informazione sull’assistenza è considerata buona solo dal 30% degli intervistati, e il 28% la valuta pessima o scarsa. Percorso lungo e tortuoso per ottenere l’autorizzazione all’assistenza.

Soprattutto al Sud. «Il numero di passaggi tra uffici amministrativi delle Asl o di un altro ente per ottenere l’autorizzazione all’assistenza – spiega Cittadinanzattiva – fotografa una burocrazia ancora poco agile, autoreferenziale, che grava sui cittadini o sui loro familiari». Infatti, se prevale la quota di cittadini che per ottenere l’autorizzazione ha dovuto recarsi solo 1-2 volte presso uffici (40%), è presente un 22% che ha dovuto effettuare addirittura più di 4 passaggi. Se a questa quota si aggiungono coloro che si sono spostati 3-4 volte (22%), emerge un quadro preoccupante di una metà circa di pazienti che si vedono rimpallati da un ufficio all’altro prima di ottenere il riconoscimento del proprio diritto. Con il Sud del Paese in cui questo dato sale fino al 70%”. Percorso ad ostacoli anche per chi necessita di una nuova fornitura di protesi o ausili: il 37% di cittadini ha dovuto recarsi da 2 a 4 volte presso diversi uffici per vedere rinnovato il proprio diritto. «Il dato rivela che, evidentemente, non dappertutto le procedure formali e burocratiche per tale pratica sono semplici».

Durante il periodo trascorso in attesa di ricevere l’autorizzazione, il 25% dei cittadini coinvolti nell’indagine ha dovuto sostenere dei costi in proprio per acquistare o noleggiare i dispositivi di cui aveva bisogno subito, e per i quali non poteva attendere i tempi della burocrazia. Ciò si verifica più spesso al Centro e le spese sostenute sono alle volte molto pesanti: si va dai 35 euro per il noleggio di una sedia a rotelle, ai 500 per un letto elettrico, fino ai 2.200 euro per un sollevatore per il bagno o addirittura 6.000 per una carrozzina elettrica. Inoltre – si legge nel Rapporto di Cittadinanzattiva – a causa della carenza di qualità dei dispositivi erogati, il 13% ha dovuto sostenere costi aggiuntivi a suo carico. Per i dispositivi con fornitura periodica, spesso è la quantità ad essere carente: in questo caso, il 24% dei cittadini ha dovuto accollarsi spese aggiuntive per integrazioni.

Per quanto riguarda invece i tempi di consegna, poco meno di un terzo dei cittadini (29%) attende complessivamente, dall’inizio dell’iter autorizzativo fino al momento della ricezione dei dispositivi, da 15 a 30 giorni e, un altro terzo di pazienti da 30 a 60. Per alcuni dispositivi si aspetta troppo e si rischia di restare in ospedale, anche quando il cittadino potrebbe essere curato a casa. E’ il caso, ad esempio, dei ventilatori polmonari, per i quali 1 cittadino su 4 aspetta oltre 20 giorni per il rilascio dell’autorizzazione. Tra i dispositivi, la carrozzina elettrica è sicuramente quella per la quale si aspetta di più, sia per il rilascio di autorizzazione (il 48% aspetta oltre 20 giorni) che per la consegna definitiva (il 20% aspetta oltre 60 giorni e il 38% fra i 30 e i 60).

Dall’indagine è inoltre emerso che il 71% dei cittadini ritiene che complessivamente l’assistenza nei propri confronti sia stata adeguatamente personalizzata da parte della Asl. Questo dato, disaggregato per aree geografiche, mostra un’evidente differenza in positivo per il nord-ovest, dove la percentuale sale al 77%. La maggior parte dei pazienti ritiene mediamente funzionali (79%) i dispositivi ricevuti; la quota di coloro che li ritengono innovativi è del 12%, lievemente superiore a quella di chi li valuta, invece, obsoleti (9%). Emerge che nel 13% dei casi sono stati erogati dispositivi diversi da quelli prescritti dal medico, percentuale lievemente maggiore di quella rilevata per l’assistenza protesica.

Inoltre, casi di difetti di funzionamento dei dispositivi sono stati riscontrati dal 15% dei cittadini. Tra coloro che hanno ricevuto dispositivi ritenuti non corrispondenti ai propri bisogni, il 32% ha richiesto alla Asl un’alternativa più adeguata alle proprie esigenze. Ma soltanto al 48% è stata autorizzata l’erogazione del dispositivo alternativo richiesto. Per il 7% ciò è avvenuto parzialmente (avendo richiesto più di un dispositivo). Tra coloro ai quali la Asl ha concesso l’autorizzazione, il 65% ha dovuto comunque integrare la differenza di prezzo. Il 35% dei cittadini ai quali invece è stata negata l’autorizzazione del dispositivo alternativo richiesto ha dovuto acquistare a proprio carico il dispositivo necessario.

«Dall’indagine – è il commento di Cittadinanzattiva – emerge con chiarezza che il servizio protesi e ausili delle Asl interviene con una mera finalità autorizzativa, a valle di una prescrizione emessa da uno specialista. Il servizio, in un certo senso, si limita ad apporre un timbro, ma con tempi e disagi notevoli per il cittadino. Il nomenclatore è fermo al 1999 e quindi non è adattato né alle innovazioni tecnologiche né ai prezzi di mercato, con la conseguenza di non consentire facilmente l’autorizzabilità di prodotti nuovi o di prevedere tariffe inadeguate».

Alla luce dei dati emersi dal Rapporto, secondo Cittadinanzattiva sono quindi necessarie alcune misure da intraprendere per migliorare il servizio di assistenza a questi pazienti. Ad esempio, «rivedere il nomenclatore e l’impostazione rigida della regolamentazione del settore, con aggiornamento e monitoraggio dei Lea per l’assistenza protesica e integrativa; definire Linee guida vincolanti e omogenee sul territorio nazionali per la regolamentare i percorsi di fornitura di protesi e ausili; adottare una Carta della qualità dell’assistenza protesica e integrativa; diffondere le buone pratiche e promuovere l’integrazione».

Fonte Adnkronos

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