Salute

Tumore alla colonna vertebrale: cause, diagnosi, cure

Focus a cura di Alfredo Pompili, direttore della struttura di neurochirurgia dell'Istituto Regina Elena di Roma

L’area della colonna vertebrale può essere colpita da varie forme di tumori. Leggi la storia di Luca e di come ha scoperto di avere un tumore alla colonna. Nella maggior parte dei casi si tratta di metastasi ossee in persone affette da un tumore in altre parti del corpo, come la mammella, il polmone, il rene, la prostata o lo stomaco.

Sono piuttosto rari, invece, i tumori primitivi, che possono colpire le strutture ossee (cordoma, osteoma, condroma) oppure il midollo spinale (meningioma, neurinoma, glioma, ependimoma sono i più diffusi): sono in genere benigni o, comunque, evolvono più lentamente di altre neoplasie.

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I sintomi

I primi campanelli d’allarme sono:

  • dolore alla colonna;
  • deficit neurologici agli arti inferiori, causati dalla progressivamente compressione del midollo spinale;
  • perdita di forza e di sensibilità alle gambe o anche alle braccia, se la lesione è nella parte alta della colonna.

La diagnosi

  • La risonanza magnetica nucleare è l’esame d’eccellenza per l’identificazione di un tumore della colonna vertebrale e del suo contenuto (meningi, midollo spinale, radici nervose, tessuti di supporto).
  • Successivamente la Tac può essere di completamento per i tumori ossei, l’angiografia spinale per i tumori vascolari (molto rari), lo studio radiografico tradizionale per alcuni dettagli ossei e di movimento, specie se si devono utilizzare impianti ossei o artificiali dopo la rimozione di un tumore vertebrale.
  • La sofferenza neurologica, se c’è, va quantificata strumentalmente, dove possibile, con studi funzionali (che fra l’altro servono come dato iniziale per un corretto monitoraggio intraoperatorio), quali: esame dei potenziali evocati motori e sensitivi, elettromiografia.

La cura

La chirurgia è indicata per i tumori secondari o metastatici, se la localizzazione è unica e se la malattia di base è ragionevolmente ben controllata (alcuni casi di cancro della mammella, prostata, o altri). È utile sia per lenire il dolore, sia per decomprimere il midollo. Anche nel caso dei tumori primitivi nell’area della colonna si interviene chirurgicamente per rimuoverli, con interventi molto impegnativi e posizionamento di impianti protesici, per sostituire le parti della colonna che sono state tolte. I tumori intradurali, all’interno delle meningi, si possono invece rimuovere con la chirurgia mininvasiva, che richiede notevole esperienza, ma consente di ridurre i tempi di recupero e il dolore post operatorio. I tumori midollari, infine, sono rari e tecnicamente impegnativi e incerti, dal punto di vista della prognosi. Il paziente, in genere, può alzarsi dopo due o tre giorni e lasciare l’ospedale dopo cinque giorni. Non necessita del busto di sostegno e può iniziare da subito la riabilitazione.

I controlli successivi 

Dipendono dalla patologia di fondo. Quella benigna, che viene resecata del tutto, rimane monitorata per un certo numero di anni. I casi con patologie a malignità attenuata, ma sempre limitati alla colonna, necessitano di controlli clinici e strumentali semestrali. In caso di deficit funzionale, i pazienti vanno seguiti in strutture riabilitative apposite. Diverso il caso della patologia metastatica della colonna, dove la prognosi è notevolmente influenzata dalla malattia sistemica. È ovvio che non si può correre dietro a ogni lesione che compare. Il buon senso e la buona pratica clinica devono prevalere sulla voglia di fare. Il confine fra giusta cura e accanimento terapeutico è assai labile.

Alfredo Pompili, direttore della struttura di neurochirurgia dell’Istituto Regina Elena di Roma

 

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