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Zucchero: con i farmaci ho superato la depressione

«Sugar» Fornaciari racconta a OK di giugno il lungo periodo di buio che ha vissuto: ne è uscito grazie a uno psichiatra e ai medicinali

Zucchero (nome d’arte di Adelmo Fornaciari), 57 anni, confessa a OK di giugno di aver sofferto di una forte depressione. E di esserne uscito grazie a psichiatria e farmaci (non prima di aver scritto un capolavoro come Miserere). Ecco il racconto del musicista, il tour con il suo ultimo album La Sesión Cubana.

«Ho sofferto di depressione, una depressione profonda, quattro anni di disperazione. Se oggi amo di nuovo la vita è per merito della psichiatria e dei farmaci. Tra il 1989 e il 1993, nel periodo in cui ho scritto non a caso l’album Miserere, ero messo piuttosto male. Mi ero separato, avevo problemi personali, mi sentivo senza riferimenti. Più l’umore andava giù e più mi isolavo. Sono andato a vivere in una casetta sul mare, non sapevo più con chi stare, non mi interessava più niente, addirittura non volevo più suonare.

Gruppo San Donato

Alcuni amici, nonostante tutto, hanno cercato di starmi vicino, di sopportarmi. Io non volevo nemmeno uscire di casa e loro mi invogliavano: “Dai, andiamo a prendere un gelato, bisogna solo attraversare la strada”. Ma io niente. Avevo il terrore di uscire. Poi, piano piano, mi hanno tirato un po’ fuori e ho imparato a ricominciare dalle piccole cose. Mi ricordo la prima volta che ho riscoperto la mia passione per l’arredamento, quando mi hanno trascinato in una botteghina di antiquariato nascosta, in un paesino, e ho riprovato la gioia di interessarmi a un vecchio mobile. È stato un tragitto lungo, ma ora posso dire che ce l’ho fatta.

In quel periodo orribile, mi toccava la tournée di Miserere e io proprio non ce la facevo. Avevamo fissato concerti dappertutto nel mondo, gli sponsor avevano già pagato, se avessi mollato avremmo dovuto pagare penali salatissime. E allora ho chiesto aiuto a uno psichiatra, sono andato dal professor Giovanni Battista Cassano, a Pisa, un luminare. Lui si è preso cura di me e un giorno mi ha detto: “Zucchero, se non vai in tournée ti devi ricoverare al reparto psichiatrico e dimostrare ai periti che non puoi muoverti da qui”. Se mi fossi rotto una gamba sarebbe stato facile, ma con la depressione?

Tra l’altro è difficile da far credere al pubblico. La gente avrebbe commentato: “Ma come? Ha soldi, gira il mondo, ha le ragazze, ha tutto quello che vuole, ha successo, perché dev’essere triste? E quello che va a lavorare in fabbrica, allora, che dovrebbe avere?”. Qui in Italia la depressione non è considerata una malattia. “Sei un po’ esaurito”, ti dicono, “beh, sei giù di corda”. E tu ribatti: “Non sono giù, ho la depressione!”. Ma nessuno ti capisce.

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Io sono andato in tournée e ho preso il Prozac, per più di un anno. Devo molto a una donna, Laura, un angelo caduto in terra. Si occupava di me, tutte le sere mi preparava il bicchier d’acqua con la pasticca antidepressiva perché non riuscivo più a dormire. Non sono uscito di casa per sei mesi tanto stavo male. Era una bella donna, ma non ero in grado di innamorarmi, l’ho fatta soffrire molto.

Non dico che gli artisti hanno per natura la depressione (guarda la gallery dei depressi famosi), ma nella storia dell’arte ce ne sono tantissimi. Una volta la chiamavano melancolia. Ed è vero che a volte uno stato d’animo malinconico ti aiuta a scrivere canzoni bellissime. A me le migliori sono venute mentre stavo male. Ho scritto Senza una donna quando mi stavo separando. Anche se in maniera ironica, anche Per colpa di chi e Diavolo in me rivelano il mio male di vivere.

Mi fece bene, in quei mesi, leggere un libro scritto dal professor Cassano. Io mi ci sono aggrappato, come uno che si àncora alla fede. Lo spiego con parole mie quel che leggevo nel libro: “Non è che sei pazzo, è che ti manca una sostanza che non produci a sufficienza, quella dell’equilibrio umorale, la serotonina. Il tuo corpo non la secerne perché magari hai avuto un dispiacere, o per motivi fisiologici, e i farmaci servono per riequilibrare il tutto e riprodurre chimicamente una cosa che il tuo organismo non sa più produrre naturalmente”. Io ci ho creduto e mi sono curato, altri non ci credono. Per me i farmaci sono stati provvidenziali per ristabilire gli equilibri chimici dentro il mio cervello.

Io avevo anche un problema in più: gli attacchi di panico. Sono terribili. Se uno non li ha mai provati è impossibile capirlo attraverso i racconti di un’altra persona. Come quando dicono che la colica renale è uno dei dolori più forti che esistano con quelli del parto: io non ho mai provato il parto quindi non posso saperlo, ma posso dire che la colica è terribile! La stessa cosa con gli attacchi di panico. Ti immobilizzano. Io mi bloccavo, non andavo né avanti né indietro. Sul palco era un’agonia. Ho saputo reagire, li ho superati ma non nascondo che ancora adesso, tutte le volte che devo fare un concerto ho paura che tornino.

Grazie a Dio è passata, sto meglio. Ora vivo in una fattoria dove produco vini, allevo animali, e dove trovo ancora della genuinità. Diciamo la verità: ho 57 anni. Prima potevo andare a cena dopo un concerto e fare baldoria, bere un po’ di vino, poi andare a letto e stare bene il giorno dopo. Oggi per smaltire ci vogliono almeno due giorni! Il bioritmo s’è rallentato, però grazie a Dio sto bene. E me la godo di nuovo come quando ero ragazzino».
Zucchero Fornaciari (confessione raccolta da Silvia Bizio per OK Salute e benessere di giugno 2013)

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