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Povia: la sinusite mi ha torturato per dieci anni

Il cantante racconta a OK del suo lungo calvario fra starnuti, farmaci e aerosol

Povia ha passato dieci anni a respirare male: non sentiva più gli odori e faceva aerosol quasi tutti i giorni per lenire la sua sinusite. Ecco il suo racconto pubblicato su OK di luglio/agosto 2013.

«Era il 1993. Per tre mesi avevo lavorato in un cantiere pulendo stanze piene di polvere e mi si era scatenata un’allergia agli acari. L’anno dopo, uno shock anafilattico da acido acetilsalicilico e nuove allergie: betulla, peli di gatto, graminacee. Cominciarono così i problemi di respirazione e, soprattutto, la sinusite che mi ha flagellato per più di dieci anni. Respiravo male e non sentivo più gli odori, neanche quello del cioccolato.

Gruppo San Donato

Mi diagnosticarono la sinusite con un esame che mi ricordava le previsioni del tempo: dava sereno da un lato della fronte, mentre a destra era tutto nuvoloso, con piogge, precipitazioni, fulmini. Colpa anche del setto nasale deviato proprio a destra, per il quale volevano operarmi già da ragazzino. Io però temo gli interventi chirurgici, dico ridendo che l’unico dolore che sopporto è quello degli altri e che, a volte, sopporto i dolori dell’anima.

Insomma, non ho mai voluto fare l’operazione e quel giorno, nello studio medico, la mia rinoscopia dava addensamenti spaventosi proprio sopra quel punto critico. Per lenire la sinusite, ho fatto aerosol di cortisonici quasi tutti i giorni, ho provato spray, rimedi naturali, qualunque cosa. Ero anche afflitto da starnuti e lacrimazioni dovuti alle allergie e quindi ero sotto antistaminici tutti i giorni. Il mio sistema immunitario era sempre impegnato a combattere queste guerre e io mi prendevo di continuo raffreddori, febbre, tosse, bronchiti e altri malanni. In realtà, i miei malesseri erano aggravati dal fumo e dagli stili di vita sbagliati: quando sei ragazzo, esci sbracciato, prendi freddo, vai in moto, fai tardi la sera, dormi poco. Quando ho avuto successo con I bambini fanno «Ooh…» nel 2005, e finché non ho smesso di fumare e mi sono dato una regolata, cantavo spesso con grande sforzo. Sul palco ci andavo, ma avvertivo il pubblico: «Stasera non ho voce, ma canterò lo stesso perché ci metto il cuore». Questo era il tormentone.

Sapevo che potevo prendere tutti i cortisonici del mondo, ma che non sarei guarito se non avessi chiuso con le sigarette. I miei agenti e i miei produttori me lo dicevano, ma io poi mi nascondevo in camera e fumavo. Giancarlo Bigazzi, mio grande manager e autore, la prendeva alla larga: mi spiegava che se non mi fossi tolto il vizio, mi sarei ritrovato a cantare afono. Un manager punta ad avere dall’artista il cento per cento, magari si accontenta del 90, ma io solo dopo mi sono reso conto che davo solo il 50. Sul palco, stavo attaccato al microfono e non mi muovevo, sennò mi veniva il fiatone. Quando ho smesso di fumare, a febbraio 2007, le mie esibizioni sono cambiate da così a così: ora sul palco salto e mi muovo per tre ore di seguito. I miei problemi di respirazione e di sinusite sono spariti.

La svolta è stata il libro di Allen Carr, È facile smettere di fumare se sai come farlo. L’ho visto per caso in Autogrill e l’ho preso. Il metodo prevede di fumare finché non arrivi all’ultima pagina e io, per posticipare quel momento, continuavo a rileggere gli stessi capitoli. Ho fumato sei stecche di sigarette per finire un centinaio di pagine, ma dopo ho smesso, perché avevo capito i meccanismi della dipendenza. La consapevolezza ti fa smettere più della forza di volontà.

Ho cominciato a stare meglio. Potevo correre. Respiravo bene. Allora, ho letto anche gli altri libri di Allen Carr, uno sul cibo, uno sull’alcol e anche È facile smettere di preoccuparsi se sai come farlo.

Quanto al cibo, ho capito che siamo quello che mangiamo, perciò mi sono messo a coltivare l’orto e oggi scelgo il più possibile alimenti biologici. Ho smesso di farmi la birretta la sera, dopo i concerti. Quanto alle preoccupazioni, prima non dormivo affatto, avevo sempre troppi pensieri. Carr invece mi ha insegnato ad andare alla radice dei problemi. Oggi dormo fino sei ore a notte e, riposando meglio, mi sento meglio.

Prima non badavo a tante cose… Facendo 70 o 80 concerti all’anno, andavo a letto alle sei del mattino, perché dopo lo spettacolo e dopo gli autografi cenavo pure con la band, accumulavo sigarette e birrette e, il giorno dopo, mi svegliavo stanco e facevo mille chilometri in auto per raggiungere la tappa successiva del tour. Adesso, dopo gli autografi, vado a letto. E se d’estate esco di sera, mi metto il giubbotto di jeans, e al collo porto sempre una sciarpa di seta che è isolante e protegge gola e corde vocali. Corro un’ora e venti tre volte a settimana. Ascolto Ligabue e corro, mi dà energia. Da quando non fumo, non bevo, mangio sano e riposo, i momenti belli sono più belli e i momenti brutti sono meno brutti.

Non ho ancora una vita regolare: scrivo di notte, perché di notte tutto il mondo dorme e non arrivano energie negative. Però posso farlo nella casa che più amo, a Castellina Marittima, nella campagna toscana, un posto che per anni ho dovuto evitare per via delle graminacee che mi scatenavano lacrimazioni, starnuti e sinusite.
Giuseppe Povia (confessione raccolta da Candida Morvillo per OK Salute e benessere di luglio/agosto 2013)

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