Associazioni

La leucemia mieloide cronica può finalmente essere sconfitta

L'AIL celebra i successi della ricerca nella giornata contro i tumori del sangue: disponibile anche il numero verde 800.226.524 per parlare con gli esperti

Dalla leucemia mieloide cronica si può finalmente guarire. Oltre il 50% dei pazienti trattati con i nuovi farmaci “di precisione” vede la malattia in remissione a un anno dalla sospensione della terapia. Un successo inimmaginabile fino a pochi anni fa. L’annuncio è avvenuto nei più recenti congressi scientifici internazionali e celebrato dall’Associazione Italiana contro le Leucemie, Linfomi e Mieloma (AIL) in occasione della XI Giornata nazionale contro i tumori del sangue.

Leucemia mieloide: l’importanza della conoscenza 

L’iniziativa coinvolgerà i più importanti ematologi italiani, che saranno a disposizione per fornire consigli e risposte ai pazienti che chiameranno il Numero Verde AIL 800.226.524 dalle ore 8 alle 20 di martedì 21 giugno. Tutte le informazioni sulle iniziative e gli incontri promossi dalle sezioni AIL in occasione della Giornata sono disponibili sul sito www.ail.it.

Gruppo San Donato

Leucemia mieloide: i passi avanti della ricerca

«Nell’ematologia è in corso una vera propria rivoluzione e la ricerca italiana ne è protagonista». A parlare è Fabrizio Pane, Direttore dell’Unità Operativa di Ematologia e Trapianti dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Federico II di Napoli e Presidente della Società Italiana di Ematologia (SIE). «Apripista di questa rivoluzione – precisa l’esperto – è stata la leucemia mieloide cronica. Si tratta della prima patologia del sangue per la quale sono stati sviluppati farmaci mirati al bersaglio molecolare, gli inibitori della tirosin-chinasi. Questi medicinali sono in grado di indurre significative e persistenti risposte di malattia in oltre il 90% dei pazienti. La buona notizia è che un numero crescente di loro interrompe il trattamento, poiché in remissione molecolare profonda di malattia».

Leucemia mieloide: il nuovo farmaco migliora la vita alla metà dei pazienti

«I dati presentati al congresso della Società americana di oncologia clinica (ASCO) e dell’Associazione europea di ematologia (EHA) sono di grande importanza. Gli esiti dimostrano che a un anno dalla sospensione della terapia con nilotinib più del 50% dei pazienti rimane in remissione completa senza trattamento, dopo un periodo relativamente breve (in media 3,5 anni) di trattamento e un periodo di permanenza in remissione molecolare profonda mediana di un anno e mezzo soltanto», spiega Giuseppe Saglio, Professore di Ematologia all’Università di Torino e Direttore del Dipartimento di Medicina Interna dell’Ospedale Universitario San Luigi di Orbassano (TO).

La ricerca va avanti

«Questo risultato per noi è solo l’inizio. Stiamo lavorando affinché possa diventare un traguardo per tutti i pazienti con leucemia mieloide cronica. Sicuramente possiamo dire che la strada della sospensione è stata ormai intrapresa. Si avranno vantaggi per la qualità di vita dei pazienti, minori rischi di tossicità a lungo termine e un impatto positivo sui costi complessivi a lungo termine della terapia per il Servizio Sanitario Nazionale».

La risposta molecolare profonda

Un elemento fondamentale per i pazienti è rappresentato dal monitoraggio frequente e standardizzato delle risposta molecolare profonda, che descrive l’eventuale guarigione dalla malattia. Fattore chiave nella cosiddetta ematologia di precisione, in Italia è assicurata da LabNet, la rete realizzata dal GIMEMA (Gruppo Italiano Malattie EMatologiche dell’Adulto), con il supporto di Novartis, per garantire a tutti i pazienti la stessa accuratezza negli esami di biologia molecolare. La grande novità degli ultimi mesi è che il GIMEMA sta ampliando la rete LabNet. In questo modo sarà possibile l’accesso ad un maggiore numero di malati. Oltre alla rete per la leucemia mieloide cronica, attiva ormai da oltre un decennio, dallo scorso aprile si affianca quella dedicata alla leucemia mieloide acuta. Si tratta di una neoplasia del sangue grave associata ancora oggi a una prognosi sfavorevole.

Per questa malattia del sangue si profila anche la prima importante novità terapeutica dopo oltre 25 anni. Si tratta del farmaco midostaurina, che utilizzato insieme alla chemioterapia negli studi clinici dimostra un aumento significativo della sopravvivenza. 

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio