Alimentazione

Veronesi: «Una regola d’oro, mangiare meno»

Meno calorie assumiamo, meno rischi corriamo: dall'obesità alle malattie cardiovascolari, ai tumori. Parola del garante scientifico di OK, che ripercorre la storia dell'uomo e de

La regola d’oro della prevenzione? Mangiare meno, assicura in questo articolo Umberto Veronesi, garante scientifico di OK.

«Vi siete mai chiesti perché mangiamo? È una di quelle domande semplici dietro le quali si scopre la complessità dei meccanismi che consentono la vita. Il primo motivo è quello di permettere all’organismo degli esseri viventi di crescere, di passare dallo stadio infantile a quello adulto, in cui si raggiunge la maturità sessuale e quindi la capacità di riprodursi. La seconda funzione dell’alimentazione è quella di conservare la vita. Il cibo dà energia al nostro organismo e mantiene un livello calorico sufficiente a conservare la temperatura del corpo propria di ogni specie. Nel caso dell’uomo, 37 gradi centigradi.

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Che cosa succede se il cibo non arriva? L’organismo preleva calorie dai depositi di grasso, che previdentemente vengono immagazzinati quando ci si nutre. La salute sta nel mantenere in equilibrio questo processo di entrate e uscite: se si mangia troppo, si va oltre lo scopo naturale per cui esistono i depositi di grasso. E si diventa obesi.

Nei Paesi del benessere, è un fenomeno sempre più diffuso, di cui si danno varie spiegazioni. Per alcuni, l’impulso a mangiare oltre misura deriva da una fame ancestrale, sarebbe una specie di comando rimasto nel nostro cervello, e pronto ad attivarsi in presenza del cibo.

Per altri, la spiegazione è psicologica. Di fatto, noi creiamo una situazione anomala, con questo bisogno quasi nevrotico di eccessiva alimentazione. Basta vedere come molte madri alimentano i figli oggi. Una volta, se si voleva castigare il bambino per qualche marachella, gli si diceva: «Per punizione stasera vai a letto senza cena».

Si è persa la buona educazione al cibo

Oggi è tutto capovolto. E sono i figli spesso a ricattare i genitori minacciando di non mangiare, se non gli si fa vedere la televisione o non si accondiscende a qualche loro capriccio. Invece, la regola aurea è quella di mangiare poco. Non solo per i rischi cardiovascolari legati al sovrappeso, ma anche perché più cibo s’introduce e più rischi si corrono per il tumore. Il rischio di tumore è proporzionale alla quantità di cibo che s’introduce: più cibo, più rischi. Vorrei, perciò, fare un invito alla frugalità.

Sarò sicuramente controcorrente, ma credo che molte patologie dell’alimentazione siano legate a una cultura che ha perso di vista il consumo dell’indispensabile. Malattie pesanti come l’anoressia e la bulimia non esistevano quasi, 30-40 anni or sono, ma c’era una buona educazione al cibo, un’attenzione al suo buon uso, che non era dovuto al solo fatto che allora si era più poveri. Si era certamente meno consumisti. Come diceva Bismarck, si può uscire dalle regole di un’alimentazione sana il giorno del compleanno, ma basta che non si celebri ogni giorno il compleanno.

I miei sette figli li ho educati a una francescana frugalità. Ho sempre detto loro: «Adesso basta, alzati da tavola con un po’ di fame. È meglio». E io stesso mangio una sola volta al giorno e senza eccedere. Naturalmente mangiare una volta sola al giorno non deve essere inteso come un modello valido per tutti. Non per i malati o per chi soffre di particolari disturbi gastrici. Bambini e donne in gravidanza hanno bisogno di un’alimentazione più completa; persone che per lavoro bruciano molte calorie hanno bisogno di riequilibrare il dispendio energetico.

Perché certi frutti sembrano dire: mangiami?

E vi siete mai chiesti perché la frutta si presenta così gradevole esteticamente, perché vi sono frutti che raccontano una perfezione estetica irraggiungibile e sembrano dire: mangiami? E perché anche i profumi di certi frutti siano tentatori?

Anche questa domanda, apparentemente semplice, propone alla nostra attenzione il meccanismo della vita sulla Terra, e la sua conservazione e propagazione. Si tratta di una complessa alchimia, che avviene in un regime di mutuo scambio tra quelli che il nostro libro della scuola elementare definiva, con parola suggestiva, i regni della natura: minerale, vegetale e animale. Il mondo vegetale assorbe dall’atmosfera anidride carbonica e la trasforma in piante, che a loro volta producono ossigeno.

Il mondo animale si comporta in modo opposto, ed è protagonista di un progetto inverso: assorbe ossigeno e lo brucia, producendo anidride carbonica. La Terra vive su questo rapporto armonico: da una parte le piante producono ciò che gli animali consumano, e il prodotto di questo processo serve al mondo vegetale per vivere.

E adesso torniamo alla storia dell’uomo. L’uomo è un primate, cioè è una scimmia modificata, e della scimmia ha mantenuto le caratteristiche metaboliche fondamentali. I primati sono stati e sono vegetariani e interagiscono anch’essi con il mondo vegetale, perché mangiano fondamentalmente la frutta.
I fiori, da cui poi nascerà il frutto, sono colorati e profumati perché devono attirare gli insetti impollinatori che permettono la fecondazione. I frutti, altrettanto colorati e profumati, attirano gli animali, compreso l’uomo. Però questa armonia e questa sinergia tra regni e mondi diversi a un certo punto della storia dell’uomo, ma siamo nella Preistoria, subirono un danno enorme: le grandi glaciazioni. Le piante scomparvero, o quasi. Moltissimi animali vegetariani perirono miseramente.

La specie umana si salvò, perché da vegetariana diventò carnivora. Il giro di boa dell’alimentazione umana furono i ghiacci che coprirono il pianeta. L’uomo diventò carnivoro, ma mantenne anche il suo metabolismo di primate vegetariano. Insomma, il nostro organismo è programmato per il consumo di frutta e verdura, e tornare largamente a questo tipo di alimentazione non può che giovarci.

Seguiamo l’esempio dei nostri avi contadini

Sono vegetariano, anche se non faccio propaganda alla mia convinzione, per motivi etici: non mi piace alimentarmi a spese della morte di altri esseri viventi. Ma sono anni che la ricerca scientifica ci ricorda che le abitudini alimentari sono strettamente correlate allo stato di salute e che la cosiddetta dieta mediterranea, a base di verdura, frutta e pasta, tradizionale per secoli in Italia, si è dimostrata efficace nel prevenire le malattie cardiovascolari, l’obesità, il diabete, i tumori. Il ritorno a un’alimentazione di tipo mediterraneo ha contribuito, insieme a farmaci più efficaci, alla diminuzione della mortalità per malattie cardiovascolari. La dieta mediterranea è l’alimentazione che ci ha tramandato la popolazione contadina dell’Italia, e di tutti quei Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. Si mangiava poca carne, parecchio pesce se si abitava sulle rive del mare, e poi cereali e quindi pasta, legumi, verdura, frutta. Era un insieme povero, ma equilibrato, e bastava a sostenere la vita.

Ben diversa è la situazione di oggi nel mondo sviluppato, al punto che siamo arrivati a un tragico paradosso: da una parte c’è il mondo povero che muore di fame, dall’altra il mondo ricco che muore di cibo.

La dieta mediterranea è l’esatto contrario dell’atteggiamento consumistico della nostra società «fluente». È piuttosto una filosofia di vita e di comportamento alimentare e consiste sostanzialmente nel mangiare poco, parcamente, francescanamente, cercando soprattutto di abbandonare la innaturale condizione di animali onnivori (e quindi anche carnivori) a favore di un ritorno alla nostra antica storia antropologicamente vegetariana».

Umberto Veronesi (1925-2016)
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