Lontane dai banchi ortofrutticoli dei supermercati, affollati dalle solite zucchine e insalate, le verdure dimenticate giacciono silenziose nei campi dei piccoli e medi agricoltori, aspettando di essere riscoperte o, perlomeno, riconosciute. Sono ortaggi desueti, protagonisti della cucina di generazioni passate e piccole realtà locali, la cui coltura è stata spesso tramandata di famiglia in famiglia affinché non se ne perda traccia. O meglio, il seme. Hanno sapori autentici e proprietà nutritive uniche che possono contribuire a rendere la cucina di tutti i giorni più varia e originale.
Melanzane bianche, carote colorate, sedani rossi o neri, zucchine schiacciate da sembrare navicelle spaziali, broccoletti viola e ravanelli giganti simili a pompelmi. Offuscate dalla presenza predominante delle loro controparti commerciali (di certo più accessibili), meritano però di essere rivalutate. I motivi? Diversi: per sostenere la biodiversità vegetale, supportare i piccoli agricoltori e arricchire la dieta da più punti di vista, culinari e nutrizionali.
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Verdure dimenticate: perché fanno bene alla salute?
I regimi alimentari moderni si riducono spesso a un numero di limitato di specie vegetali, ma seguire una dieta monotona porta ad assumere sempre gli stessi nutrienti. «Tutte le verdure condividono alcune caratteristiche: sono ricche di acqua, di fibre e povere di calorie e zuccheri», spiega Laura Rossi, ricercatrice del Crea Alimenti e Nutrizione. «C’è però una parte, quella dei cosiddetti composti secondari, in cui sono estremamente diverse l’una dall’altra. Si definiscono secondari perché sono presenti in modeste quantità, ma non lo sono affatto per quanto riguarda il loro impatto sulla salute. Anche loro sono responsabili degli effetti positivi che le verdure hanno sulla nostra fisiologia. Non ultimo quello di prevenire malattie croniche degenerative importanti».
I benefici di polifenoli, glucosinolati, carotenoidi
Si tratta di polifenoli (di cui fanno parte i flavonoidi), glucosinolati, carotenoidi. Come spiega l’Istituto superiore di sanità in un documento dedicato alla sostanze biologicamente attive presenti negli alimenti vegetali, questi composti esercitano diverse funzioni tra cui:
- Attività antiossidante
- Modulazione degli enzimi detossificanti
- Stimolazione del sistema immunitario
- Modulazione del metabolismo ormonale
- Riduzione della pressione sanguigna
- Attività antibatterica e antivirale.
«Questi composti sono presenti nelle verdure in misura variabile, quindi se ne mangiamo tante varietà diverse non solo sosteniamo la biodiversità nel mondo vegetale», continua l’esperta del Crea, «ma siamo anche esposti a una vasta gamma di molecole bioattive che contribuiscono, ognuna in modo specifico, al nostro stato di salute».
Verdure: alternare i colori e variare i canali di acquisto
Variare le verdure significa diversificarne colori e tipologie. «Il primo consiglio è alternare il più possibile i cinque colori, dal momento che il colore è espressione visibile dei composti bioattivi contenuti in una verdura. Un vegetale giallo-arancione contiene carotenoidi, uno rosso tanti flavonoidi come quercetina e licopene, uno scuro, violaceo, è invece ricco di antocianine», suggerisce Rossi.
«Il secondo consiglio è variare i canali di acquisto. Al supermercato troviamo prodotti di uso comune, mentre recarsi da un piccolo produttore permette di scoprire specie meno note e utilizzate, che ci eravamo dimenticati o che non conoscevamo». Raffaella Ponzio, che coordina il progetto dei presidi italiani di Slow Food, lavora da anni sulla salvaguardia di varietà tradizionali italiane che rischiano di andare perdute.
«Negli ultimi settant’anni, con l’affermarsi di un modello agricolo industrializzato, molti ortaggi tradizionali sono scomparsi dal mercato», racconta. «Un po’ perché i territori agricoli più marginali si sono spopolati e dunque le superfici coltivate si sono ridotte, un po’ perché le sementi commerciali, più produttive, hanno sostituito le sementi tradizionali». Ma questi ortaggi, selezionati nel tempo dai contadini, hanno acquisito caratteristiche legate al territorio, un’identità precisa in termini di caratteristiche morfologiche (forme, colori), sapori e valori nutrizionali.
Verdure dimenticate: quali si trovano in primavera e in estate?
Carote colorate
Non troppo distante dal mare, all’interno dei uno dei comuni più famosi della Puglia, si coltivano le carote colorate di Polignano. Ortaggi di media lunghezza, dai 15 ai 22 centimetri, presentano un’infinità di sfumature: dal classico arancione al giallo tenue e giallo intenso, fino al viola scuro. «Più il colore è intenso, più sono ricche di antociani», fa sapere Ponzio. «Ma la straordinarietà di questa varietà sta nel loro gusto, perché essendo l’area di produzione vicino al mare, per la coltivazione si utilizzano acque salmastre che contribuiscono a rendere le carote alquanto saporite».
Melanzane bianche
Insolita anche la melanzana bianca originaria di Senise, in Basilicata, dalla forma allungata e il gusto più dolce di quella viola. «La coltivazione e la lavorazione della melanzana bianca oggi è ridotta a poche aziende agricole, soprattutto a causa della scarsa conoscenza di questo ortaggio, soppiantato sul mercato dalla più nota varietà viola».
A livello nutrizionale, anche se mancano del pigmento viola caratteristico, possono comunque contenere antociani in quantità minori. Perfetta conservata sott’olio, preparazione che la rende reperibile tutto l’anno, la melanzana bianca si può preparare analogamente a quella viola alla parmigiana (vedi ricetta a destra), in funghetto, impanata o gratinata al forno. «Tradizionalmente», suggerisce ancora l’esperta Slow Food, «è preparata anche all’interno della ciambotta, un condimento a base di cipolla, o in barchette ripiene della stessa polpa, con pane, alici e capperi e successivamente cotte al forno».
Zucchina patissone
Come racconta Morello Pecchioli, giornalista e archeogastronomo, nel suo libro Le verdure dimenticate. Conoscere e cucinare ortaggi antichi, insoliti e curiosi (Gribaudo, 2016), il patissone, o zucchina patissone, somiglia a una piccola astronave. Gialla, bianca, arancione o verde pallido, la zucchina patissone contiene piccole quantità di composti bioattivi come polifenoli e carotenoidi a seconda del colore e «ha un sapore simile a quello delle zucchine comuni, seppur più deciso, con un retrogusto di carciofo.
Si può preparare in vari modi: bollita e condita con olio extravergine di oliva, stufata, cotta al forno (come nella ricetta a destra), gratinata, fritta o trasformata in purè. E come le altre zucchine può essere utilizzata per risotti, minestre, creme».
Ravanello pompelmo
Curioso e dimenticato anche il cosiddetto ravanello pompelmo che, più che il parente piccolo e rosso, ricorda una rapa. «Ma la meraviglia», racconta il giornalista nel suo libro, «accade quando si apre a metà e appare un minuscolo astro brillante. È come se in quella scorza bianco-verdastra fosse stato imprigionato un minuscolo sole color magenta elettrico, con una miriade di raggi che dal centro si diramano verso la periferia». Come il ravanello rosso si può mangiare crudo, in pinzimonio, con un po’ di sale e pepe e in insalate miste, oppure, consiglia Pecchioli, «con le patate lesse e un condimento con salsa di yogurt. Altrettanto piacevole, soprattutto in estate, l’insalata esotica con l’avocado. Ottima quella con mele e lattughine varie».
Verdure dimenticate: quali si trovano in autunno e in inverno?
Sedano rosso e nero
Due facce della stessa medaglia, quella del comune sedano verde brillante, il nero di Trevi e il rosso di Orbassano sono varietà molto lunghe e dal sapore ricco, l’una più scura, l’altra violetta-rossastra. «Le particolarità del sedano nero, che si coltiva vicino a Terni, sono la lunghezza, tanto che può arrivare a misurare fino a un metro, le coste di colore verde scuro e il fatto di essere completamente privo di fili e profumatissimo», riprende l’esperta di Slow Food Raffaella Ponzio. «Il suo sapore è valorizzato nella cucina trevana. Il classico pinzimonio, la parmigiana di sedani neri, i sedani ripieni, una ricca ricetta che nell’incontro di vegetali, salsiccia, olio extravergine ben sintetizza l’originalità e il filo conduttore della gastronomia di questo territorio».
Affondano in Francia, invece, le radici del sedano rosso di Orbassano. Sembra che nel ‘600 la duchessa di Savoia, sposa del re Vittorio Amedeo II, portò con sé dalla Francia il sedano violetto di Tours, più saporito e tenero di quello coltivato in Piemonte. «Col tempo il sedano violetto francese si è ben acclimatato negli orti circostanti la città di Torino, soprattutto ai terreni ricchi di acqua della zona di Orbassano. Così ha sviluppato il suo caratteristico colore rosso alla base delle coste e un sapore leggermente mandorlato che lo rende interessante per l’uso gastronomico».
Cavolo greco
In Campania, tra Napoli e Caserta, cresce la torzella riccia (nota anche come cavolo greco), dalle foglie lunghe e arricciate, una delle varietà di cavolo più antiche del mondo. «Si tratta di una crucifera nota per le sue straordinarie proprietà nutritive», racconta Ponzio. «Una porzione di torzella riccia al giorno può coprire il fabbisogno giornaliero di vitamina A e C. Per questo per i contadini della zona è il cibo perfetto per affrontare la stagione invernale». I germogli di torzella si gustano freschi nelle insalate miste, oppure nelle minestre della cucina tradizionale napoletana contadina, come la famosa maritata.
Sotto forma di conserva è invece protagonista delle tavole partenopee in estate: nella stagione calda è spesso abbinata, dopo una breve cottura, con il pomodoro San Marzano. Oggi la torzella si vende sia fresca, sia sott’olio oppure trasformata in crema, da utilizzare per antipasti o come sugo per la pasta.
Broccolo viola
Altra varietà dimenticata della famiglia delle brassicacee è il broccoletto viola di Priverno, in provincia di Latina, conosciuto localmente con il nome di chiacchietegli. «Il colore viola intenso di questi germogli è dovuto alla presenza di antociani», spiega l’esperta Slow Food. «Hanno un sapore delicato e si possono conservare sott’olio, mangiare freschi o cucinare seguendo le ricette tradizionali del territorio, come la zuppa di chiacchietegli».
Per prepararla si utilizza una pentola di terracotta, si prepara un soffritto con aglio e olio e poi si aggiungono i chiacchietegli privati della base dell’infiorescenza, spesso dura. Quando sono cotti, si versa il tutto su fette di pane raffermo, accompagnando con un filo di olio extravergine di oliva.
Verdure dimenticate: dove trovarle e acquistarle?
Molte delle varietà descritte sono Presìdi Slow Food e si possono acquistare proprio nella loro area di produzione, presso le aziende agricole o i rivenditori locali. «Chiediamo ai produttori di coltivare secondo pratiche sostenibili, impiegando fertilizzandi naturali, organici, evitando l’uso di diserbanti chimici e limitando allo stretto indispensabile e in casi inevitabili l’impiego di prodotti di sintesi», fa sapere Raffaella Ponzio. «Inoltre chiediamo di realizzare delle etichette narranti, che illustrano tutti i passaggi produttivi: dove e come è stato coltivato il prodotto e come può essere utilizzato in cucina».
Trovare questi ortaggi nella grande distribuzione è difficile, ma non impossibile. «Alcuni presidi, attivi da anni, distribuiscono a livello nazionale o in qualche supermercato locale. Ma la maggior parte di queste varietà», conclude l’esperta, «si acquistano nei mercati dei produttori locali, direttamente in azienda oppure attraverso gruppi d’acquisto».