Alimentazione

Selenio: perché non dovrebbe mai mancare nella dieta

Ne bastano piccole quantità, ma questo micronutriente è fondamentale per il benessere dell’organismo. Ecco quali cibi ne sono più ricchi e cosa succede se è carente

Il selenio è un minerale importantissimo, che non dovrebbe mai mancare nella dieta di ogni individuo. La Società italiana di nutrizione umana stabilisce le dosi raccomandate: 55 microgrammi nell’adulto e 65-75 microgrammi in gravidanza e durante l’allattamento. Nei bambini, invece, la dose necessaria è ridotta. Si va dai 20 microgrammi fino ai tre anni di età fino ai 35 intorno ai dieci anni.

Selenio: in quali cibi si trova?

Per essere sicuri di assumere la giusta quantità di selenio è bene portare in tavola cibi che ne sono ricchi. «Questo minerale è presente soprattutto in pesce (polpo, orata, rombo, gamberi), carne rossa, cereali integrali, noci del Brasile, semi di chia, formaggi, albicocche, uova» dice Chiara Saccomani, nutrizionista presso l’Istituto clinico Sant’Ambrogio di Milano. Una dieta varia ed equilibrata è sufficiente a garantire la corretta assunzione di questo micronutriente, ma quando ciò non accade è possibile ricorrere, previo parere medico, a dei supplementi sotto forma di integratori o di farmaci.

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Perché è importante il selenio?

Ma perché è tanto importante il selenio, che fino a 60 anni fa era considerato una sostanza tossica? Come molti micronutrienti, il fatto che ne occorrano quantità estremamente ridotte non significa che non sia indispensabile per l’organismo. Concorre a garantire il benessere cardiocircolatorio, migliorare la funzionalità della tiroide, fortificare il sistema immunitario, proteggere da alcune forme tumorali, contrastare l’invecchiamento della pelle. Lo si trova in forma organica, sotto forma di selenocisteina e selenometionina. Ma anche in forma inorganica, sotto forma di seleniti e selenati.

Il selenio e i radicali liberi

La selenocisteina, in particolare, compone alcune selenoproteine, tra cui glutatione perossidasi, tioredossina reduttasi, iodotironina deiodinasi. «La glutatione perossidasi, insieme con la tioredossina reduttasi, ha la funzione di proteggere le cellule dal danno ossidativo prodotto dai radicali liberi», rende noto Alessandro Colletti, del dipartimento di scienza e tecnologia del farmaco dell’Università di Torino e segretario nazionale della Società italiana di formulatori in nutraceutica (Sifnut).

Il selenio è un potente antiossidante

I famigerati radicali liberi altro non sono che atomi ai quali viene sottratto un elettrone. Tale mancanza li rende instabili, per questo «rubano» agli atomi vicini un elettrone. In questo modo ritrovano il loro equilibrio, ma provocano la formazione di altri radicali liberi, che a loro volta ripeteranno l’azione ossidativa, danneggiando la struttura delle cellule. E qui entra in scena il glutatione, che cede un elettrone all’atomo (radicale libero), interrompendo così il processo a catena. Proprio grazie a questo meccanismo, il selenio è un potente antiossidante. Ha un effetto protettivo nei confronti delle patologie cardiovascolari, come infarto e ictus, ma anche di alcuni tipi di cancro.

Il selenio riduce l’incidenza di alcune forme tumorali

Uno studio pubblicato nel 2002 su Cancer Research e condotto da alcuni ricercatori di Toronto, in Canada, ha, ad esempio, dimostrato che gli uomini con un alto livello di selenio nel sangue presentano una minore incidenza del tumore alla prostata. Un’altra ricerca, pubblicata nel 2008 su Cancer Prevention Research, realizzata dagli studiosi della Dartmouth Medical School, negli Stati Uniti, suggerisce che il selenio può essere utile anche nella prevenzione di alcune forme di cancro al rene.

Il selenio è amico della tiroide

Il minerale supporta la funzionalità tiroidea. «La tiroide produce, tramite apposite cellule chiamate tireociti, gli ormoni tiroidei, che sono di due tipi: T4 o tetra-iodotironina o tiroxina (circa il 90%) e T3 o tri-iodotironina (circa il 10% del totale)», chiarisce l’esperto. «La prima è una sorta di riserva che, all’occorrenza, viene trasformata nella seconda, che di fatto è l’ormone attivo. Tale conversione avviene tramite enzimi specifici, tra cui il più importante è proprio la iodotironina deiodinasi. Se quest’ultima non funziona a dovere, la conseguenza è una bassa quantità di T3 in circolo, che può causare ipotiroidismo».

In proposito, il selenio vanta un effetto positivo nella tiroidite di Hashimoto, una patologia infiammatoria della tiroide di origine autoimmune, nella quale cioè il sistema immunitario, una sorta di esercito deputato a difendere l’organismo dai germi patogeni, come virus, batteri, funghi, si scaglia contro le cellule tiroidee stesse, erroneamente identificate come estranee. Uno studio pubblicato nel 2010 sulla rivista Thyroid e condotto dai ricercatori di Salonicco, in Grecia, ha dimostrato che l’assunzione di 100-200 microgrammi al giorno di selenio per tre mesi è in grado di ridurre l’aggressività degli anticorpi.

Il selenio riduce l’ipertensione in gravidanza

Il micronutriente è anche in grado di limitare l’ipertensione in gravidanza (preeclampsia), una condizione che può verificarsi a partire dalla ventesima settimana di gestazione. In particolare, è stato dimostrato che un supplemento di 100 microgrammi di selenio al giorno è in grado di ridurre la pressione arteriosa nelle donne incinte. Lo hanno evidenziato vari studi, tra cui una meta-analisi pubblicata nel 2016 su Biological Trace Element Research e realizzata da studiosi cinesi a partire da 16 studi svolti in precedenza sul tema. Infine, il minerale è un antagonista di alcuni metalli pesanti, come mercurio, cadmio, argento, che possono essere nocivi per l’organismo.

Cosa succede se manca il selenio?

Una lieve carenza di selenio può provocare sintomi generici, come stanchezza, irritabilità, disturbi dell’umore. Nei casi più gravi può sfociare in patologie infiammatorie, disturbi cardiovascolari, invecchiamento precoce, aumentata incidenza di alcuni tipi di cancro. A queste si aggiungono due malattie tipicamente correlate alla mancanza di selenio. Si tratta del morbo di Kashin-Beck, una rara forma di osteoartrite, e del morbo di Keshan, una patologia del muscolo cardiaco che si verifica quasi esclusivamente nei bambini.

Cosa succede se si assume troppo selenio

Se un’insufficienza di selenio è responsabile di vari disturbi, un eccesso è causa di tossicità. «Quantità troppo elevate, che sono tuttavia impossibili da raggiungere tramite la sola alimentazione, possono provocare la selenosi», mette in guardia Chiara Saccomanni, «una condizione caratterizzata da caduta dei capelli, fragilità delle unghie, nausea, vomito, dolori addominali, diarrea, confusione mentale, affaticamento, irritabilità, disturbi dell’umore». Proprio per evitare un’intossicazione, gli esperti consigliano di non superare i 400 microgrammi di selenio al giorno, la soglia identificata come massima nel volume Dietary Reference Intakes for Vitamin C, Vitamin E, Selenium and Carotenoids pubblicato nel 2000 dall’Institute of Medicine di Washington, negli Stati Uniti. Per accertare l’effettiva quantità di selenio presente nell’organismo occorre sottoporsi a esami del sangue e misurare il livello di selenzima.

Supplementi di selenio: gli integratori

Sono prodotti da banco venduti in farmacia, parafarmacia, erboristeria senza ricetta, sotto forma di capsule, compresse, bustine. Attenzione, però, perché gli integratori non sono tutti uguali. È meglio preferire quelli che contengono selenio organico rispetto a quelli a base di selenio inorganico. I primi vantano una maggiore biodisponibilità rispetto ai secondi. Significa che sono in grado di rilasciare una quantità maggiore del minerale nella circolazione sanguigna. Spesso il selenio si trova associato con altri componenti, come vitamine (B, C, E), minerali come il calcio, estratti vegetali come la banaba. In ogni caso, la dose massima di selenio che è possibile trovare in un integratore è 100 microgrammi.

Supplementi di selenio: i farmaci

Sono indicati per chi necessita di dosi maggiori. Tra queste persone ci sono le donne in gravidanza e i pazienti affetti da tiroidite di Hashimoto. Se assunto per un lungo periodo, il minerale può interferire con alcuni medicinali. Ad esempio gli anticoagulanti (warfarin, acido acetilsalicilico, clopidogrel e altri), i barbiturici, la pillola contraccettiva.

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