Alimentazione

Tartare: nutrienti, benefici per la salute, possibili rischi

Di carne o di pesce, è una preparazione gourmet che fa gola. Si tratta di un buon piatto dal punto di vista nutrizionale? E per quanto riguarda i potenziali rischi per la salute?

Secondo una suggestiva credenza popolare, il nome deriverebbe da una consuetudine diffusa tra i cavalieri Tartari, popolo nomade dell’Asia centrale: quella, cioè, di mettere la carne cruda sotto la sella dei cavalli per ammorbidirla durante la cavalcata e consumarla così, battuta e sfilacciata, dopo ore di marcia.

Leggende a parte, la tartare come oggi la conosciamo, sarebbe nata tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento in Francia, come piatto raffinato a base di carne cruda tritata finemente al coltello e inizialmente servito con una salsa chiamata “à la tartare”, una maionese con cetriolini e capperi. Da allora, la ricetta tradizionale della “steak tartare” ha oltrepassato i confini francesi, così come si è diffusa anche quella di pesce, soprattutto grazie all’influenza della cucina giapponese in tutto il mondo.

Tartare: le (poche) differenze con la carne cotta

Nella steak tartare, piatto freddo consumato tutto l’anno, la protagonista è la carne di manzo, che viene insaporita e arricchita dal tuorlo d’uovo, spesso di quaglia, anch’esso, rigorosamente crudo. Poiché la preparazione migliore è quella a coltello, in genere si prediligono i tagli di carne magra e tenera come il
filetto di scamone, la fesa francese e la noce.

La carne cotta è più digeribile

«Da un punto di vista nutrizionale, e quindi di macronutrienti, la differenza tra carne cruda e cotta è minima», spiega Raffaella Cancello, nutrizionista dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano. «La quota proteica, ad esempio, resta praticamente la stessa. La vera differenza sta nella digeribilità: le proteine della carne cotta risultano più facili da assimilare rispetto a quelle della tartare».

Nel crudo si conservano meglio le vitamine del gruppo B

Nel crudo, d’altro canto, si conservano meglio alcuni nutrienti. «La carne è un alimento ricco di vitamine del gruppo B, in particolare la B12 – anche detta cobalamina – che ha un ruolo nella formazione dei globuli rossi, oltre che nella sintesi del Dna e della mielina, la guaina che ricopre e protegge le fibre nervose», precisa la nutrizionista. «Trattandosi di una vitamina termolabile, la cottura ne riduce una frazione variabile tra il 30 e il 50%».

Le quantità di ferro non cambiano tra tartare e carne cotta

Veniamo al ferro, altro nutriente chiave della carne. Anche in questo caso, la dottoressa Cancello chiarisce un punto importante: «La quantità del minerale nella carne cotta o cruda non cambia. L’unica differenza è che con la cottura, che fa evaporare l’acqua, il ferro si concentra. Ma mangiarla cruda non ne migliora nemmeno l’assorbimento: se si vuole favorire l’assimilazione di questo minerale, meglio aggiungere una fonte di vitamina C e acido citrico, contenuti ad esempio nel succo di limone». In genere, si pensa che la tartare di manzo, preparata con tagli magri come il filetto, possa essere una ricetta a basso contenuto calorico. «Tra carne cotta e cruda le calorie sono assolutamente identiche», sottolinea però l’esperta.

«A fare la differenza sono piuttosto i condimenti: nelle tartare si aggiungono spesso olio ma anche salse e intingoli grassi che possono aumentare di molto l’apporto energetico».

Tartare: attenzione alle contaminazioni batteriche (e non solo)

Se, insomma, dal punto di vista nutrizionale non cambia molto tra il gustarsi una bistecca ben cotta o una tartare, sul fronte della sicurezza alimentare la differenza è sostanziale. Nella carne cruda possono infatti essere presenti agenti patogeni come batteri, parassiti e virus che vengono invece eliminati o ridotti significativamente attraverso la cottura.

Pericolo Escherichia coli

Tra i responsabili più comuni delle tossinfezioni causate dal consumo di carne cruda, troviamo l’Escherichia coli, un batterio presente nell’intestino di molti animali. Sebbene la maggior parte dei ceppi batterici siano innocui, alcuni possono causare malattie. Il periodo di incubazione varia da uno a otto giorni e una volta comparsi, i sintomi, per lo più gastrointestinali, possono durare alcuni giorni o settimane.

Salmonella

Anche i batteri della Salmonella possono annidarsi nella carne cruda o poco cotta. Dall’ingestione alla comparsa dei disturbi – come diarrea, nausea, febbre e crampi addominali – passano in genere dalle dodici ore ai tre giorni.

Occhio anche ai parassiti

«I rischi sono legati anche a eventuali contaminazioni da parassiti, come la trichinella o la tenia, il cosiddetto verme solitario», fa sapere l’esperta dell’Auxologico. «In questo caso il problema non è tanto la carne in sé ma la lavorazione, ovvero il contatto con ambienti già contaminati: un problema che può verificarsi quando gli operatori non hanno le mani igienizzate oppure lavorano su taglieri utilizzati per altre preparazioni, facilitando così il trasferimento di microrganismi patogeni che possono poi proliferare sulla carne». Un aspetto dunque da non sottovalutare, considerando che, una volta ingeriti, questi parassiti possono causare problematiche diverse, «tra le quali ostruzioni o lesioni dell’apparato gastrointestinale come ulcere».

Come abbattere il rischio?

«Oggi le normative in vigore in materia di igiene per gli alimenti di origine animale tutelano i consumatori», spiega la nutrizionista. «La normativa (regolamento CE n. 853/2004, ndr) prevede infatti l’abbattimento con congelazione per la carne destinata al consumo a crudo, come nel caso della tartare. Questa procedura, essenziale per garantire la sicurezza alimentare, viene effettuata con un abbattitore capace di portare rapidamente il cibo a temperature molto basse, circa -20 °C, per un tempo prolungato di almeno 24 ore, così da eliminare eventuali parassiti o batteri».

L’abbattimento a casa non funziona

Tentare questa procedura a casa non è una buona idea: i congelatori domestici non sono in grado di abbattere gli alimenti poiché non raggiungono le temperature richieste in tempi rapidi ma congelano in modo lento e graduale. Congelare a -20 °C per almeno 96 ore nel freezer di casa può ridurre il rischio per alcuni parassiti, ma
non è un metodo sicuro per neutralizzarli.

«Meglio concedersi una tartare al ristorante oppure, nel caso in cui la si voglia mangiare a casa, rivolgersi al proprio macellaio di fiducia», suggerisce l’esperta. «Ricordandosi che dalla preparazione al consumo non deve passare troppo tempo onde evitare che eventuali microrganismi in traccia possano proliferare ed essere poi presenti in concentrazioni significative».

Tartare di pesce più ricca di omega 3 rispetto al pesce cotto

Salmone, tonno e branzino conditi con agrumi, olio, spezie e talvolta frutta, sono in genere le specie più utilizzate per le tartare. «Come per la carne, la quota proteica resta invariata tra pesce cotto e crudo, con l’unica differenza che la cottura ne aumenta la digeribilità», conferma Cancello. «Quello che invece può variare sensibilmente è la componente grassa: gli omega 3, ovvero i grassi sani presenti nel pesce, con la lunga cottura vengono persi».

Nel crudo, inoltre, si mantengono intatte più vitamine, come A, D, B12, e minerali come fosforo, iodio e sodio. «Tuttavia non si tratta di benefici nutrizionali così importanti da preferire la versione a crudo, è più una questione di gusto personale. Anche in questo caso, le raccomandazioni principali riguardano la sicurezza».

Attenzione all’Anisakis

Il pesce crudo può essere contaminato da batteri come Salmonella, Listeria ed Escherichia coli. «Nelle specie utilizzate per le tartare il rischio principale è però costituito dall’Anisakis, un parassita le cui uova sono spesso presenti nella polpa», fa sapere la nutrizionista. «Se la catena del freddo non viene rispettata, le larve del parassita possono svilupparsi e diventare veri e propri vermi che, una volta ingeriti, rischiano di dare origine a un’infezione nota come anisakidosi, con sintomi gastrointestinali quali dolori addominali, nausea, vomito e diarrea, ma in alcuni casi anche gravi reazioni allergiche».

Proprio per questo motivo, la normativa dell’Unione europea stabilisce anche l’obbligo per chi vende o per i ristoranti che servono pesce crudo o in salamoia (sale, limone, olio e aceto non hanno alcun effetto sull’Anisakis) di effettuare la procedura di abbattimento preventivo del pesce a basse temperature, in quanto unico processo in grado di distruggere le larve del parassita.

«In caso di dubbio relativo a un’eventuale contaminazione, procedere con la cottura è la soluzione più sicura» consiglia l’esperta. «Anche se acquistiamo un taglio di salmone o di tonno destinato alla tartare e non lo consumiamo subito, meglio cucinarlo al forno o in padella».

Tartare: non è un piatto per tutti

A casa come al ristorante, la tartare non è un piatto per tutti. «Bambini, donne in gravidanza e allattamento e, in generale, persone fragili non dovrebbero consumare carne o pesce crudi. Questo perché in caso di contaminazione alimentare», raccomanda e conclude la nutrizionista, «le infezioni possono essere gestite facilmente da un adulto in buona salute ma diventano pericolose o addirittura fatali per individui immunodepressi».

Testo di Francesca Gastaldi

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