
Operare il cuore in modo sempre meno invasivo oggi non è più un’eccezione, ma una realtà clinica sempre più consolidata. Le nuove frontiere della cardiologia interventistica permettono infatti di trattare la maggior parte delle malattie delle valvole cardiache senza ricorrere alla chirurgia tradizionale a cuore aperto, con tempi di recupero più rapidi, meno complicanze e una migliore qualità di vita. Una rivoluzione che riguarda non solo i pazienti fragili o ad alto rischio, ma anche persone più giovani e a basso rischio operatorio, finora escluse da questo tipo di approccio.
A confermarlo sono le nuove linee guida europee sul trattamento delle patologie valvolari, presentate dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) e dall’Associazione Europea di Chirurgia Cardiotoracica (EACTS) e recepite dagli esperti della Società Italiana di Cardiologia (SIC) riuniti a Roma per l’86° Congresso nazionale.
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Malattie delle valvole cardiache: un problema diffuso e spesso sottovalutato
Le valvole cardiache – aortica, mitrale e tricuspide – si aprono e si chiudono in modo sincronizzato con il battito del cuore, consentendo il passaggio di circa 7mila litri di sangue al giorno. Con l’avanzare dell’età, però, oltre la metà della popolazione sviluppa alterazioni valvolari, spesso inizialmente lievi ma potenzialmente progressive.
«Le malattie valvolari comportano un restringimento o una chiusura incompleta delle valvole, che ostacola il flusso di sangue verso gli organi – spiega Pasquale Perrone Filardi, past president della SIC e direttore del Dipartimento di Scienze Biomediche Avanzate dell’Università Federico II di Napoli –. I sintomi possono includere fiato corto, affaticamento, vertigini, dolore toracico e gonfiore alle gambe, ma molti pazienti restano asintomatici fino a fasi avanzate, quando il rischio di mortalità può arrivare fino al 50% a due anni dall’esordio dei sintomi».
Tecniche mininvasive: nuovi interventi per le valvole cardiache
Le linee guida aggiornate pongono al centro le procedure transcatetere mininvasive, che permettono di riparare o sostituire le valvole cardiache attraverso microincisioni, generalmente passando dall’arteria femorale.
«Questi interventi consentono una ripresa più rapida, spesso in anestesia locale, con degenze di pochi giorni e risultati sovrapponibili, se non superiori, alla chirurgia tradizionale», sottolinea Ciro Indolfi, past president SIC e professore di Cardiologia all’Università di Cosenza. «Il vero cambiamento è che oggi queste procedure diventano terapia standard anche per pazienti più giovani, indipendentemente dal rischio operatorio».
Stenosi aortica: la TAVI diventa trattamento standard anche nei più giovani
La svolta più rilevante riguarda la stenosi aortica, una patologia che in Italia colpisce circa un milione di persone e richiede un intervento in circa 250mila casi, soprattutto nella popolazione anziana.
La TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation) è oggi riconosciuta come procedura di prima scelta, già a partire dai 70 anni, e non più solo oltre i 75. «Si tratta di un impianto di valvola biologica senza bisturi e senza anestesia generale – spiega Gianfranco Sinagra, presidente SIC e direttore della Cardiologia dell’Università di Trieste –. I dati dimostrano che offre risultati uguali o migliori rispetto alla chirurgia tradizionale anche nei pazienti a basso rischio».
Un aspetto emergente riguarda l’associazione tra stenosi aortica e amiloidosi cardiaca, una malattia spesso sottodiagnosticata e presente in oltre il 50% dei pazienti sottoposti a TAVI.
Nuovi interventi per le valvole cardiache: la “pinzetta” che riduce ricoveri e mortalità
Progressi significativi si registrano anche nel trattamento dell’insufficienza mitralica, molto frequente nei pazienti con scompenso cardiaco. Le nuove raccomandazioni consolidano il ruolo delle procedure di riparazione percutanea, che utilizzano piccole protesi simili a micro-pinze metalliche per avvicinare i lembi della valvola.
«Questa tecnica è ora indicata come trattamento di prima scelta nell’insufficienza mitralica secondaria di origine ventricolare – spiega Indolfi –. Intervenire significa ridurre le ospedalizzazioni, migliorare la qualità di vita e aumentare la sopravvivenza».
Valvola tricuspide: da “valvola dimenticata” a nuova frontiera terapeutica
Per anni trascurata, la valvola tricuspide entra finalmente in modo strutturato nei percorsi di cura. Le nuove tecniche transcatetere offrono oggi un’alternativa concreta alla chirurgia nei pazienti ad alto rischio operatorio, per i quali in passato non esistevano opzioni efficaci.
«Le linee guida riconoscono esplicitamente il ruolo delle tecniche mininvasive di riparazione e sostituzione della tricuspide – sottolinea Indolfi –. Per la prima volta, il trattamento percutaneo diventa parte integrante del processo decisionale».
Heart Team multidisciplinari: cure personalizzate e più sicure
Un elemento centrale delle nuove raccomandazioni è l’importanza dell’Heart Team, un gruppo multidisciplinare composto da cardiologi clinici e interventisti, cardiochirurghi, anestesisti, esperti di imaging e geriatri.
«Solo un approccio collegiale consente di valutare correttamente anatomia, età biologica, fragilità e comorbidità, scegliendo la strategia migliore per ogni paziente», spiega Sinagra.
Troppi pazienti ancora esclusi dalle cure mininvasive
Nonostante i progressi, l’accesso alle procedure “soft” resta insufficiente. Ogni anno, in Italia, oltre 10mila pazienti che avrebbero indicazione alla TAVI non vengono trattati, a causa di liste d’attesa e disuguaglianze regionali.
«Garantire il trattamento giusto al momento giusto è essenziale – conclude Perrone Filardi –. Le nuove linee guida rappresentano un passo fondamentale per migliorare diagnosi, prognosi e qualità di vita dei pazienti con malattie valvolari, grazie a un approccio sempre più personalizzato e basato sulle evidenze scientifiche».




