
Conclusa ufficialmente la squalifica, Jannik Sinner è pronto a scendere di nuovo in campo. Un rientro va ben oltre le dinamiche sportive: segna il ritorno di un ragazzo all’apice della carriera che ha affrontato un momento di profonda difficoltà personale e professionale. La sua sospensione temporanea per doping – causata, secondo le ricostruzioni ufficiali, dall’assunzione non intenzionale di una sostanza vietata – ha aperto interrogativi sul sistema, ma anche sulle implicazioni psicologiche per l’atleta. Ma che cosa accade nella mente di un campione che si ritrova improvvisamente a dover affrontare uno stop forzato e il peso del giudizio pubblico?
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Lo stop forzato: una frattura nell’identità dell’atleta
Facciamo un passo indietro sulla vicenda (contestatissima). Il campione azzurro ha accettato un periodo di sospensione di tre mesi dopo essere risultato positivo al Clostebol nel marzo 2024. Secondo quanto riportato, la contaminazione sarebbe avvenuta in modo accidentale attraverso trattamenti fisioterapici. Nonostante l’assenza di intenzionalità, l’accordo con la WADA ha portato allo stop di Sinner. «Quando un atleta viene sospeso o costretto a fermarsi improvvisamente, non si blocca solo l’attività sportiva. Si interrompe una parte della sua identità», spiega la dottoressa Elena Uberti, psicologa dello sport e psicoterapeuta. «È come se il flusso della narrazione personale subisse uno strappo, e l’atleta fosse chiamato a ridefinire chi è, al di là del ranking o dei risultati».
Cosa sono le transizioni critiche: fermarsi per ripartire
Nel caso del tennista altoatesino, la sospensione non ha solo rappresentato uno shock pubblico, ma anche un vuoto privato. Privato del campo, della routine, della spinta della competizione, un professionista può perdere i propri riferimenti interiori. «Ecco perché parliamo di “transizioni critiche”: sono momenti in cui la psiche ha bisogno di riassestarsi e di integrare quanto accaduto per poter ripartire», prosegue Uberti. E la lontananza dai campi di tennis non è stata l’unica rinuncia che il numero uno del mondo ha dovuto accettare. Durante la conferenza stampa, Sinner ha condiviso le sue sensazioni: «Il momento più duro della sospensione è stato all’inizio. Non potevo assistere a nessun evento sportivo. Non potevo andare allo stadio per vedere una partita di calcio o seguire una corsa ciclistica dei miei amici».
Il rapporto di Sinner con i colleghi tra solidarietà e silenzi
Una solitudine amplificata anche da alcuni colleghi. Il campione italiano, davanti ai giornalisti, ha parlato del rapporto con gli altri tennisti durante il periodo di sospensione. «Il tennis è uno sport individuale, ognuno ha il suo team. A Montecarlo ho incontrato Draper e Sonego, siamo stati molto bene. All’inizio ho avuto messaggi sorprendenti da parte di chi non mi sarei aspettato di ricevere. E nulla da chi invece mi aspettavo di ricevere qualcosa. Nomi? Non ne voglio fare. Andrà tutto bene, pian piano passa». E ora la testa è tutta sul torneo italiano.
Un ritorno in campo con umiltà
Basse aspettative e tanta umiltà. Il tennista ha inoltre sottolineato l’importanza di affrontare il ritorno con un profilo basso. «Parigi (il torneo del Roland Garros ndr) è il mio obiettivo, non sono qui a Roma per battere chiunque, iniziamo a superare il primo avversario e poi vediamo. È difficile per me iniziare un nuovo torneo e riprendere confidenza con i suoi ritmi. Ma siamo molto tranquilli, stiamo bene fisicamente e mentalmente, siamo riposati, cosa che ci ripagherà anche a fine stagione». E, vivendo giorno per giorno, aggiunge: «Sono stato fermo così a lungo e non ho alcun feedback di come giocherò».
Sinner: «Nessuna paura di tornare a giocare»
Dubbi a parte, su un aspetto Sinner è stato molto chiaro: «Non ho paura di tornare in campo. Sarà bello vedere la gente e i tifosi, dall’altra parte c’è la pressione e qualche dubbio per vedere qual è il mio livello attuale. Sono un ragazzo di 23 anni molto semplice, bravo a giocare a tennis ma non cambio il mondo. E il successo non deve cambiare una persona. Mi ricordo bene da dove sono partito». Un atteggiamento vincente che gli consente di tenere i piedi per terra, sia nei momenti alti sia in quelli bassi.
La crisi come opportunità di crescita
Come afferma la dottoressa Uberti sono proprio i momenti di crisi a diventare opportunità di crescita. «Queste pause, se accompagnate da un lavoro psicologico adeguato, possono diventare opportunità preziose per conoscersi meglio, tornare in contatto con i propri valori e costruire nuove motivazioni. Sono spazi di riflessione profonda, dove l’obiettivo non è solo tornare a vincere, ma anche capire perché si vuole tornare a farlo». In effetti, lo stesso Sinner ha dichiarato di voler tornare “con una mentalità un po’ diversa”. Una frase che sembra racchiudere la volontà di trasformare il dolore in crescita, lo stop in rinascita.
Tre sfide mentali da affrontare per rientrare
Secondo Uberti, ogni atleta che torna in campo dopo una sospensione si trova ad affrontare almeno tre sfide:
- il giudizio esterno
- le aspettative personali
- il bisogno di ricostruire la propria identità.
«A Roma, Sinner non torna solo con una racchetta in mano, ma con una storia da rielaborare. La pressione del pubblico, la delusione, l’ingiustizia percepita: tutto questo entra in campo con lui», osserva la psicologa. «Per questo è importante che l’atleta si senta supportato non solo tecnicamente, ma anche emotivamente e mentalmente».
Il ruolo della psicologia dello sport: essere presenti in ogni fase
«Il nostro lavoro – precisa Uberti, fondatrice di Sport Mindset Agency che lavora da anni per sostenere gli atleti nei momenti di maggiore fragilità – non si limita a dire agli atleti cosa fare, ma li accompagna nel come esserci. Siamo presenti in ogni fase del loro percorso, soprattutto quando i riflettori si spengono e la solitudine si fa sentire». Tecniche di mental training, rielaborazione emotiva, gestione dell’ansia e rafforzamento dell’autoefficacia sono solo alcuni degli strumenti messi in campo. «Nel caso di Sinner, il ritorno in campo è anche un ritorno a se stesso. E questa è la base più solida per ogni futura vittoria».
Chi sei, se non puoi competere? Le domande che fanno la differenza
Una delle domande più complesse che un atleta si trova ad affrontare in momenti di stop è legata al proprio valore personale. «Chi sono, se non gioco? Quanto valgo, se non vinco?», sono domande fondamentali. «Nel lavoro psicologico con gli atleti – racconta Uberti – aiutiamo a rispondere a queste domande, perché la solidità mentale si costruisce anche nei momenti in cui tutto sembra crollare». Accettare il cambiamento, rielaborare il vissuto, dare un senso alla propria esperienza sono passi necessari per un rientro sano e consapevole. «La vera forza, in questi casi, non si misura in chilometri orari, ma nella capacità di restare centrati anche nella tempesta», aggiunge.
Lo sport come crescita interiore
Il caso di Sinner ci ricorda che lo sport non è solo tecnica o fisicità. È un luogo di evoluzione umana. «I match si giocano in campo, ma anche dentro di sé», conclude Uberti. «Ogni pausa, ogni inciampo, può essere lo spazio in cui si coltiva una nuova forma di forza: quella più profonda, più stabile, più autentica». Sinner torna agli Internazionali d’Italia non solo come numero uno del tennis mondiale, ma come simbolo di una sfida più grande: quella che si gioca tra identità, cadute e resilienza. E forse, proprio da qui, cominceranno le sue vittorie più significative.