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Antonella Ferrari: «Più forte del destino»

Lo spettacolo sarà in scena giovedì 15 dicembre al teatro Cilea di Napoli e il giorno dopo al teatro Augusteo di Salerno. L'ingresso è gratuito con la possibilità di fare una donazione a favore di Aism, l'associazione italiana sclerosi multipla

«Ho scritto il libro “Più forte del destino” nel 2012 per condividere la mia vita, la mia storia e la mia lotta contro la sclerosi multipla. È andato molto bene e amando il mio lavoro ho trasformato il libro in uno spettacolo teatrale, che sta girando l’Italia da due anni. Non è solito fare uno spettacolo sulla disabilità, specie se la vivi in prima persona e per di più farlo in modo dissacrante. Certo si racconta anche il dolore, ma si raccontano tante cose molte divertenti che riguardano i luoghi comuni di chi convive con la disabilità».

Antonella Ferrari, attrice e scrittrice, racconta così “Più forte del destino”, un one woman show di un’ora e mezza in cui colpisce e abbatte gli stereotipi che spesso accompagnano la disabilità. Lo spettacolo sarà in scena – a ingresso gratuito – al Teatro Cilea di Napoli giovedì 15 dicembre, grazie alla collaborazione di Sanofi Genzyme e con il patrocinio di AISM (Associazione Italiana Sclerosi Multipla) e del Comune di Napoli. Durante la serata sarà possibile fare una donazione alla sezione provinciale Aism di Napoli.Il 16 dicembre invece Antonella Ferrari sarà in scena al teatro Augusteo di Salerno.

Gruppo San Donato

«Per molte persone un disabile dev’essere sulla sedia a rotelle, possibilmente triste, e deve vestirsi sciatto. Nello spettacolo propongo anche il manuale del perfetto disabile che è una parodia del film In&Out dove c’era il manuale dell’uomo virile. Ascolto una registrazione e la voce mi consiglia di essere triste e pallida e se sei una donna di non truccarti e di non mettere le scarpe col tacco. È uno spettacolo agrodolce: c’è poi infatti una parte più rabbiosa che è quella della ricerca della diagnosi e una più malinconica che riguarda mio padre».

«Con il mio lavoro di attrice è giusto che le mie angosce le tenga per me, anche se poi racconto anche le mie fragilità – racconta Antonella. – I miei genitori mi hanno insegnato che prendere la vita con ironia aiuta a esorcizzare il dolore e sento che questa è la strada giusta anche per comunicare. Disperarsi non fa tornare la salute. La sclerosi multipla c’è. Ho anch’io i miei momenti di rabbia, ma voglio affrontare questa vita che mi vede a braccetto con la sclerosi multipla nel miglior modo possibile, cercando di relegare la malattia in un ruolo da comprimario, perché se no se ne approfitta. Se le concedi tutto lo spazio alla fine diventa lei la protagonista, mentre la protagonista della tua vita sei solo tu».

«Mi piacerebbe che venissero a vedermi anche le persone sane, anche quelle lontane dalla malattia, per vedere uno spettacolo che è una grande prova di attrice, perché sto da sola su un palco per un’ora e mezza. Vorrei che arrivassero anche persone scettiche – confida Antonella – che hanno paura del dolore e che quindi hanno paura di avvicinarsi al mondo della sclerosi multipla. Mi è capitato di incontrare persone che poi mi hanno detto che sono tornate a casa più ricche».

«Antonella Ferrari è una donna straordinaria, un esempio di come sia cambiata la qualità della vita delle persone con sclerosi multipla. Ha scritto questa pièce teatrale che renderà felici tutti i pazienti che la vedranno. È il modo giusto per affrontarla, è il modo contemporaneo» spiega Luigi Lavorgna, neurologo del Centro per la Sclerosi Multipla della II Università di Napoli.

Quanto è importante per le persone con sclerosi multipla un esempio come quello di Antonella Ferrari?

«È fondamentale. Il numero di pazienti che ha il desiderio di condivisione della propria condizione è esorbitante. Si stima che circa il 90% dei pazienti dopo la diagnosi vada subito su una community on line per confrontare la propria storia con quella degli altri: il web è uno spazio dove si può ricevere e dare supporto.

Io dal 2012 ho un social network – www.smsocial.eu – che si occupa proprio di sclerosi multipla, una sorta di mini Facebook. In questo social network io vedo tanta umanità. Devo dire grazie ai miei pazienti. Vedo questo desiderio di condivisione, che risponde all’evoluzione della società in generale. Tutti noi quando abbiamo un problema andiamo a cercare sui motori di ricerca. C’è un motivo antropologico: vogliamo essere consapevoli. Le persone con sclerosi multipla vogliono essere aggiornati, vogliono sapere tutto.

Com’è la qualità della vita oggi delle persone con sclerosi multipla?

La sclerosi multipla oramai è una condizione. Le persone con sclerosi multipla per me non sono pazienti e anche le indicazioni che ci dà il web sul desiderio di essere considerate come persone con sclerosi multipla e non come malati sono ben chiare. C’è stato uno studio scientifico che ha chiarito come le persone con sclerosi multipla vogliano essere chiamate così (in inglese mser).

Certo, dopo la diagnosi c’è sempre un momento di sconforto e di apprensione. Credo sempre, però, che affidarsi a centri specializzati che ormai sono distribuiti in modo capillare su tutto il territorio nazionale e che si occupano sempre e da molto tempo di sclerosi multipla li possa salvaguardare dall’interpretare quella diagnosi come una problematica insormontabile. Oggi la sclerosi multipla viene gestita. La maggior parte delle forme risponde alle terapie. Abbiamo farmaci che nella maggior parte dei casi riescono a dare una quotidianità serena, che rispetta anche i desideri delle persone. Al giorno d’oggi sappiamo che le persone con sclerosi multipla possono avere dei figli, abbiamo la certezza che nella maggior parte dei casi con una buona cura possono essere moderate tutte le forme di evoluzione della stessa sclerosi multipla. C’è una piccola percentuale di persone però per le quali non abbiamo ancora una cura per loro, ma sono fiducioso nella scienza, i progressi che si sono fatti negli ultimi vent’anni preludono ad altri progressi».

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