Sessualità

Castità: si può vivere senza sesso?

La castità dei religiosi (e non solo) solleva una questione medica. Il nostro cervello può frenare il desiderio fisiologico, ma qualche rischio nell’astinenza c’è

Ho visto la morte in faccia quando il giovane parroco alla guida della sua utilitaria con cui mi era venuto a prendere all’aeroporto imboccò la rampa di accesso della superstrada contromano. Per fortuna il mio grido terrorizzato riuscì a interrompere il flusso delle parole emozionate che mi stava rivolgendo e una rapida retromarcia ci salvò dal frontale. Il sacerdote sapeva che avrei dovuto tenere una conferenza in Puglia e, pur non conoscendomi, sì era offerto telefonicamente di farmi da autista. Voleva raccontarmi, scoprii nell’oretta di viaggio verso la sede del congresso, la sua vita sessuale. Era piuttosto attiva con altri maschi (non chierichetti, specificò) ma che riteneva avesse bisogno di un supporto farmacologico. La trepidazione che ci fece rischiare la pelle era dovuta un po’ alla vergogna per il racconto, non proprio consueto. Ma soprattutto alla difficoltà a trovare le parole per chiedermi una ricetta per la famosa pillola blu, di cui, essendo molto ansioso, era convinto di aver bisogno. Altro che castità.

I preti non fanno voto di castità

Così ebbi la prima prova clinica, non solo di terza mano e per sentito dire, della sessualità agita e non sublimata di alcuni religiosi cattolici. Essendo poi stato amico, confidente e consulente di molti altri preti per casi sessualmente complessi da loro ascoltati in confessionale, posso affermare con altrettanta certezza che ve ne siano legioni che invece onorano pienamente il voto di celibato anche attraverso la verginità. Già, perché i preti cattolici non fanno, come molti credono, quel voto di castità che invece spetta, assieme a quelli di obbedienza e povertà, a monaci, monache, frati e suore.

Gruppo San Donato

Questi si impegnano per tutta la vita a non aver rapporti sessuali (anche se di Gertrudi ce ne son state parecchie. E molti di quelli che si firmano Monaco, Del Monaco, Frate, Del Frate, ecc. potrebbero aver avuto un antenato con la tonaca). I sacerdoti invece giurano soltanto di non sposarsi mai, ritenendo implicito (ma non è implicito per i santi monaci, or ora menzionati, che formulano il voto specifico di perpetua verginità) di non poter copulare proprio per onorare la casta virtù, come dovrebbe fare ogni cristiano, secondo i modi del suo stato.

Anche San Pietro era sposato

In effetti la tradizione del cristianesimo orientale, noto come ortodosso, non considera il celibato come necessario per il sacerdozio. Pur chiedendo ai monaci di votarsi a una vita casta, rappresentata dalla veletta nera che pende dietro la tuba sacerdotale. Ed è ben noto che apostoli, vescovi e papi (a cominciare da San Pietro) fossero sposatissimi per almeno la metà della storia della Chiesa latina. E ancora oggi nelle enclave italiane di cultura greca i preti, cattolicissimi e uniti (uniati) con Roma e il Papa, sono sposi e padri di famiglia. Il celibato dei sacerdoti è dunque una consuetudine transeunte e non universale nella stessa cattolicità.

Ma il vero quesito che mi pongo qui, da medico sessuologo, è come riescono quei tantissimi sacerdoti, religiosi e religiose che si votano alla verginità, a vivere un’intera esistenza veramente senza sesso?

La corteccia cerebrale è un freno

Il desiderio sessuale, e la conseguente attitudine a copulare, riprodursi e proteggere i prodotti del concepimento, può essere in larga misura inserito nelle funzioni cosiddette neurovegetative. Quindi fame, sete, sonno, risposta di attacco e fuga, rabbia, paura, accudimento, eccetera. Le condividiamo con gli altri mammiferi (e anche con animali inferiori a questi) e che sono localizzate tra l’ipotalamo e l’amigdala, regioni sottocorticali molto antiche del cervello. La libido sessuale, quindi, dovrebbe essere insopprimibile e assai scarsamente controllabile, come le altre funzioni co-localizzate. Ed è in gran parte così.

Molti atteggiamenti disfunzionali o comportamenti antisociali ovvero criminali (penso alla violenza fisica e morale nelle comunità chiuse, all’abuso di bimbi e ragazzi) derivano proprio da questa apparente impossibilità di cancellare un istinto di base. E se è represso, può deviare ed esplodere. Dico che è una apparente impossibilità perché l’enorme sviluppo della corteccia integrativa e razionale che caratterizza la nostra specie ha permesso un controllo forse non totale, ma certamente molto efficace delle pulsioni sessuali.

Immaginiamo infatti che la concupiscenza sessuale sia come un’automobile, dotata di acceleratore e freno. La macchina del desiderio ipotalamica, alimentata da quella particolare benzina che sono le fantasie sessuali, viaggia in automatico con l’acceleratore premuto. In qualche momento con un filo di gas, in altri, quando la passione divampa, a tavoletta. La corteccia cerebrale che crea le stesse fantasie è invece, contemporaneamente, il nostro freno. Forse alcuni lo usano troppo poco, e si abbandonano all’ipersessualità. Ma certo molti questo freno lo usano troppo, e sono vittime di ansie prestazionali o da inadeguatezza, diventando così pazienti di noi sessuologi medici e degli psicosessuologi.

La vocazione ascetica non basta

prete

Ce ne sono invece altri, una minoranza, che hanno imparato, attraverso la rinuncia e l’ascesi (che letteralmente significa elevazione) a distaccarsi dalle passioni di questo mondo. Che a torto o a ragione considerano zavorre, per innalzarsi verso uno stato di purezza. Questo percorso è largamente rappresentato anche in molti filoni religiosi e filosofici orientali. I veri casti sono degli Jedi, per usare un modello contemporaneo, che hanno imparato a controllare il loro acceleratore ipotalamico attraverso una possente azione frenante della loro corteccia. Ma la spinta ascetica, chiamiamola razional-spirituale, spesso non basta, se gli ormoni non collaborano.

Il calo del testosterone

E gli ormoni collaborano! Il mio gruppo di ricerca ha dimostrato che quando si cessa l’attività sessuale, per scelta o per obbligo (non pensiamo solo ai sacerdoti e alle suore, ma anche agli impotenti e alle frigide, o ai carcerati o agli astronauti), la concentrazione ematica dell’ormone del desiderio, il testosterone, cala. E così si avvicina, senza mai oltrepassarla, alla soglia minima, sotto la quale si diventa ipogonadici. Esattamente come fa la brava massaia quando sa che non utilizzerà la caldaia del riscaldamento autonomo per qualche settimana, ma la lascia accesa al minimo per evitare che i rigori dell’inverno la ghiaccino. Così l’ipotalamo dei casti si regola autonomamente ai livelli minimi, ordinando la riduzione del testosterone da parte di testicolo e ovaio, senza però mai spegnersi. Il vantaggio è che in questo modo potrebbe riprendere a desiderare a pieno regime quando i casi della vita lo portassero a farlo.

I rischi della castità

Un aiuto fondamentale alla virtù, ma, come tutti i meccanismi biologici, non efficace al cento per cento. Siamo infatti l’unico animale non governato dall’istinto (sessuale, ma non solo). Istinto che tuttavia rimane come un leitmotiv sottile e di sottofondo, universalmente presente. In una parola, siamo liberi. Anche di pagare il prezzo della castità, scelta antitetica ai principi dell’evoluzione e quindi di per sé tutt’altro che naturale.

I maschi che non fanno sesso, nemmeno autoerotico, espongono molto probabilmente la prostata a un maggior rischio di iperplasia se non di carcinoma. Ed entrambi i generi potrebbero rischiare osteoporosi, depressione, obesità e altre disfunzioni metaboliche con maggior frequenza se decidono di non far l’amore per lungo tempo.

Se fatti non fummo per viver come bruti, non lo fummo nemmeno per vivere come eunuchi. Il passo del Vangelo di Matteo che sembra consigliarlo è in realtà di esegesi complessa. E coloro che non sono veramente e profondamente vocati a farsi, appunto, eunuchi, possono sviluppare una ipersessualità paradossa che li può rendere proni alla predazione sessuale, soprattutto dei soggetti deboli. Bimbi, adolescenti, donne fragili, portatori di handicap, come la cronaca purtroppo di frequente riferisce e, giustamente, amplifica.

Il sesto comandamento

Il pontificato attuale ha molte caratteristiche innovative che non è retorica definire storiche. Una delle più evidenti è di aver decentrato la sessualità a favore di altri dettati evangelici come la misericordia. Il comportamento sessuale, bene o male agito, sembrava essere il fulcro, si sarebbe detto quasi esclusivo, di gran parte della dottrina morale. Per molto tempo la Chiesa cattolica ha ipertrofizzato il sesto (e in minor misura il nono) comandamento, quasi mettendo in ombra gli altri. La predicazione-ossessione sessuocentrica e contemporaneamente sessuofobica ha fatto troppo spesso dimenticare i comandamenti neotestamentari delle Beatitudini. Che di sesso non parlano nemmeno alla lontana e che quando citano la purezza si riferiscono esplicitamente al cuore, e non al corpo.

Il sesso negato ha avuto fino a pochi anni fa un ruolo simile alle prescrizioni sul cibo che caratterizzano altre religioni (e un tempo anche quella cattolica). Norme identitarie per supplire a debolezze di messaggio ed enfatizzate allo scopo di controllo economico, politico, per governare, esercitare potere o contrastare altri poteri.

Magari scopriremo che Lucio Dalla era veramente profetico quando cantava che, in L’anno che verrà, «Si farà l’amore ognuno come gli va. Anche i preti potranno sposarsi. Ma soltanto a una certa età». Infatti, letteralmente, presbitero vuol dire anziano.

Leggi anche…

None found

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio