PelleSalute

Vitiligine: tutte le nuove terapie

Farmaci più potenti in corso di approvazione, trapianto autologo di cellule epidermiche veloce e indolore, studi promettenti sugli anticorpi: sono le ultime armi per combattere la patologia che provoca macchie chiare sulla pelle

E dopo modelle e attrici che hanno mostrato a tutto il mondo le loro chiazze di vitiligine, ora arriva anche la bambola, o meglio il bambolotto perché si tratta di Ken, il boyfriend di Barbie, con la pelle a macchie. Un forte segnale affinché questa patologia cutanea, che colpisce circa il 2-3% della popolazione, venga il più possibile normalizzata e affrontata per ciò che è: non un semplice inestetismo, ma una malattia della pelle che si può curare.

La bella stagione comporta per chi è affetto da vitiligine qualche disagio in più, sia a livello psicologico perché il corpo è meno coperto, sia perché occorre fare più attenzione con i raggi del sole che colpiscono le zone più chiare perché prive di melanina. Abbiamo chiesto a due esperti di questa patologia come affrontare il periodo estivo, quali sono le cure più efficaci e quali quelle in arrivo, che paiono molto promettenti.

Gruppo San Donato

Chi ha la vitiligine può sfruttare i raggi del sole per migliorare l’aspetto delle macchie

«A differenza di quanto si riteneva fino a qualche tempo fa, l’estate non rappresenta più un periodo particolarmente a rischio per chi ha la vitiligine», spiega Andrea Paro Vidolin, responsabile del Centro di fotodermatologia e cura della vitiligine dell’Ospedale Israelitico di Roma. «Così, se prima si suggeriva ai pazienti di proteggere le chiazze prive di melanina con un solare spf 50+, oggi l’indicazione è quella di sfruttare i raggi del sole per migliorare l’aspetto delle macchie. Dal momento che una delle cure principali della vitiligine è la fototerapia con UVB artificiali a banda stretta, in estate si possono sfruttare gli ultravioletti naturali per stimolare la produzione di melanina laddove manca. Per fare questo si devono usare delle creme solari dedicate, ossia specifiche per questa patologia».

Cos’hanno di speciale? Contengono una protezione dagli UV inversa: ossia bloccano i raggi che non servono (gli UVA), e lasciano passare nella giusta misura gli UVB, simulando quindi ciò che avviene con la fototerapia che si effettua dal medico. «Questo sistema filtrante selettivo consente di stimolare i melanociti e quindi di pigmentare le zone affette da vitiligine senza scottarsi», chiarisce lo specialista. «Per ridurre il contrasto con la cute sana è consigliabile applicare su quest’ultima un solare spf 50+, in modo da non incrementare la pigmentazione. Lo stacco con le chiazze più chiare apparirà meno evidente, migliorando anche l’aspetto estetico». Valgono però le raccomandazioni di sempre: evitare le ore più calde della giornata e applicare il solare almeno ogni ora, soprattutto se si fa il bagno.

Vitiligine: tutte le nuove terapie

Molti sono gli studi sulle nuove cure contro la vitiligine, alcuni in fase molto avanzata. Al recente congresso dell’American Academy of Dermatology a Boston è stato fatto il punto della situazione.

Il farmaco antitumorale ruxolitinib

La speranza più concreta, per chi soffre di questa malattia, si chiama ruxolitinib, un farmaco utilizzato per via orale come antitumorale e antireumatico. «Si è visto che usato sulla pelle, sotto forma di crema, sta dando risultati molto promettenti», spiega Paro Vidolin. «La sperimentazione clinica comprende due studi randomizzati, in doppio cieco, attualmente in fase III. L’analisi dopo un anno ha mostrato che i pazienti trattati con ruxolitinib presentavano una ripigmentazione clinicamente significativa del viso e di tutto il corpo. Inoltre i trial hanno dimostrato che è efficace sia da solo, sia in sinergia con fototerapia UVB a banda stretta e soprattutto con laser a eccimeri». Ruxolitinib, che è in corso di approvazione dell’FDA statunitense, dovrebbe arrivare in Europa entro la fine dell’anno.

Trapianto autologo di sospensione cellulare epidermica

Attualmente le cure tradizionali per la vitiligine prevedono delle terapie combinate, come l’assunzione di antiossidanti specifici (coenzima Q10, vitamina E, betacarotene, acido alfa-lipoico), l’applicazione locale di farmaci immunomodulanti e immunosoppressori (classico è l’abbinamento di tacrolimus e cortisonici) e la fototerapia. La pratica clinica ha evidenziato che risultati apprezzabili di ripigmentazione delle aree affette da vitiligine si ottengono con l’associazione dei tre trattamenti in circa cinque-sei mesi.

«A queste terapie si aggiunge una novità che riguarda la possibilità di trapiantare le cellule epidermiche sane allo scopo di favorire la ripigmentazione della cute: è il trapianto autologo di sospensione cellulare epidermica», spiega Giovanni Leone, direttore del dipartimento di dermatologia dell’Ospedale Israelitico di Roma e presidente della Società Europea di Fotodermatologia (ESPD). «In passato sono state sperimentate diverse tecniche di trapianto: quello riguardante lembi di tessuto, quello eseguito con il punch, ossia uno strumento che preleva frammenti di cute sana innestata poi nelle chiazze, quello di melanociti. Si tratta di procedure ormai superate, spesso lunghe e dolorose per il paziente. Dalla Francia proviene invece questa nuova metodica, che in Italia si esegue per ora solo presso il nostro centro a Roma, molto meno invasiva e veloce. A differenza di altre procedure in cui il prelievo tissutale deve rimanere in coltura a lungo, con questa tecnica tutto si svolge in un’unica sessione, grazie a uno speciale kit che permette di estrarre rapidamente melanociti e cheratinociti. Entrambi vengono trapiantati sulle chiazze: interagendo tra loro si riproducono e la zona viene ripigmentata».

I risultati sono più che soddisfacenti, ma apprezzabili solo quando la vitiligine è stabile da almeno un anno e segmentaria (ossia segue il percorso di un fascio nervoso e riguarda metà corpo). Il trapianto inoltre è consigliato quando vi è stata una risposta incompleta alla fototerapia e ad altri trattamenti.

Si cerca di agire sulla memoria immunitaria

Una grande novità è attualmente oggetto di studio presso i laboratori guidati da John Harris dell’University of Massachusetts Medical School, negli Stati Uniti. Per comprenderne la portata occorre fare una premessa. «I trattamenti esistenti per la vitiligine, come gli steroidi topici e la fototerapia, migliorano la malattia ma nella maggior parte dei casi, una volta sospesa la terapia, le macchie bianche ricompaiono nella stessa posizione, spesso dopo un solo anno dall’interruzione della cura», osserva Leone. «L’équipe di Harris ha indagato su questo meccanismo di memoria della pelle, cercando la fonte di questo “ricordo”. Sono state trovate così delle “cellule T di memoria”, le stesse che si attivano in caso di infezione.

Poiché le risposte immunitarie a un virus agiscono in modo simile a quelle provocate dalle malattie a base autoimmune (come la vitiligine), ai ricercatori è sembrato ragionevole che proprio queste cellule T possano anche essere la fonte della memoria residua della vitiligine». È stato ipotizzato così che si potessero rimuovere in qualche modo queste cellule utilizzando una nuova terapia per rendere i trattamenti per ripigmentare la pelle duraturi e possibilmente permanenti. «Il team di Harris ha scoperto che le cellule T di memoria richiedono una proteina speciale chiamata IL-15 per sopravvivere», conclude Leone. «E che iniettando un anticorpo, chiamato 5Rβ, che blocca la proteina IL-15, le cellule T di memoria si inattivano». Al momento la sperimentazione è stata effettuata sui topi e i risultati sono davvero molto promettenti: in due settimane, i trattamenti con gli anticorpi hanno favorito la ripigmentazione cutanea per diversi mesi. Gli studi clinici sull’uomo sono imminenti.

La vitamina D 

Tra le armi impiegate contro la vitiligine c’è da qualche tempo anche la vitamina D, la cui carenza è stata associata alla presenza della malattia da diversi studi scientifici. Una metanalisi su 31 studi, denominata VIVID, ha dimostrato la presenza di un livello di vitamina D significativamente ridotto nella vitiligine e la sua associazione più frequente con un tipo di lavoro al chiuso svolto dai pazienti affetti dalla malattia. Questo studio evidenzia la necessità di valutare sempre lo stato della vitamina D in chi è affatto da vitiligine ed eventualmente ricorrere a un’adeguata integrazione.

Raccomandazioni utili sotto il sole

Per evitare che lo stress ossidativo provocato delle radiazioni solari possa peggiorare la vitiligine è consigliabile in estate fare il pieno di cibi che combattono i radicali liberi (frutta e verdura fresche e colorate) ed eventualmente, su consiglio del medico, aumentare l’assunzione di integratori ad azione antiossidante. L’estate inoltre è la stagione in cui si pratica più attività sportiva, spesso causa di traumi e lesioni sulla pelle. Occorre fare attenzione perché nella vitiligine un insulto, specie se ripetuto, può portare a comparsa di nuove chiazze o peggiorare quelle esistenti: è il cosiddetto fenomeno di Koebner. Infine occhio all’abbigliamento: è sconsigliato indossare indumenti molto attillati perché, sempre per evitare il fenomeno di Koebner, eccessive pressioni o sfregamenti rischiano di peggiorare la malattia, specie se in fase attiva.

Leggi anche…

Mostra di più
Pulsante per tornare all'inizio