Salute

Una bambola aiuta i malati di Alzheimer

Sperimentazione al Pio Albergo Trivulzio di Milano: abbracciare un pupazzo consente di ridurre farmaci e sedativi

Stringere fra le braccia una bambola, vestirla e accudirla può aiutare chi soffre di Alzheimer a convivere con la malattia. La terapia della bambola, o empathy doll, è nata in Svezia e secondo gli esperti serve per evocare i ricordi legati all’infanzia e alleviare i distrubi comportamentali legati alla patologia come il movimento continuo (wandering), l’ansia o l’aggressività. Stando agli studi l’uso di questa procedura permetterebbe di ridurre il ricorso a farmaci o sedativi.
«La bambola, nei disturbi d’ansia favorisce il rilassamento grazie soprattutto al contatto stretto», spiegano Melania Cappuccio e Ivo Cilesi, della Fondazione Gusmini Vertova di Bergamo.
Attualmente l’empathy doll è in fase di sperimentazione presso il nucleo Alzheimer del Pio Albergo Trivulzio di Milano ed è riservata alle donne. «La cura della bambola», spiega Massimo Monti, direttore della residenza assistenziale per anziani, «riesce effettivamente a tranquillizzare le pazienti e le fa sentire in qualche modo meno sole e impegnate a fare qualcosa».
Questa cura andrà ad affiancare le altre terapie non farmacologiche – laboratori d’arte, musica e pet therapy – utilizzate nelle fasi meno acute della patologia.
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Ultimo aggiornamento: 21 settembre 2010

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