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Tumori neuroendocrini: cosa sono, quali sintomi danno e come si curano?

Sono malattie rare che colpiscono prevalentemente stomaco, pancreas, intestino e richiedono un approccio multidisciplinare

Se di cancro al polmone o al seno si parla spesso, anche sui giornali, in tv e sui social, non è così per i tumori neuroendocrini, la cui conoscenza resta ancora oggi limitata agli addetti ai lavori. È originata dalle cellule neuroendocrine, che sono localizzate in tutto l’organismo. Questa neoplasia, però, insorge soprattutto nel tratto gastro-entero-pancreatico, che include stomaco, pancreas, duodeno, intestino tenue e crasso, retto. Può comunque interessare pure tiroide, surreni, polmone, pelle e altri organi.

Tumori neuroendocrini: rari, ma il numero è sottostimato

Considerata rara, la malattia colpisce ogni anno tre-cinque persone ogni 100.000. «Si tratta, però, solo della punta dell’iceberg, perché si presume che i casi siano in realtà di più». Gabriele Capurso è gastroenterologo dell’unità operativa di endoscopia biliopancreatica ed ecoendoscopia e vicedirettore del Centro per la ricerca e cura sulle malattie del pancreas dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

Gruppo San Donato

Una patologia in parte sommersa, quindi, e anche molto eterogenea. Il suo indice di proliferazione (ovvero la velocità di replicazione delle cellule tumorali) può variare dall’1 al 90-95%, con una sopravvivenza che va da pochi mesi a molti anni. La maggior parte di questi tumori presenta un indice compreso tra l’1 e il 20 per cento. È quindi indolente e caratterizzata da una evoluzione lenta, mentre una minoranza (circa il 10%) possiede un indice superiore al 50%, il che significa che cresce più rapidamente e ha una maggiore aggressività.

La differenza tra funzionanti e non secernenti

«Clinicamente, i tumori neuroendocrini vengono distinti in funzionanti (o secernenti) e non funzionanti (o non secernenti). La prima categoria, che costituisce circa il 20% dei casi, è caratterizzata dall’eccessiva produzione di alcuni ormoni. Tra queste neoplasie, si annoverano:

  • l’insulinoma, che secerne troppa insulina, l’ormone che regola la concentrazione di zuccheri nel sangue;
  • il gastrinoma, che produce un eccesso di gastrina, l’ormone che regola le secrezioni acide dello stomaco;
  • il glucagonoma, che secerne troppo glucagone, l’ormone con funzione opposta rispetto a quella dell’insulina;
  • il carcinoide, che colpisce l’intestino e produce serotonina.

La seconda categoria, che costituisce circa l’80% dei casi, non presenta, invece, un’anomala secrezione ormonale e gli eventuali sintomi sono correlati alla massa tumorale».

I tumori neuroendocrini spesso non hanno sintomi specifici

Per quanto riguarda i tumori funzionanti, i disturbi dipendono da qual è l’ormone prodotto in eccesso.

L’insulinoma

Nel caso dell’insulinoma si verifica, per esempio, un abbassamento degli zuccheri nel sangue (ipoglicemia). I sintomi più frequenti sono:

  • mal di testa,
  • capogiri,
  • visione offuscata,
  • senso di mancamento,
  • confusione, ma anche, nei casi più gravi, perdita di coscienza, crisi epilettiche, coma.

Possono, inoltre, comparire nausea, palpitazioni, tremori, abbondante sudorazione, marcato aumento di peso.

Glucagonoma

Al contrario, nel glucagonoma avviene un innalzamento del livello di zuccheri nel sangue (iperglicemia), con comparsa di diabete e tipiche chiazze sulla pelle (eritema necrolitico migrante).

Gastrinoma

Nel gastrinoma si ha, invece, un eccesso di succhi gastrici che, essendo acidi, provocano ulcere nello stomaco e nell’esofago e diarrea.

Carcinoide

Il carcinoide intestinale causa poi una sindrome caratteristica, con diarrea imponente, arrossamenti improvvisi del viso che diviene color porpora, aumento della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca.

Tumori non funzionanti

I tumori non funzionanti, invece, in genere non presentano sintomi. In alcuni casi, però, quando le loro dimensioni aumentano, possono comparire, a seconda dell’organo colpito, dolore, nausea o vomito, sanguinamento, colorazione gialla della pelle e della parte bianca degli occhi (ittero).

Gli esami necessari per la diagnosi

Dato che molti tumori neuroendocrini sono asintomatici, vengono spesso diagnosticati in modo casuale nel corso di accertamenti effettuati per altri motivi. In presenza di specifici campanelli d’allarme, è invece bene bussare senza indugio alla porta del medico. Dopo una visita accurata, quest’ultimo potrà predisporre alcuni esami, da svolgere in sequenza, volti ad appurare la diagnosi:

  • analisi di laboratorio, che, nel caso di tumori funzionanti, permettono di dosare l’ormone prodotto in eccesso nel sangue o i suoi cataboliti nelle urine;
  • Tac o risonanza magnetica con mezzo di contrasto;
  • biopsia, ovvero il prelievo di un piccolo campione di tessuto, che verrà poi analizzato in laboratorio;
  • Pet (tomografia a emissione di positroni) con gallio 68, un radiofarmaco che, dopo essere stato infuso in vena tramite flebo, si lega ai recettori della somatostatina, un ormone di solito abbondantemente presente sulla superficie di questi tumori, emettendo radiazioni (positroni) che vengono registrate e consentono di individuare le lesioni con molta precisione;
  • Pet 18 fdg (fluorodesossiglucosio), un radiofarmaco che, come suggerisce il nome stesso, si comporta in modo analogo allo zucchero (glucosio), utilizzato in grande quantità dai tumori per svilupparsi ed espandersi. Così il medicinale tende ad accumularsi all’interno della neoplasia, permettendo di visualizzarla.

Una rete europea di centri di eccellenza per i tumori neuroendocrini

I centri di eccellenza italiani

Una volta accertata la diagnosi, le possibili armi contro i tumori neuroendocrini sono varie. «Fondamentale è rivolgersi a centri specializzati». Massimo Falconi è primario dell’unità di chirurgia del pancreas e dei trapianti dell’IRCCS Ospedale San Raffaele, professore ordinario di chirurgia all’Università Vita-Salute e presidente dell’Associazione italiana per i tumori neuroendocrini (Itanet). « Sono centri dotati delle competenze necessarie ad affrontare questa patologia rara e di un’équipe multidisciplinare dedicata. Qui i diversi specialisti lavorano in team per proporre al paziente le terapie più appropriate, personalizzate e all’avanguardia».

Tra gli ospedali che vantano entrambi i riconoscimenti, anche il San Raffaele. Qui grazie al gruppo di specialisti che si occupano di tumori neuroendocrini, ogni anno vengono eseguite oltre 140 diagnosi, effettuati più di 100 interventi chirurgici, gestiti oltre 250 casi, pubblicati numerosi studi e attivate varie sperimentazioni.

I centri di eccellenza europei

In proposito, l’Unione europea ha designato i centri che, nell’ambito delle Reti di riferimento europee fanno parte della Rete di riferimento europea sui tumori rari degli adulti (European Reference Network on Rare Adult Cancers, EURACAN). La Società europea dei tumori neuroendocrini (European Neuroendocrine Tumor Society, ENETS) aveva già conferito la qualifica di centro di eccellenza alle strutture che possiedono specifici requisiti.

I trattamenti per i tumori neuroendocrini

Ecco allora le opzioni terapeutiche disponibili, i cui costi sono a carico del Servizio sanitario nazionale (Ssn).

La sorveglianza attiva

La sorveglianza attiva, indicata per tumori non funzionanti e di piccole dimensioni, prevede l’esecuzione di un’ecografia o di una risonanza magnetica di controllo ogni sei mesi per i primi due anni dopo la diagnosi, e in seguito ogni 12 mesi.

Se la patologia è situata nei tratti più estremi del tubo digerente, ovvero stomaco e retto, e ha coinvolto solo gli strati superficiali del viscere, si interviene con l’endoscopia digestiva. Si tratta di una procedura che consiste nell’introduzione, attraverso la bocca o l’ano, di un piccolo tubo flessibile (endoscopio) alla cui estremità è posto un apposito strumento che consente di eliminare la lesione.

L’intervento chirurgico

L’intervento chirurgico è indicato nei tumori funzionanti e in quelli che, pur restando localizzati, hanno coinvolto gli strati più profondi dei visceri o dei parenchimi. Le operazioni possibili sono l’asportazione del singolo nodulo (enucleazione) oppure la rimozione (resezione) di una parte dell’organo colpito. Queste metodiche possono essere eseguite a cielo aperto oppure con approccio minivasivo, cioè per via laparoscopica o robotica.

Le terapie farmacologiche per trattare i tumori neuroendocrini

Farmaci analoghi della somatostatina

Sono indicati quando il tumore non è asportabile e, attraverso la Pet con gallio 68, è stata evidenziata la presenza dei recettori di questo ormone. Si tratta di molecole come octreotide e lanreotide. Legandosi a questi ultimi, riducono la proliferazione delle cellule malate, rallentando così la crescita del tumore. Vengono somministrati una volta ogni 28 giorni, tramite un’iniezione per via sottocutanea o intramuscolare.

Terapia radiorecettoriale (Peptide Receptor Radionuclide Therapy, PRRT)

È una tecnica innovativa indicata nel caso di tumori non operabili in cui sono presenti i recettori della somatostatina. Consiste nel «caricare» su un farmaco analogo della somatostatina una sostanza radioattiva, come fosse una sorta di zainetto, dando così origine a un composto che prende il nome di radiofarmaco. Quest’ultimo viene somministrato tramite iniezione endovenosa. Proprio grazie al legame dell’analogo della somatostatina ai rispettivi recettori, riconosce il proprio obiettivo, permettendo così l’irradiazione selettiva delle cellule tumorali. Si tratta di una cura molto costosa, ma dal 2019 rientra anch’essa nel Servizio sanitario nazionale.

Farmaci a bersaglio molecolare (target therapy)

Generalmente riservati a tumori aggressivi e non responsivi agli analoghi della somatostatina, includono sunitinib. Si tratta di un inibitore della tirosin-chinasi, in grado di limitare la crescita dei vasi sanguigni (angiogenesi) che apportano al tumore le sostanze nutritive necessarie per espandersi, ed everolimus, un inibitore della proteina mTor, che blocca la crescita cellulare.

Chemioterapia

In genere impiegata nei tumori più aggressivi e avanzati, con un indice proliferativo superiore al 50%, si tratta di farmaci, da utilizzare singolarmente o in combinazione tra loro, che uccidono le cellule durante la replicazione. Tra questi, si annoverano cisplatino, carboplatino, oxaliplatino, 5-fluorouracile, doxorubicina, etoposide, capecitabina, temozolomide somministrabili per via orale o endovenosa.

Quali sono le cause dei tumori neuroendocrini?

Le cause all’origine dei tumori neuroendocrini non sono note. Tuttavia, in una piccola percentuale di casi, tali neoplasie sono associate a sindromi di origine genetica, quindi ereditarie. La principale è la neoplasia endocrina multipla di tipo 1 (MEN1). In questo tipo di tumore neuroendocrino è presente un errore nel Dna che provoca la comparsa di vari tumori in diverse zone dell’organismo, tra cui soprattutto paratiroidi, pancreas, ipofisi. Possono comparire, anche se con minore frequenza, tumori a bronchi, timo, surreni, pelle, sistema nervoso. I sintomi
dipendono dagli organi interessati e il trattamento può essere, a seconda dei casi, con la chirurgia o con i farmaci.

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