Salute

Neurostimolazione per il dolore cronico

Focus di Paolo Poli, primario dell'unità operativa di terapia del dolore dell'Azienda ospedaliera universitaria Pisana

Focus di Paolo Poli (puoi chiedergli un consulto), primario dell’unità operativa di terapia del dolore dell’Azienda ospedaliera universitaria Pisana.

Quando con il solo uso di terapie farmacologiche adeguate il controllo del dolore cronico risulta insufficiente si può ricorrere alla neurostimolazione.

Gruppo San Donato

COME FUNZIONA. Il neurostimolatore utilizza l’elettricità per trattare il dolore cronico. Piccole scariche elettriche trasmesse in modo preciso al midollo spinale possono alterare i segnali del dolore e generare una piacevole sensazione nella parte del corpo dove normalmente si avverte dolore.

COME SI INTERVIENE. Il terapista del dolore, che per legge è un’anestesista, posiziona da uno a due elettrodi sulla dura madre, ossia sul rivestimento esterno del midollo spinale. Le parti che compongono un neurostimolatore sono quattro.
1. Un piccolo computer che controlla la stimolazione. È grande come una scatola di fiammiferi e il chirurgo di solito lo inserisce sotto la pelle dell’addome o appena sopra i glutei. Alcuni computer hanno la batteria interna, altri si ricaricano con una batteria esterna.
2. Un elettrodo posizionato vicino al midollo spinale o ai nervi periferici e che porta piccolissimi impulsi elettrici in maniera precisa e sicura.
3. Un filo elettrico che connette il computer con l’elettrodo. L’impianto avviene con anestesia locale. Durante l’operazione il paziente collabora con il chirurgo per posizionare gli elettrodi «nel posto giusto» a coprire il più possibile la zona dolorante con la stimolazione.
4. La quarta parte è un telecomando manuale che permette di attivare o disattivare lo stimolatore e regolare l’intensità della stimolazione perché sia sufficiente a coprire il dolore. Se viene impiantato uno stimolatore con batteria interna, una volta esaurita può essere sostituita con un piccolo intervento in anestesia locale.

L’impianto di un neurostimolatore prevede due fasi.
• Fase provvisoria (fase trial): si posizionano gli elettrodi collegati a una batteria esterna. Questa fase ha la durata di circa tre-quattro settimane e permette di valutare l’efficacia dell’impianto. Se durante questa prima fase il paziente ha una buona riduzione del dolore si procede con la seconda fase.
• Fase impianto definitivo: la batteria esterna viene sostituita con una interna impiantata sottocute. Entrambi gli interventi richiedono un ricovero di qualche giorno.

I RISCHI. Come in ogni operazione ci sono dei rischi, ma selezionando adeguatamente il paziente e monitorandolo dopo l’operazione i rischi sono minori e diagnosticabili anche poche ore dopo l’impianto. Oltre alla visita anestesiologica, la valutazione pre-impianto prevede una visita psicologica, internistica e psichiatrica. Un’adeguata selezione multidisciplinare permette di ottimizzare il risultato dell’impianto e prevenire gli espianti. In Italia il Servizio sanitario nazionale rimborsa questo tipo di operazioni in numerose strutture specializzate.
Paolo Poli, primario dell’unità operativa di terapia del dolore dell’Azienda ospedaliera universitaria Pisana

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