Salute

L’ernia inguinale si cura in day-surgery

Nuove protesi biologiche, reti contenitive e colle hanno reso l'intervento mininvasivo e personalizzabile

Con 7 milioni di persone operate ogni anno, l’intervento per sistemare l’ernia inguinale è il più diffuso al mondo. Oggi la strada è quella della day-surgery, mininvasiva e ‘su misura’ del paziente.

Com’è l’intervento di ernia?

Si tratta di un intervento che prevede:

Gruppo San Donato

  • poche ore sotto ai ferri,
  • un solo giorno di ospedale,
  • rischi minimi di complicanze e recidive,
  • rapidità nel rimettersi in piedi e tornare alla propria routine quotidiana entro una settimana dall’intervento.

Tutto questo può avvenire se si sceglie tempestivamente la strada chirurgica, l’unica in grado di rimettere in sede la fuoriuscita di viscere dalla cavità addominale. L’ernia inguinale è 8 volte più frequente negli uomini per conformazione anatomica. I maschi hanno il funicolo spermatico, che permette la discesa del testicolo dalla cavità addominale alla sacca scrotale durante lo sviluppo del feto. Nella donna possono predisporre all’ernia inguinale le gravidanze ripetute, ma anche l’eccessiva magrezza.

Se si tentenna troppo, bloccati dalla paura e sopportando il dolore addominale, cresce il rischio di complicanze. Ma non solo. Il rischio è quello di doversi sottoporre poi, inevitabilmente, a un intervento più invasivo. Attualmente solo un terzo dei casi in Italia è idoneo alla day-surgery, una quota che potrebbe più che raddoppiare se anche i pazienti si rivolgessero prima al medico.

Le protesi biologiche intelligenti che ti salvano dall’ernia

Protesi biologiche ‘intelligenti’, che si trasformano nel tessuto con cui vengono a contatto, reti sintetiche non assorbibili o parzialmente assorbibili, colle che sostituiscono i punti di sutura e garantiscono la tenuta. È con questo nuovo armamentario, a disposizione dei chirurghi, che oggi l’intervento di ernia inguinale è poco invasivo, ha rapidi tempi di recupero post-operatorio e rischio di complicanze minimo. Ce lo spiega Michele Carlucci, primario Chirurgia delle Urgenze e del Pronto Soccorso IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

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