Salute

Guerra ai superbatteri che hanno imparato a difendersi dagli antibiotici

La resistenza di alcuni germi ai farmaci è considerata dai ricercatori una delle minacce più gravi per l’umanità, ma i primi a poter fare qualcosa siamo noi: niente pillole a sproposito

Gli antibiotici possono salvare la vita, ma sempre più spesso capita che non facciano effetto. Il perché è presto detto: alcuni batteri che dovrebbero essere eliminati hanno invece sviluppato una resistenza che li rende immuni alla cura.

L’antibiotico è un farmaco in grado di uccidere immediatamente un batterio o di impedirne la duplicazione e di inibirne la crescita. Dunque, un’arma fondamentale per combattere molte infezioni (insieme ai vaccini, gli antibiotici sono certamente stati i medicinali che hanno salvato più vite). Arma, però, totalmente spuntata nel caso in cui le patologie siano di origine virale, causate cioè da virus. Ma tanti sembrano non saperlo e al primo starnuto mandano giù la pillola «forte». E questo è un bel guaio.

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Il problema più grave, oltre agli effetti collaterali, alle allergie e agli eventuali problemi al sistema immunitario, è proprio la cosiddetta resistenza antibiotica, uno dei temi più preoccupanti della medicina moderna e, secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, «una delle più gravi minacce contro l’umanità»: si tratta di quel fenomeno biologico per cui i bacilli sviluppano varianti in grado di resistere all’azione dell’antibiotico, che può diventare meno efficace o addirittura inutile.

I primi imputati siamo noi: è l’uso smodato e inappropriato degli antibiotici la prima causa della resistenza (scopri quando è inutile assumere un antibiotico). In Italia ne assumiamo troppi, in media quattro dosi giornaliere ogni mille abitanti in più rispetto alla media dell’Unione Europea. Sotto accusa, in America, è finita anche Big Pharma, criticata per essersi concentrata sui virus e aver perso di vista i batteri.

«Da anni non inventiamo più antibiotici», lamenta Otto Cars, infettivologo dell’Università di Uppsala (Svezia). «I batteri hanno imparato a difendersi dai farmaci vecchi. E noi rischiamo di tornare indietro di cento anni, all’epoca in cui Fleming non aveva ancora scoperto la penicillina e il 90% dei malati di polmonite non si salvava».

Da più parti arrivano notizie di superbatteri capaci di fare a pezzetti le medicine attuali. In America, 100mila persone all’anno muoiono in ospedale a causa di batteri resistenti agli antibiotici. E l’Oms chiede alle aziende farmaceutiche di impegnarsi nella ricerca.

L’allarme riguarda anche l’Italia. Preoccupa per esempio la diffusione a macchia d’olio di ceppi di Klebsiella pneumoniae resistenti agli antibiotici. Di per sé il germe è una causa comune di infezioni respiratorie e delle vie urinarie, ma diventa molto minaccioso quando non risponde ai medicinali. Il problema è più diffuso negli ospedali, dove il batterio può essere trasmesso da un malato all’altro dal personale sanitario, quando non siano rispettate le norme igieniche di base.

Ma questo e altri microrganismi non hanno difficoltà a travalicare le mura ospedaliere, basti pensare al contagio dei familiari dei pazienti ricoverati. Com’è successo a Paolo, un professore universitario cinquantenne senza particolari problemi di salute, che durante una vacanza all’isola di Ponza curò un’infezione delle vie urinarie con l’antibiotico più usato in questi casi, la ciprofloxacina.

L’esame delle urine svelò però un’infezione da Escherichia coli resistente ai più comuni antibiotici: ha dovuto seguire una terapia di due mesi e di tre diversi antibiotici per guarire. Non mancano le buone notizie: ogni anno, durante la Giornata europea degli antibiotici, il 18 novembre, partono le campagne di sensibilizzazione.

E i ricercatori si danno da fare. Di recente, per esempio, è stato rinvenuta una nuova molecola in fondo all’Oceano, al largo delle coste californiane (l’Anthracimycin), che potrebbe aprire la strada a nuovi antibiotici in grado di combattere alcuni dei batteri più temuti, ossia antrace e Mrsa (Methicillin-resistant Staphylococcus aureus), incubo anche da noi dei reparti ospedalieri. Ma ecco le risposte agli interrogativi più comuni, tratti dal materiale informativo messo a disposizione degli italiani dal Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc, in sigla, agenzia dell’Unione Europea).

Che cos’è la resistenza agli antibiotici?

Si dice che un batterio presenta resistenza agli antibiotici (o che è antibiotico-resistente) quando gli antibiotici specifici formulati per contrastarlo non riescono più a ucciderlo o a impedirne la proliferazione. Ci sono batteri naturalmente resistenti a determinati antibiotici (in questo caso si parla di resistenza intrinseca). Un problema più grave si ha quando batteri normalmente sensibili diventano resistenti a seguito di modificazioni genetiche (resistenza acquisita): sopravvivono anche dopo la somministrazione dell’antibiotico e continuano a proliferare, allungando il decorso della malattia o portando addirittura alla morte. Le infezioni causate da batteri resistenti possono richiedere una maggiore assistenza sanitaria o il ricorso ad antibiotici alternativi e più costosi.

Qual è la causa principale della resistenza antibiotica?

La resistenza agli antibiotici è un fenomeno naturale causato dalle mutazioni genetiche a cui vanno incontro i batteri. E questo è un fatto. Tuttavia un uso eccessivo e improprio degli antibiotici accelera la comparsa e la diffusione dei batteri resistenti agli antibiotici. I batteri sensibili muoiono quando entrano in contatto con gli antibiotici mentre i batteri resistenti sopravvivono, continuano a moltiplicarsi e possono trasmettersi anche in altre persone che non hanno fatto uso di antibiotici.

Cosa si intende per uso improprio degli antibiotici?

Intanto quando non serve, ossia quando non è efficace, come nella maggior parte dei casi di raffreddore e influenza, causati da virus, ovvero contro i quali gli antibiotici non sono efficaci. L’uso, tra l’altro, non porta ad alcun miglioramento: né si riduce la febbre né si smette di starnutire, per esempio. Un antibiotico viene assunto in modo improprio anche quando viene usato in modo non corretto, cioè accorciando la durata del trattamento, riducendo la dose, non osservando la posologia (per esempio prendendolo una volta al giorno e non due o tre volte come prescritto): in questo caso la quantità di farmaco presente nell’organismo sarà insufficiente per combattere i batteri, che sopravvivono e possono sviluppare resistenza.

Quali sono le malattie causate dai batteri resistenti?

I batteri multiresistenti (ovvero resistenti a più farmaci) possono causare una lunga serie di infezioni: infezioni delle vie urinarie, cutanee o del torrente sanguigno, polmonite, diarrea. La sede dell’infezione dipende dai batteri coinvolti e dalle condizioni di salute. Per i pazienti all’interno di strutture ospedaliere esiste il rischio di infezioni non collegate al motivo del ricovero: possono contrarre per esempio infezioni da Mrsa (cioè Staphylococcus aureus resistente alla meticillina, in genere efficace contro tale batterio).

Qual è la gravità del problema?

La situazione sta peggiorando in quanto stanno comparendo nuovi ceppi batterici resistenti contemporaneamente a più antibiotici (batteri multiresistenti). Con il tempo questi batteri possono diventare resistenti anche a tutti gli antibiotici in circolazione. Il rischio è di tornare indietro all’epoca pre-antibiotica: le malattie di orgine batterica, come la polmonite, si diffonderebbero e non potrebbero essere curate, sarebbe impossibile ipotizzare trapianti d’organo, chemioterapie anticancro, terapie intensive e altre procedure mediche.

L’uso degli antibiotici negli animali destinati alla produzione alimentare contribuisce al problema?

Gli antibiotici impiegati per trattare e prevenire le infezioni batteriche negli animali appartengono alle stessi classi degli antibiotici usati per l’uomo, pertanto è possibile che gli animali acquisiscano batteri che sono resistenti ad antibiotici impiegati anche contro le infezioni umane. Tuttavia la causa principale della resistenza agli antibiotici nell’uomo rimane l’uso degli antibiotici in medicina umana.

Cosa si può fare per risolvere il problema?

Tutti possono e devono contribuire a far sì che gli antibiotici mantengano la loro efficacia. Un uso responsabile degli antibiotici può contribuire ad arrestare il fenomeno, assicurando l’efficacia degli antibiotici anche per le future generazioni. Su questa base, è importante sapere quando è appropriato prendere gli antibiotici e come prenderli in modo responsabile (vedi box nella pagina a fianco). È importante anche smaltire i medicinali non utilizzati nel modo corretto (sono le farmacie a operare la raccolta).

Laura Setti – OK Salute e benessere
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