Otto neurologi su dieci sono convinti che diagnosticare precocemente la malattia di Alzheimer sia fondamentale per offrire opzioni di cura migliori ai pazienti, eppure soltanto due persone su dieci ricevono una diagnosi accurata e tempestiva. Sono i dati che emergono da un’indagine su 400 neurologi realizzata dall’agenzia IPSOS e
commissionata dall’azienda farmaceutica Lilly.
Questo divario sembra essere legato a diversi fattori, tra i quali emerge lo stigma associato alla malattia di Alzheimer, per cui i pazienti o le loro famiglie spesso cercano di nascondere o minimizzare i sintomi della demenza, e il ruolo della medicina sul territorio, che dovrebbe intercettare i primi segnali e indirizzare il paziente ai centri specialistici.
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Alzheimer: la diagnosi precoce è decisiva
«Riconoscere la malattia di Alzheimer nelle sue fasi iniziali è decisivo: significa poter offrire trattamenti più adeguati e, allo stesso tempo, costruire insieme al paziente e alla sua famiglia un percorso di cura più chiaro e sereno. Perché questo sia possibile è necessario superare lo stigma che ancora porta molte persone a minimizzare o nascondere i primi sintomi. Dare un nome alla malattia è il primo passo per non restare soli ad affrontarla», afferma Andrea Arighi, Direttore della Struttura Malattie Neurodegenerative, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano.
Concorda Patrizia Spadin, presidente dell’Associazione Italiana Malattia di Alzheimer: «Equità di accesso e sicurezza sono i due punti cruciali sui quali, con i neurologi, lavoriamo da molto. Il diritto alla diagnosi, oggi, per i pazienti, presuppone tempestività di individuazione dei sintomi e quindi miglioramento in competenza e innovazione dei medici di Medicina Generale e dei centri esperti. Una presa in carico adeguata e precoce e un accesso equo ai trattamenti, per i pazienti di oggi e per quelli di domani, significherà un peso e un costo inferiore della malattia sia a livello sociale che sulla vita delle persone».
L’importanza delle innovazioni diagnostiche
Dai risultati dell’indagine sui neurologi italiani emerge che secondo il 73 per cento l’innovazione farmaceutica nella cura e nel trattamento della malattia di Alzheimer avrà un impatto positivo sulla qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie, e secondo l’85 per cento l’integrazione di innovazioni diagnostiche nella pratica clinica consentirà la diagnosi precoce della malattia.
«Integrare le nuove tecnologie diagnostiche nella pratica — compresi i biomarcatori nel sangue — aiuta ad anticipare la diagnosi di Alzheimer e a rendere più ordinati ed efficaci i percorsi di cura. La priorità è usarle e interpretarle con competenza: l’assistenza primaria come sentinella sul territorio che intercetta i primi segnali e indirizza ai centri specialistici per un inquadramento clinico accurato, che resta fondamentale», commenta Federico Massa, Neurologo all’IRCCS Ospedale Policlinico San Martino di Genova.