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Sei un accumulatore seriale? Ecco 3 segnali per scoprirlo

Lo psicologo Giuseppe Lavenia spiega quando la tendenza a conservare gli oggetti si trasforma in disturbo ossessivo compulsivo

Il biglietto del concerto del cantante preferito, un libro autografato dall’autore, la pagella della prima elementare. Tutti conserviamo oggetti-ricordo, piccoli cimeli che riportano la memoria a particolari momenti della nostra vita. Se teniamo per decenni i giochi, i quaderni, gli album di figurine dei nostri bambini diventati ormai adulti, probabilmente stiamo cercando, più o meno consapevolmente, di compensare la loro mancanza. Gettarli significherebbe buttar via un pezzo di sé e della propria storia: ecco perché restano là, a riempire cassetti e armadi.

Siete affetti da hoarding disorder?

Se la scelta di conservare oggetti e ricordi non arriva a condizionare la vita, nessun problema. Ma esiste anche una tendenza all’accumulo eccessivo che può sfociare in una patologia, chiamata hoarding disorder, che rientra nell’ambito dei disturbi ossessivo compulsivi e che è stata inserita nel 2013 nella quinta edizione del Diagnostic and statistical manual of mental disorders, la bibbia degli psichiatri. La malattia, che secondo gli studi riguarda dal 2 al 5% della popolazione, è presente se sussistono tre condizioni: un grande disordine, un numero rilevante di oggetti accumulati, la difficoltà a separarsene. Si arriva al punto che dentro casa (ma a volte anche in cantina o in garage) l’accumulatore non ha più spazio per sé, dato che gli oggetti, accatastati alla rinfusa, ingombrano tutto. Di solito questi ultimi non hanno una specificità, possono essere di qualsiasi tipo: dalle bustine di zucchero alla pubblicità trovata nella buca delle lettere, dall’immondizia a vecchi abiti, dal cibo scaduto a libri, riviste, giornali. Situazione ben diversa da quella del collezionista che pone la sua attenzione su determinate tipologie di oggetti (ad esempio, francobolli, flaconcini di profumo, penne) e li tiene con ordine e cura.

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Perché si accumulano oggetti in maniera compulsiva?

Spesso all’origine del problema c’è un trauma affettivo. La perdita di un affetto (ad esempio, il divorzio dei genitori durante l’infanzia, la morte di una persona cara, una delusione amorosa) può creare in alcune persone una carenza rilevante, che si tenta di colmare attraverso l’accumulo, che ha un effetto rassicurante. Ma così facendo si innesca un circolo vizioso: accumulando a più non posso si cerca di sopperire a una mancanza affettiva, ma allo stesso tempo è proprio questa patologia che allontana dagli altri. Infatti, a differenza della persona «sana», che conserva alcuni oggetti dei quali va fiera, l’accumulatore compulsivo prova vergogna per il suo comportamento, perciò evita di parlarne e di invitare gente a casa. Ciò lo porta a isolarsi sempre di più.

Come se ne esce

Il disturbo si cura con una psicoterapia associata a un sostegno farmacologico per aumentare l’efficacia del trattamento. È prevista la combinazione di terapia cognitivo-comportamentale, che insegna a selezionare le cose davvero importanti e aiuta a liberarsi degli oggetti superflui, e di farmaci ansiolitici e antidepressivi. Molto spesso, però, le persone affette non hanno la consapevolezza del disturbo da accumulo, per cui non chiedono o rifiutano il trattamento, che in genere è comunque molto lungo.

Focus a cura di Giuseppe Lavenia, Vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi delle Marche

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