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Smog e Covid: l’inquinamento fa raddoppiare le morti

no studio anglo-italiano conferma statisticamente quello che già in molti pensavano: la qualità dell'aria ha molto a che fare con i tassi di mortalità

Lo smog è tra i principali nemici della salute umana, tanto che le principali istituzioni sanitarie lo considerano una delle minacce più importanti. Nel mondo muoiono 7.000.000 di persone ogni anno, solo in Italia quasi 80.000. Non sorprendono quindi i dati del nuovo studio condotto da ricercatori italiani e inglesi che confermano statisticamente che più è elevata e prolungata nel tempo l’esposizione alle polveri sottili, più è alto il rischio che i nostri polmoni si ammalino più gravemente. Questo vale ovviamente anche per Covid-19, ma sono davvero tante le malattie provocate dall’esposizione all’inquinamento ambientale. Già diverse ricerche sul legame tra smog e Covid avevano evidenziato come il particolato sia particolarmente pericoloso per la diffusione del coronavirus. Ci sarebbe anche questa condizione ad aver favorito l’esplosione della pandemia nelle aree più inquinate del nostro Paese.

Smog e Covid: la nuova ricerca svolta tra Italia e Gran Bretagna 

Il nuovo studio è stato condotto da Leonardo Becchetti con Gianluigi Conzo, entrambi professori all’Università di Roma Tor Vergata. Insieme a loro Pierluigi Conzo, docente dell’Università di Torino e Francesco Salustri, del Centro di ricerca sull’economia della salute dell’Università di Oxford.

Gruppo San Donato

I ricercatori in forza alle tre università hanno portato a termine il più esaustivo studio italiano fin qui realizzato sul legame tra smog e Covid-19. Il team di lavoro ha messo sotto osservazione le informazioni relative ai decessi e ai contagi quotidiani di tutte le province e di tutti i comuni italiani. Il gruppo di lavoro ha analizzato questi dati inserendoli in un sistema che prendeva in esame tre fattori principali:

  1. le misure di confinamento;
  2. i livelli di inquinamento dell’aria con una particolare attenzione alle polveri sottili e al biossido di azoto;
  3. le diverse tipologie delle strutture produttive locali, in particolare le attività non digitalizzabili, che anche nel momento della chiusura totale sono comunque rimaste aperte.

Smog e Covid: le aree più inquinate hanno molti più decessi 

I risultati dello studio hanno evidenziato lo stretto legame tra aree inquinate e morti per Covid-19. “Le nostre stime indicano che la differenza tra province più esposte a polveri sottili (in Lombardia) e meno esposte (in Sardegna) è di circa 1.200 casi e 600 morti in un mese, un dato che implicherebbe il raddoppio della mortalità” – ha spiegato Leonardo Becchetti in un’intervista al quotidiano La Stampa.

Lo studio non spiega quali sono le cause precise

I ricercatori hanno spiegato che i loro dati hanno solo natura statistica, nel senso che lo studio non spiega perché questo avvenga. “Esistono centinaia di studi medico-scientifici che in passato hanno sottolineato come le polveri riducono l’efficienza dei polmoni. In questo modo aumentano i rischi e peggiorando gli esiti delle malattie polmonari, cardiovascolari e dei tumori. Covid-19 è una malattia respiratoria e polmonare e il nostro studio trova un’associazione statistica molto significativa tra inquinamento, contagi e gravità degli esiti del Covid-19” ha aggiunto Becchetti.

Smog e Covid: cosa fare ora per far ripartire l’economia e non far aumentare l’inquinamento?

Cosa fare quindi per riuscire a coniugare il tentativo di ripresa economica e la necessità di limitare le fonti di inquinamento? Becchetti suggerisce di scegliere “una ripresa resiliente e sostenibile, intervenendo su settori come l’economia circolare, la mobilità sostenibile, l’efficientamento energetico, la digitalizzazione e la dematerializzazione”. Con la decarbonizzazione dell’industria, del sistema energetico, della mobilità e dell’edilizia potremmo incidere sul 90% dell’inquinamento. “Per questo bisogna sostenere gli investimenti verdi, con una strategia che punti contemporaneamente sulla creazione di valore economico e sul lavoro, ma anche sulla salute e sull’ambiente”, conclude Becchetti.

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