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Pensare positivo a volte non aiuta

Testo di Giuliana Proietti, psicologa e psicoterapeuta, blogger di IL SESSO E L’AMORE Non sempre pensare positivo fa bene. Una possibile spiegazione è che avere un pensiero troppo idealizzato, troppo roseo, toglie linfa alla motivazione: questi sono almeno i risultati di uno studio pubblicato all'inizio di quest'anno sul Journal of Experimental Social Psychology.

Testo di Giuliana Proietti,
psicologa e psicoterapeuta,
blogger di IL SESSO E L’AMORE

Non sempre pensare positivo fa bene. Una possibile spiegazione è che avere un pensiero troppo idealizzato, troppo roseo, toglie linfa alla motivazione: questi sono almeno i risultati di uno studio pubblicato all’inizio di quest’anno sul Journal of Experimental Social Psychology.

Gruppo San Donato

Alcuni ricercatori hanno chiesto a dei volontari, tutti studenti di college, di immaginare un’esperienza positiva (sentirsi attraenti in un paio di scarpe col tacco alto, vincere un concorso, o ottenere un bel voto in un compito in classe) e poi valutare gli effetti della fantasia su ciò che è successo nella realtà.

Si è visto così che quando i partecipanti avevano previsto l’esito positivo della loro prova, i loro livelli di energia, come misurato dalla pressione del sangue, sono scesi, ed essi hanno riferito di avere avuto un’esperienza peggiore nell’evento reale rispetto a coloro che aveva evocato visioni più realistiche o addirittura negative.

Quando si fantastica qualcosa di molto positivo, è come se nella realtà lo si stesse vivendo, ha detto Heather Barry Kappes della New York University, uno dei co-autori di questo studio. Questo può far pensare alla mente che l’obiettivo è stato raggiunto e quindi diminuisce l’incentivo a lottare per guadagnarselo. Molto meglio sarebbe pensare a come superare gli ostacoli, piuttosto che ignorarli del tutto, dicono ancora i ricercatori.

L’approccio può valere anche per lo sport. Un rapporto pubblicato nel numero di luglio di Perspectives on Psychological Findings suggerisce che è meglio raffigurarsi tutti i dettagli di un’attività sportiva piuttosto che un risultato finale ottimale. Ok il pensiero positivo dunque, ma non dimenticate le istruzioni ricevute, dice l’autore Antonis Hatzigeorgiadis, dell’Università della Tessaglia in Grecia.

Vorrei aggiungere a questa ricerca che non dobbiamo dimenticare che l’ansia non è necessariamente una cosa cattiva nella nostra vita: provare ansia significa attivare il nostro organismo, sia dal punto di vista fisico che cognitivo. L’ansia ci permette di essere più vigili, di reagire con maggiore velocità, di prestare maggiore attenzione ai dettagli. In vista di un evento difficile, è l’ansia a darci la forza per affrontarlo al meglio.

Il problema è che, per molte persone, l’ansia diventa patologica, in quanto esse vivono uno stato di continua eccitazione dell’organismo, che le spinge a diventare sensibilissime a qualsiasi sollecitazione proveniente dall’ambiente. È a queste persone che fa bene il pensiero positivo, per aiutarle a tenere meglio sotto controllo l’ansia in eccesso e riuscire ad avere meno timore degli eventi che devono affrontare. Naturalmente, nessun pensiero positivo può permettere alla persona di fare a meno di imparare ciò che c’è da imparare per superare le prove: nello sport, come nella vita.
Giuliana Proietti

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