NewsPersonaggi

Jasmine Paolini: «L’autostima si allena con le parole»

Campionessa di tennis di livello mondiale, nonostante la sua altezza, che per molti era un problema insuperabile. Lei invece ha fatto ace

Jasmine Paolini ha 29 anni e occupa con orgoglio il quarto posto del ranking mondiale del tennis femminile. Alle sue colleghe non ha nulla da invidiare, se non diversi centimetri di altezza (Jasmine è alta 1,58 cm), un suo tratto distintivo che tutti, fin dai suoi esordi nei tornei giovanili, non hanno mai mancato di farle notare.

Jasmine Paolini non si è fatta fermare dai giudizi fisici

Spinta dal piacere dello sport e focalizzata sulle sue capacità più che sul suo aspetto, la Paolini ha dato ai giudizi e alle provocazioni il peso che meritavano, ma non tutte le ragazze, specialmente in adolescenza, sono capaci di tanta determinazione.

Molte ragazze soffrono nello sport per i giudizi

Ce lo raccontano i numeri della campagna che Dove ha lanciato al fianco della giovane tennista toscana, secondo cui due ragazze su tre tra i 13 e i 17 anni abbandonano l’attività sportiva per mancanza di fiducia nel proprio corpo, spesso innescata da critiche o commenti all’apparenza innocui (per chi li pronuncia) nei confronti del loro aspetto fisico.

I dati italiani, rilevati da AstraRicerche, evidenziano che il 43% delle ragazze si è sentita dire che non è adatta a praticare sport, il 42% è stata trattata come oggetto durante allenamenti o competizioni.

«Quando mi hanno presentato i dati del progetto sono rimasta allibita», ci racconta Jasmine Paolini, che abbiamo incontrato a Roma, al Circolo Montecitorio, a pochi passi dal Foro Italico nei giorni precedenti agli Internazionali d’Italia. «Non pensavo che così tante ragazze abbandonassero per questo motivo. Forse perché spesso noi donne tendiamo a nasconderci, diciamo “non ho più voglia” o “non ho più tempo”, invece che spiegare che il nostro allenatore ci ha offese o che non ci sentiamo a nostro agio in campo con uno slip o una gonna corta».

Il ruolo di allenatori e insegnanti

Il riferimento ai coach non è casuale. Sono proprio allenatori e insegnanti di educazione fisica, sottolineano i dati, a rivestire un ruolo cardinale nel rapporto delle ragazze con lo sport: nel 70% dei casi sono decisivi nella scelta di smettere o continuare la disciplina.

Jasmine Paolini, le tue prime esperienze nei tornei di tennis iniziano a 15 anni. Che ricordi hai di quel periodo?

«Tanti e positivi. Anche se ovviamente il mio corpo stava cambiando e lo notavo. Soprattutto in spogliatoio, durante le prime docce condivise, in cui osservavo le mie colleghe e avversarie coetanee. In questo senso lo sport è sia di aiuto che di ostacolo, ma una volta che lo affronti ti senti meglio perché capisci che siamo tutte diverse e quindi uguali, in trasformazione».

Ti è mai capitato di vivere momenti di incertezza legati al tuo aspetto e non alle tue effettive capacità atletiche?

«In tante interviste, fin dall’inizio, mi sono sentita chiedere se la mia altezza rappresentasse un ostacolo. Io ho sempre cercato di avere uno sguardo più ampio e proseguire dritta per la mia strada. Mi sono sempre detta “vedremo”. Ovvio, sentirti parlare in quel modo un po’ di dubbi me li ha creati, anche perché tutti tendiamo a essere ipercritici nei confronti del nostro corpo e di noi stessi, e io so benissimo che rispetto alla media delle mie avversarie sono sempre stata più piccola. La consapevolezza, che non si è mai trasformata in incertezza, mi ha permesso però di accettarlo e di concentrarmi su altri miei punti di forza, come la velocità e la rapidità».

Quanto aiuta l’altezza nel tennis?

«È una caratteristica fisica che agevola il gioco perché permette servizi più alti e potenti, ma non è imprescindibile. E io ne sono la dimostrazione. A volte mi è capitato di pensare che se fossi stata più alta magari alcune cose sarebbero state più facili, ma cerco anche di dirmi: magari no. Ho altre qualità e mi soffermo su quelle».

La capacità di andare oltre i giudizi l’hai acquisita con il tempo?

«È un aspetto del mio carattere. Mi rendo conto che non tutti ci riescono, soprattutto in un’età di incertezza e di cambiamento come l’adolescenza. Però possiamo allenarla, come alleniamo il nostro fisico. Dobbiamo esercitare l’autostima con le parole. Ogni giorno deve essere un parlarsi bene».

Che rapporto hai avuto con i tuoi allenatori all’inizio della tua carriera?

«Ho cominciato i primi allenamenti con due ragazze, figlie del mio maestro, quindi sono cresciuta in un ambiente sano e sicuro. Sono stata abbastanza fortunata, lo dico sempre. Ho incontrato le persone giuste, sia nel modo in cui mi parlavano, sia nel modo in cui mi insegnavano. Ma se non si ha la mia stessa fortuna, si può e si deve lavorare e parlare con insegnanti e maestri, facendo capire loro quando e se sbagliano. Non dobbiamo subire o accettare in silenzio. Un coach può fare un commento infelice e giudicante alla fine di un allenamento, magari per scherzo, e poi dimenticarselo, mentre noi ce lo ricorderemo per tutta la vita. È importante che chi riveste un ruolo educativo così cardinale impari a pesare le parole. Non può mai sapere quanto incidano su quella ragazza o su quel ragazzo. Soprattutto in una fase delicata come l’adolescenza».

Oltre alle parole, anche l’abbigliamento sportivo è fonte di disagio. A che punto è il tennis secondo Jasmine Paolini?

«La Wta (l’organizzazione del tennis femminile professionistico, ndr) ha fatto grandi passi avanti. Anni fa non si poteva giocare con i leggins, mentre oggi è possibile, e anche a Wimbledon, in cui vigeva un tassativo dress code bianco, da due-tre anni si può indossare un pantaloncino anche nero sotto la gonna, agevolando le ragazze nei giorni del ciclo».

Certi sport si possono davvero praticare solo se si ha un determinato fisico? Cosa ne pensa Jasmine Paolini?

«Il limite lo dovrebbe capire proprio l’allenatore. E io credo che stia nella salute mentale del proprio atleta, che forse deve venire anche prima di quella fisica. O comunque andare di pari passo. Io farei fatica, se fossi un coach, a fare ulteriori pressioni, se mi accorgessi che la mia o il mio atleta non sta bene con le proprie abitudini o con il proprio corpo. Perché magari ci si guarda allo specchio e ci si vede in forma e prestanti, ma mentalmente si è distrutti per la fatica che si fa a mantenere quel peso. Un atleta va sostenuto nelle difficoltà e riconosciuto nel suo sforzo».

Come si deve reagire se qualcuno ci dice “Il tuo corpo non è adatto a praticare questo sport?”

«Fate quello in cui credete. Io ho messo da parte i dubbi relativi alla mia altezza perché fin da subito il tennis mi faceva sentire abile e questo rafforzava la mia autostima. Ho ricevuto tante critiche, ma ho trovato la mia leva. Che sia la passione, il piacere, il gioco: trovate la vostra e non mollatela».

Leggi anche…

None found

Mostra di più

Giulia Masoero Regis

Giornalista pubblicista, collabora con OK Salute e Benessere, sito e giornale, e altre testate di divulgazione scientifica. Laureata in Scienze Politiche, Economiche e Sociali all'Università degli Studi di Milano, nel 2017 ha vinto il Premio Giornalistico SID – Società Italiana di Diabetologia “Il diabete sui media”; nel 2018 il Premio DivulgScience nel corso della XII edizione di NutriMI – Forum di Nutrizione Pratica e nel 2021 il Premio giornalistico Lattendibile, di Assolatte, nella Categoria "Salute". Dal 2023 fa parte del comitato scientifico dell’associazione Telefono Amico Italia.
Pulsante per tornare all'inizio