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Il lavoro da casa penalizza i legami e l’innovazione

Secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature Computational Science, l'assenza dall'ufficio ha ridotto gli incontri casuali e le comunicazioni tra i lavoratori, fondamentali per generare il flusso e lo scambio di idee

Molte persone l’hanno sperimentato in prima persona. Il lavoro da casa, rispetto a quello in ufficio, rende più difficile coltivare le relazioni. Magari non quelle con i colleghi che anche da remoto si sentono tutti i giorni, ma piuttosto quelle occasionali, che nascono vivendo l’ufficio, con persone che non lavorano direttamente nello stesso team o allo stesso progetto, ma da cui possono nascere comunque spunti interessanti. Secondo uno studio pubblicato sulla rivista scientifica, Nature Computational Science, i ricercatori che hanno lavorato da remoto tra il 2020 e il 2021 hanno avuto difficoltà a stabilire nuovi contatti al di fuori del proprio gruppo di lavoro ristretto. Contatti che stimolano lo scambio di idee e l’innovazione.

Lo studio è iniziato alla fine del 2019 dal gruppo di ricerca del Senseable City Lab (Scl) del Massachussets Institute of Technology (Mit). Il team ha analizzato gli scambi di e-mail tra i ricercatori del Mit rilevando che con l’arrivo della pandemia nel marzo 2020 tutto è cambiato: l’intero personale del centro di ricerca si è ritrovato, come gran parte delle persone nel resto del mondo, a lavorare da casa, lontano dai propri colleghi, per molti mesi. Per indagare cosa si stava perdendo con questa nuova modalità di lavoro, gli scienziati del Scl hanno deciso quindi di analizzare i flussi di posta elettronica di 2.834 docenti e ricercatori che lavorano in più di cento dipartimenti e laboratori di ricerca del Mit, tra il 26 dicembre 2019 e il 15 luglio 2021.

Gruppo San Donato

Legami forti e deboli tra colleghi

Dallo studio è emersa l’importanza di due concetti: «legami forti» e «legami deboli» tra colleghi, definizioni nate nel 1973 dal sociologo americano Mark Granovetter. I primi uniscono gruppi di persone che lavorano in stretta interazione e formano di fatto un circuito chiuso. I secondi, invece, si stabiliscono tra membri singoli di gruppi diversi, con frequenza più irregolare. È proprio tra questi ultimi, però, che nascono gli scambi di idee più proficui, stimolando l’innovazione. Ed è proprio questi ultimi che il lavoro da casa ha penalizzato.

Il lavoro da casa e la perdita di legami deboli

I risultati principali dello studio dimostrano che l’istituzione di un regime totale di lavoro da casa, quindi a distanza, a partire dal 23 marzo 2020 ha causato un calo del 38,7 % del numero di nuovi legami deboli formati tra i colleghi. Con un impatto cumulativo nel tempo. Nei 18 mesi presi in analisi dallo studio questo calo iniziale è equivalso a una perdita prevista di oltre 5.100 nuovi legami deboli. Quasi due a persona.

Ma non solo. Lo studio rileva anche che le cosiddette «ego networks», ossia le reti di contatto e scambio che sono proprie di ciascun individuo, sono diventate via via più stagnanti nel corso dei mesi di lavoro lontani dall’ufficio. Venendo a mancare i legami deboli si è intensificata la connessione tra i legami forti. In conclusione, i ricercatori hanno continuato a comunicare molto, ma solo con le persone con cui avevano già collaborazioni aperte.

Il pensiero di gruppo

C’è poi un altro fattore che potrebbe far leggere questi dati in modo doppiamente preoccupante: non soltanto ridurre il numero delle connessioni tra gruppi diversi diminuisce lo scambio di informazioni, la possibilità di un approccio interdisciplinare e la condivisione e la nascita di nuove idee. Il rafforzamento delle comunicazioni e interazioni tra persone che già fanno parte di un gruppo strutturato alla lunga potrebbe portare anche al cosiddetto groupthink, cioè il pensiero di gruppo. Una patologia sociale che omologa le idee e le opinioni, anestetizza il conflitto, spegne le differenze tra i punti di vista e la creatività individuale.

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