Le vostre storie

«Zoppicavo, sono rinato in una camera iperbarica»

Mio figlio mi diceva: «Papà, te la senti di venire in bicicletta? Dài, papà, fermiamoci, mi sembri stanco». Ma sapete che a un certo punto avevo quasi l’impressione che fosse diventato un po’ mio padre? Aveva solo quattro anni, ma continuava a preoccuparsi per me. Questo suo papà Gambadilegno che camminava tutto sbilenco e non per farlo ridere. Io sono rappresentante, incontro sempre tante persone e ogni volta che scendevo dalla macchina, con difficoltà, notavo gli sguardi della gente sulla mia gamba sinistra. Che, fino a sei anni fa, faceva il suo dovere al pari della destra ed era normalissima, come normalissima era la mia vita: sana, tranquilla, un po’ di sport da ragazzo ma senza mai sbattermi troppo. Finché, a 38 anni ho cominciato ad avvertire dei dolorini che mi attraversavano la coscia sinistra. Robetta da nulla, mancherebbe che uno facesse caso anche ai dolorini.

Mio figlio mi diceva: «Papà, te la senti di venire in bicicletta? Dài, papà, fermiamoci, mi sembri stanco». Ma sapete che a un certo punto avevo quasi l’impressione che fosse diventato un po’ mio padre? Aveva solo quattro anni, ma continuava a preoccuparsi per me. Questo suo papà Gambadilegno che camminava tutto sbilenco e non per farlo ridere. Io sono rappresentante, incontro sempre tante persone e ogni volta che scendevo dalla macchina, con difficoltà, notavo gli sguardi della gente sulla mia gamba sinistra. Che, fino a sei anni fa, faceva il suo dovere al pari della destra ed era normalissima, come normalissima era la mia vita: sana, tranquilla, un po’ di sport da ragazzo ma senza mai sbattermi troppo. Finché, a 38 anni ho cominciato ad avvertire dei dolorini che mi attraversavano la coscia sinistra. Robetta da nulla, mancherebbe che uno facesse caso anche ai dolorini.

Nel tempo, però, sono continuati. Alla fine mi sono deciso a fare una radiografia. E ho scoperto che a sinistra l’osso dell’anca era più piccolo e più consumato, forse per un virus, forse per una fragilità congenita. Ma tutto finiva lì. Invece, tutto è iniziato da lì. Con un osteopata, che, sventolando la mia radiografia, ha detto: «Eh, tra vent’anni per quest’anca ci vorrà una protesi. Intanto faccia…». Intanto ho fatto, nel tempo: chinesiologia a 100 euro l’ora, sedute di pranoterapia, massaggi alla schiena (tutto il ciclo, 500 euro), radaterapia, osteopatia (70 euro a visita). Risultati, zero.

Gruppo San Donato

Dopo ben tre anni trascorsi in questo modo, sono approdato all’agopuntura, l’unica cura che, per un po’, mi ha alleviato il dolore. Per un po’. Poi le fitte hanno ricominciato a inseguirmi di nuovo e io, per sfuggirle, non potendo correre mi sono messo a camminare storto e zoppo. Di fatto, ho iniziato a pensare a me stesso come a una persona con un handicap.

A luglio del 2010 un ortopedico, che ho avuto il piacere di consultare per 16 minuti, giusto il tempo di lasciargli 90 euro sulla scrivania, leggendo il referto di una nuova radiografia e di una risonanza magnetica, mi ha suggerito di mettermi in nota per una protesi. Chiedo allora il parere di un altro specialista, che conferma la prognosi infausta per la mia anca sinistra. L’intervento andava senz’altro fatto, se non subito comunque nel giro di cinque anni. Potevo, ha aggiunto, provare per scrupolo a effettuare un paio di cicli di camera iperbarica.

Finito (e sfinito) alla camera iperbarica di Brescia, la mia città, finalmente ho cominciato a vedere la luce in fondo al tunnel. Rappresentata da Renato Moroni (chiedigli un consulto), il responsabile della struttura, che si è messo a ridere quando gli ho parlato di protesi. Secondo lui, infatti, il mio non era affatto un problema così grave e si poteva tranquillamente curare. E così è stato: ci sono volute ben 48 sedute di camera iperbarica e, purtroppo, altri 500 euro, ma adesso sto bene e cammino bene.

Magari non corro, ma non ho più dolore e non zoppico più. E ora cerco di dare un senso alla mia odissea mettendo in guardia gli altri. Con un messaggio. Anzi, due. Primo: i medici competenti e professionali ci sono, basta cercarli. Secondo: non arrendetevi senza combattere. Per farsi mettere i ferri (e una protesi) addosso, c’è sempre tempo.

Claudio Masneri, 44 anni, Brescia
(testimonianza raccolta da Paola Tiscornia) 

 

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