Disabili

Urlare con rabbia per essere visti

Ciao Simone sono capitata per caso nel tuo blog sulla scia di una Zigulì, stanca di sentire le anime belle che parlano del dono di un figlio disabile, di arricchimento spirituale, di incomprensione nei confronti del padre che scrive in modo non politicamente corretto sul figlio. Non è una questione di essere mezzo disabile o disabile intero. Questa distinzione vale solo per i tagliandi Handicappati (se non cammini lo hai, se cammini te lo scordi) perché il disabile qualunque sia la sua limitazione è sempre disabile.

Ciao Simone

sono capitata per caso nel tuo blog sulla scia di una Zigulì, stanca di sentire le anime belle che parlano del dono di un figlio disabile, di arricchimento spirituale, di incomprensione nei confronti del padre che scrive in modo non politicamente corretto sul figlio. Non è una questione di essere mezzo disabile o disabile intero. Questa distinzione vale solo per i tagliandi Handicappati (se non cammini lo hai, se cammini te lo scordi) perché il disabile qualunque sia la sua limitazione è sempre disabile.

Gruppo San Donato

Limitazioni specifiche ci sono dal punto di vista giudiziario o professionale e stò parlando di interdetti, centralinisti ciechi e tutte le altre belle categorie che la nostra società si è inventata per gestire in qualche modo quello che una volta era il soldato di ventura sciancato che chiedeva l’elemosina sul sagrato delle chiese o lo scemo del villaggio.

Ciò chiarito ogni persona ha il diritto di essere pienamente convinta che la sua disabilità è la più pesante di tutti. Anche tra noi madri ogni tanto facciamo paragoni: la mia carissima amica Marisa invidia il fatto che il mio Alessandro parli. Lei sentì la voce di sua figlia per l’ultima volta nel 1999 (aveva due anni e mezzo) e da allora stà aspettando. Io invidio Benedetta perché a scuola non ha bisogno del computer e ci vede bene e il mio Alessandro no. All’inizio l’invidia è forte poi, poi, poi ti passa perché capisci che siccome sei rifiutato dalla tribù dei normali ti conviene andare d’accordo e godere del sostegno della sotto-Tribù dei disabili. (Non parlatemi di razzismo, è così e punto!).

E, visto che i disabili e le loro madri non hanno niente da fare, si fanno pure le pernacchie mentali con i se e con i ma. Cominciò mio marito dicendo «e se non avessimo fatto figli?», ha continuato Marisa, Piero, Margherita e i tanti altri uomini e donne della mia sotto-Tribù. Tutti carini a dire questo ma mai ho sentito alcuno dire: ma se Adolf Hitler non fosse venuto al mondo? e se Sabin non avesse inventato il vaccino? Ora basta qui con le pernacchie mentali e andiamo al sodo.

La domanda “perché proprio a me” è una domanda a cui tentarono di rispondere i Greci inventandosi 3 laide vecchie che tessevano i fili della vita, hanno continuato gli abitanti del subcontinente indiano parlando di Karma (qualcosa tipo le disgrazie te le meriti per pagare le colpe della vita precedente) e poi ha continuato Santa Madre Chiesa parlando dell’amore di dio per le creature (cavolo che amore!) e le prove che lui richiede ma insomma poi ti da il paradiso se sopporti e ti rassegni. Ma di fatto è una domanda a cui non c’è risposta per cui qualche anima bella ha pensato bene di rigirare la frittata.

E quale è questa frittata? Che la domanda dovrebbe essere «E perché non doveva succedere proprio a me?» Carina vero? Certo! perché la risposta metterebbe in luce la vera bassezza dell’anima umana e la sua pretesa di essere invulnerabile: «che capiti a tutti meno che a me» con tutte le variazioni del caso tra cui la famosa «Ah!! non so come fai, io al tuo posto non ce la farei, mi sarei uccisa…»

Bene ora passiamo alle cose più serie e cioè alla rabbia e per la precisione alla mia rabbia. La rabbia di quello che è successo a un figlio nato sano per colpa di due … Un giorno ho urlato contro una donna che ha occupato il parcheggio H per “un minutino” mentre avevo una dannata necessità di parcheggiare e correre a casa per cambiare mio figlio con il pannolino pieno di buona e puzzolente roba solida. Il silenzio è sceso per la strada, i commercianti e i clienti tutti sulla soglia dei negozi, muti. Mi sono sentita poi meravigliosamente bene perché sfogare la rabbia fa bene alla salute e diminuisce il rischio di cancro più dello smettere di fumare. La sera il mio augusto consorte si meravigliò che gli sembravo così allegra e tonica.

WOW Allora ho capito che la rabbia mi avrebbe dato tanti privilegi perché la rabbia non è punibile, la rabbia è la voce della coscienza di tutti, la rabbia fa riflettere la tribu dei normali, la rabbia è la vita di noi della sotto-Tribù, la rabbia ti permette di fare e ti da la libertà di fare e di dire quello che in circostanze normali non puoi o non devi fare altrimenti c’è la punizione sociale. A ottobre 2010 un furgoncino in seconda fila mi bloccò l’uscita della mia macchina e avevo fretta perché dovevo correre alla ASL per la visita della 104. Chiedi nei negozi, chiama i vigili urbani tutto inutile. Sbattei Ale in carrozzina in mezzo alla strada bloccando il traffico.

Il blocco si estese fino alle vie vicine tra cui la via del Quirinale e quindi si precipitarono due carabinieri a vedere che era successo. Nel frattempo il gelataio aveva offerto ad Ale un gelato gratis, un bambino sano si avvicinò per parlargli mentre la madre carezzava la mano di Ale e i due carabinieri tramite certa attrezzatura sofisticata (ma i soldi per la benzina delle pattuglie?) avevano individuato a tempo record il proprietario del furgone e il suo cellulare. E’ stato bellissimo creare casino, mostrare la vulnerabilità di una città, mettere tutti di fronte alle responsabilità del loro menefreghismo. Ma il divertimento più grosso fu quello di mio figlio «Quando lo rifacciamo casino? Sai quel gelato era buono e quel bambino è amico di un mio compagno di scuola, mi ha invitato alla sua festa ecco il cartoncino». A scuola non lo invitano mai alle feste, che fosse la volta buona? Forse un atto di rabbia ha migliorato la vita di mio figlio.

Queen Ann

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