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Giulia Elettra Gorietti: «Le mie paure da futura mamma»

«L’arrivo di una figlia è il momento più felice della vita, ma durante la gravidanza ci sono anche aspetti meno piacevoli, come quando ti assale il timore di vederti circoscritta da lì in poi a un unico ruolo: non più persona che lavora e donna con la sua sensualità, ma solo madre»

«Le mie paure da futura mamma». L’attrice Giulia Elettra Gorietti ripercorre su OK Salute e Benessere i nove mesi di gravidanza, un periodo meraviglioso al termine del quale è nata la sua adorata Violante, ma non privo di aspetti meno piacevoli, che spesso, però, le donne hanno paura a esternare. Ecco il suo racconto.  

Giulia Elettra Gorietti racconta le sue paure da futura mamma

Il 18 giugno 2018 è stato il giorno più bello della mia vita: ho dato alla luce mia figlia Violante. Avevo da tempo il desiderio di diventare mamma, però volevo aspettare l’uomo giusto, il grande amore. E con Pietro tutto questo si è avverato. Ma la gravidanza e il periodo immediatamente successivo al parto non sono solo ed esclusivamente un periodo di felicità, quella che, assieme al futuro papà e alla tua famiglia, provi quando senti tua figlia muoversi nel pancione, immagini il volto che avrà o inizi a preparare la casa, il «nido», per quando arriverà la piccolina. No, ci sono anche aspetti, fisici e mentali, molto meno piacevoli. Da un lato bisogna fare i conti con i cambiamenti del nostro corpo, che spesso ci fanno sentire meno belle e desiderabili, dall’altro con le paure che ci assalgono. Quella di non essere all’altezza come madre, perché non è vero che noi donne nasciamo «imparate» per quanto riguarda la crescita di un figlio, e quella sulla capacità di mantenere intatta la propria identità nel futuro, perché il ruolo di mamma non soffochi gli altri aspetti della personalità. Una madre felice e realizzata è il miglior esempio per un figlio.

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Giulia Elettra Gorietti: «È sbagliato tenersi dentro le ansie»

Ecco, a un certo punto nella mia immensa felicità per l’arrivo di Violante si faceva largo un sentimento di paura. La paura di vedere circoscritta la mia vita da lì in poi a un unico ruolo: quello di mamma. Non più una persona che lavora. Non più una donna con la sua carica di sensualità. Quando sei in dolce attesa, la maggior parte degli uomini ti vede solo come una «fattrice di figli». La domanda da parte maschile che più mi fa innervosire è: «Quando fai il secondo?». Il loro ragionamento è: meglio darle subito un fratellino o una sorellina così che non vi sia troppa differenza di età. Io ho impiegato quasi due anni per riorganizzare la mia vita tra privato e lavoro e, ora che sono appena tornata alla normalità, volete che riparta da capo?

In Italia domina ancora la cultura maschilista

Pensate anche che in Italia le madri non sono assistite dalle istituzioni come in altri Paesi, perciò non possiamo permetterci di prenderci pause troppo lunghe da un lavoro che, a volte, ci taglia fuori già solo perché siamo donne. Figuriamoci, poi, siamo donne e madri… Questa visione distorta della donna in gravidanza che deve essere sempre costantemente felice è frutto della cultura maschilista ancora dominante in Italia e in altri Paesi, radicata anche in noi donne fin da piccole e che, per esempio, arriva anche a farci sentire in colpa se vogliamo avere una carriera professionale soddisfacente invece che starcene in casa. O se, appunto, esterniamo i disagi e i momenti di sconforto mentre aspettiamo un figlio.

La psicoterapia su consiglio di mia mamma

Tenersi tutto dentro, però, è sbagliato, rischia di portare alla depressione. Io avevo momenti di preoccupazione e, appunto, paura, perciò, dopo qualche titubanza, mi sono rivolta alla psicoterapia. «Ti pare che debba andare da uno psicologo nel momento più bello della mia vita? Allora non sono una brave madre», si riaffacciava prepotente in me il solito senso di colpa. A spronarmi a prendere l’appuntamento è stata proprio una mamma. La mia. Mi disse che uno specialista mi avrebbe fatto capire come le mie difficoltà fossero naturali e proprie di tutte le donne nelle mie condizioni. E così andò: due sedute furono sufficienti per farmi stare meglio. Tre mesi dopo la nascita di Violante andai tre giorni, per lavoro, alla Mostra del cinema di Venezia, lasciando la piccola con Pietro, mia mamma e una tata. Fu una sofferenza, ma ritenevo giusto riprendere coscienza della mia vita nella sua interezza.

Giulia Elettra Gorietti: «Il secondo e terzo mese tremendi per le nausee»

Il primo mese di gravidanza era stato stupendo: mi vedevo molto più bella, ero super energica, sprizzavo gioia parlando con le altre persone perché sapevo di avere Violante dentro di me. Poi, però, è sopraggiunta una serie di cambiamenti che hanno alimentato le mie preoccupazioni. Intanto, io romana de Roma, andai a vivere in un’altra città, Benevento, nella cui locale squadra di calcio all’epoca giocava Pietro. Non potevo condividere più condividere il momento dell’attesa con le donne della mia vita: mia madre, mia sorella, mia nonna, le mie amiche. Poi, iniziai ad andare in ansia per il futuro del mio lavoro di attrice, tanto che tenevo segreta la notizia della gravidanza. Avevo già dovuto rinunciare a un film al quale tenevo tantissimo e, se è vero che ho avuto persone che mi sono state davvero vicine, è altrettanto vero che nello spettacolo, quando rimani incinta in un momento importante della tua carriera, ti guardano come se fossi impazzita e tu inizi a provare l’ennesimo senso di colpa: «Ho sbagliato ad aver voluto una figlia?». Soprattutto, arrivarono le prime nausee. Il secondo e terzo mese sono stati tremendi: vomitavo ogni minuto, stavo malissimo, tanto che ho dovuto ricorrere a flebo. Unica gioia: aver scoperto che avrei avuto una femmina. Era il mio sogno, piansi per la contentezza.

Il peso mentale di quei 16 chili in più

Al quarto mese iniziai a riprendermi psicologicamente e mi dedicai alla promozione di due film, Sconnessi e Manuel, mentre nel quinto la mia attesa divenne ufficiale, togliendomi dalle spalle un pesante fardello: finalmente potevo condividere la mia gioia con il mondo intero. Al settimo mese, però, cominciai a vedermi tonda. Troppo tonda. L’aver messo su 16 chili – non mi ero fatta mancare niente per coccolarmi – mi provocò una sensazione d’inadeguatezza, acuita dal guardare le foto sui social delle mie colleghe, sensuali e in formissima, e di quelle neo mamme che sembravano tornate più magre di prima. In più ci si era messa anche la poca sensibilità maschile, con il pur dolcissimo Pietro che, scherzando, mi prendeva in giro. So bene che lo faceva in maniera affettuosa, ma in quel momento io recepivo solo il messaggio negativo. Ho iniziato a non sentirmi più moglie, amante e amica e ad avere la paura, ridicola con il senno di poi, che il mio uomo guardasse altre donne. E allora facevo ogni sforzo per vestirmi sempre sexy ed entrare negli abiti vecchi e ormai stretti. Oggi, a ripensarci, mi viene da sorridere, ma la verità è che noi donne non siamo preparate a questi cambiamenti e, con gli ormoni impazziti, la poca sensibilità di questo mondo fa davvero male.

In clinica per accorciare i tempi

Sul finire della gravidanza, siccome Violante era alta e pesante, ricomparvero i problemi di nausea e vomito. Ero stressata, passavo notti agitate col terrore di schiacciare la creatura. Così il ginecologo mi consigliò di rivolgermi a una clinica per accorciare i tempi, senza aspettare il parto naturale che desideravo. Violante è nata tre settimane prima del previsto e, grazie ai suoi 3 chili e 150 grammi, non ha avuto bisogno di essere messa nell’incubatrice (in caso contrario, non avrei anticipato i tempi). Ero felice di poter conoscere mia figlia e… di poter tornare a respirare.

La ripresa dopo aver cessato l’allattamento al seno

Tenere tra le braccia mia figlia mi rasserenò molto. Non dimenticherò mai lo sguardo mio e di mio marito quando ce la portarono in camera: amore puro, potente. Restava il fatto che dopo il parto il occorre tempo per rimettersi, la pancia deve «rientrare» con calma. In più, tornai a preoccuparmi perché non avevo una gran montata lattea («Sarà perché mangio male?») e dopo due mesi dovetti smettere di allattare, con i sensi di colpa del caso. La prima volta che mi «attaccarono» Violante fu meraviglioso, ma il cessare l’allattamento segnò anche la mia definitiva ripresa. Senza più patemi d’animo per il latte scarso e dolori all’utero contratto potevo godermi appieno la maternità.

Allattamento al seno: tutti i benefici

Un recupero tra fisioterapia, yoga, massaggi drenanti e… Violante

Mi ha anche aiutata l’essermi affidata a un centro romano che segue le donne prima e dopo la gravidanza. Il recupero post-parto, infatti, è delicato e va gestito bene, senza cadere nelle tentazioni – irrazionali seppure comprensibili – di sottoporsi a diete mostruose o alla chirurgia plastica per tornare subito quelle di prima. Il mio percorso ha previsto massaggi linfodrenanti, sedute di yoga, anche con Violante, una breve dieta a base di verdure, pochi carboidrati, frutta e ogni tanto carne. Soprattutto, molta fisioterapia per riportare in asse la colonna vertebrale, messa a dura prova dai 16 chili in più. Tra l’altro, ho scoperto di avere una protrusione. E, poi, a restituirmi definitivamente l’equilibrio, ci ha pensato la mia Violante.

Giulia Elettra Gorietti

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