
Negli ultimi anni si è assistito a un fenomeno preoccupante: il ritorno del tabacco (e della nicotina) tra i più giovani, ma in nuove forme. Non solo sigarette elettroniche e dispositivi a tabacco riscaldato, ma anche prodotti come i “sacchetti di nicotina” (nicotine pouches), piccoli, colorati e aromatizzati, spesso scambiati per innocue caramelle.
Il tutto amplificato da un potente alleato (o nemico?): i social network, che da un lato diffondono modelli estetici e comportamentali che normalizzano il fumo, dall’altro, offrono strumenti per chi cerca di liberarsene.
In questo articolo
Il fumo e i social: un’estetica che seduce
Sui social, soprattutto TikTok e Instagram, non è raro imbattersi in influencer o celebrità che mostrano gesti apparentemente casuali, ma altamente suggestivi: una sigaretta tra le dita, un tiro dalla e-cig, una pausa “cool” tra un contenuto e l’altro.
L’algoritmo fa il resto. Basta interagire con un contenuto legato al fumo per essere inondati da video simili: l’“effetto bolla” che normalizza e alimenta la curiosità. Anche gli hashtag contribuiscono a nascondere o camuffare il tema (#vapelife, #smokebreak), rendendo i contenuti meno intercettabili ma più virali.
Sacchetti di nicotina: cosa sono e perché preoccupano
Ci sono poi delle novità che attirano i giovani. Sembrano caramelle, ma sono dispositivi pensati per rilasciare nicotina direttamente in bocca, tra gengiva e labbro. I nicotine pouches non contengono tabacco, ma sali di nicotina, aromi e altre sostanze.
Il loro consumo è in crescita, soprattutto tra i giovanissimi. Facili da reperire online, attraggono per aspetto e gusto, ma creano una nuova forma di dipendenza, ancora poco regolamentata e scarsamente conosciuta.
Come funzionano?
Vengono posizionati tra gengiva e labbro, dove rilasciano lentamente nicotina attraverso le mucose orali. Non generano fumo né vapore, e proprio per questo sono difficili da rilevare. Non lasciano odori e possono essere utilizzati discretamente in qualsiasi momento della giornata – anche a scuola o sul posto di lavoro.
Perché sono pericolosi?
- Creano dipendenza: la nicotina agisce sul cervello stimolando la produzione di dopamina, la sostanza del “piacere”. Questo meccanismo, ripetuto, rinforza l’abitudine e può generare una dipendenza molto forte.
- Facili da reperire online, spesso senza limiti di età.
- Estetica accattivante: confezioni colorate, gusti alla frutta, marketing pensato per attrarre un pubblico giovane.
- Assenza di regolamentazione chiara: molti di questi prodotti non rientrano nella stessa categoria legale delle sigarette o delle e-cig, quindi sfuggono a restrizioni e controlli.
Secondo la Fondazione Veronesi, “non contenere tabacco non significa essere innocui”, e l’effetto sui giovanissimi – ancora con cervello in formazione – può essere molto più marcato.
La moda dello “svapo”: un gesto socialmente accettato
La maggior parte dei giovani si dedica però allo svapo, ovvero l’uso della sigaretta elettronica, è sempre più diffuso tra adolescenti e giovani adulti. La percezione comune è che sia più sano della sigaretta classica – in parte vero, ma non privo di rischi. Molti scelgono di svapare per motivi estetici:
- Il vapore profumato (alla vaniglia, menta, frutti tropicali) è meno sgradevole del fumo.
- Si può fumare in più contesti, grazie all’assenza di combustione e odori persistenti.
- Il gesto è diventato un accessorio social, come dimostrano i migliaia di video su TikTok e Instagram in cui i creator si esibiscono in “trucchi di fumo” o sfoggiano dispositivi di design.
Questo ha contribuito alla normalizzazione dello svapo: non è più visto come vizio, ma come un’abitudine trendy, innocua e condivisibile. Ma la nicotina resta nicotina, con i suoi effetti sul sistema nervoso e il rischio concreto di portare, nel tempo, al consumo di prodotti più forti.
Quando i social aiutano a smettere di fumare
Per fortuna, il digitale non è solo un veicolo di rischio. I social possono diventare uno strumento prezioso per chi vuole smettere. Esistono community online (su Facebook, Reddit, Telegram) dove gli utenti si sostengono a vicenda, condividendo progressi, difficoltà e consigli utili. Anche le challenge virali (come per esempio #QuitSmokingChallenge) e le testimonianze di ex fumatori stanno guadagnando terreno, ispirando altri a seguire l’esempio. Alcuni influencer, consapevoli del loro impatto, scelgono di parlare apertamente del loro percorso per smettere.
Social e fumo: le app per smettere di fumare
E poi ci sono le app: strumenti pratici per monitorare i progressi, ricevere notifiche motivazionali o calcolare i soldi risparmiati. Addirittura ne esistono alcune che simulano il gesto del fumo, come con l’app “Virtual Cigarette Simulator” (che va dalle pipe alle sigarette), pensata per aiutare a disinnescare il gesto automatico senza danni fisici.
Il lato oscuro: quando i social diventano un trigger
Ma non tutto è positivo. Per chi sta cercando di smettere, i social possono rappresentare un trigger emotivo continuo. Reels, meme, sketch comici o videoclip che normalizzano il fumo possono generare nostalgia o desiderio, rischiando di far ricadere nella dipendenza anche chi aveva già fatto progressi. Il fenomeno della “peer pressure” digitale, cioè la pressione dei pari online, amplifica il bisogno di appartenere a un gruppo, anche attraverso gesti nocivi. Basta un video virale per innescare la curiosità (o la tentazione) anche nei più determinati.
Cosa dicono gli esperti
Secondo psicologi e pneumologi, il fumo non è solo una dipendenza chimica, ma anche una forma di gratificazione sociale. Ogni like o commento positivo ricevuto dopo un post può rinforzare certi comportamenti, anche quelli legati alla nicotina. Il meccanismo del rinforzo sui social funziona come una dipendenza: più ricevi approvazione, più sei portato a ripetere l’azione, anche se dannosa. Per i più giovani, questa gratificazione immediata pesa spesso più dei rischi a lungo termine per la salute.
Le proposte concrete per cambiare rotta
Come possiamo utilizzare gli stessi strumenti digitali per aiutare davvero chi vuole smettere?
Ecco alcune proposte già in atto o facilmente replicabili:
- Campagne social educative: TikTok ha avviato, insieme a enti sanitari internazionali, alcune campagne che promuovono il benessere e avvertono sui rischi del fumo. In Italia, campagne come “Sfumiamo il rischio” (LILT) iniziano a parlare il linguaggio dei giovani, usando video brevi, animazioni e testimonial autentici.
- Iniziative scolastiche digitali: alcune scuole superiori hanno introdotto “laboratori digitali” in cui si analizzano i meccanismi dei social e si insegna a riconoscere i contenuti manipolativi.
- Influencer positivi: creator come Elisa True Crime o Dario Vignali, pur non essendo focalizzati sulla salute, hanno parlato in modo sincero del loro rapporto con il fumo, generando discussioni costruttive tra i follower.
- Partnership tra app e enti sanitari: alcune app per smettere di fumare, come QuitNow! o Smoke Free, collaborano con ospedali e università per offrire programmi personalizzati, in base al tipo di utente.
Di sicuro serve un’educazione digitale più consapevole. Le scuole, le famiglie e le istituzioni devono insegnare a decifrare i contenuti online, riconoscere quelli pericolosi e valorizzare le buone pratiche. Anche i social stessi possono fare la loro parte, con filtri più attenti e campagne informative mirate.
Sensibilizzazione attraverso l’IA contro i rischi del fumo
Una delle chiavi per ridurre il numero di giovani fumatori è sensibilizzarli sui rischi associati al fumo. In questo campo, l’Iintelliegenza artificiale può essere utilizzata per creare campagne di sensibilizzazione più efficaci e personalizzate oltre a intervenire su più fronti: dalla prevenzione, analizzando dati sui social media per identificare soggetti a rischio e creare contenuti educativi personalizzati, alla dissuasione, attraverso esperienze immersive in realtà aumentata e virtuale. Per massimizzare il suo impatto, è fondamentale una sinergia tra tecnologia, ricerca scientifica e salute pubblica.