
Il kiwi verde è il primo frutto fresco a poter vantare un’affermazione salutistica riconosciuta ufficialmente dall’Unione europea. D’ora in poi, sulle confezioni e nella pubblicità, sarà possibile indicare che “il consumo di kiwi verde contribuisce alla normale funzione intestinale aumentando la frequenza delle feci”, a patto che la porzione giornaliera sia di almeno 200 grammi, equivalenti a circa due frutti. In alternativa, alcune comunicazioni preferiscono una formula più morbida: “contribuisce al benessere intestinale favorendo la regolarità quotidiana”. Molte ricerche hanno confermato questa qualità del kiwi verde.
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Solo il kiwi verde e in forma fresca
Questa approvazione riguarda esclusivamente la varietà Actinidia deliciosa Hayward, il kiwi verde più diffuso, e solo se consumato fresco, intero o tagliato. Restano esclusi succhi, trasformati o altri derivati industriali. Non si tratta di un generico messaggio pubblicitario: il claim può essere utilizzato solo se rispettate precise condizioni di consumo, secondo le regole europee, particolarmente restrittive e basate su solide evidenze scientifiche.
Un precedente importante per l’ortofrutta
Il riconoscimento europeo rappresenta un precedente storico per il comparto ortofrutticolo, che fino ad oggi aveva poche possibilità di valorizzare scientificamente i benefici dei propri prodotti tramite claim approvati. Il successo del kiwi verde potrebbe incentivare altre filiere a investire in studi clinici e ricerche, con l’obiettivo di ottenere diciture analoghe e rafforzare la comunicazione dei benefici per la salute.
Come funzionano i claim nutrizionali e salutistici
Dal 2006, i claim nutrizionali e salutistici sono regolati a livello comunitario dal Regolamento (CE) 1924/2006. L’EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, valuta la solidità scientifica delle prove, mentre la Commissione europea decide se autorizzare il claim, inserendolo nella cosiddetta “lista comunitaria” (Allegato del Reg. UE 432/2012). Le autorizzazioni riguardano sostanze o ingredienti – come fitosteroli, probiotici o fibre – e non i marchi. Le aziende possono utilizzarle solo se il loro prodotto rispetta le condizioni d’uso stabilite dal regolamento.