Alimentazione

Ginseng: a cosa serve, per quanto tempo prenderlo e controindicazioni

Il ginseng è impiegato da secoli nella medicina tradizionale asiatica e da qualche decennio anche in Occidente. Gli studi scientifici hanno dimostrato molte proprietà

Ci sono tonnellate di materiale in internet sul ginseng. Hai bisogno di ricaricare le batterie dopo gli allenamenti? Ginseng. Devi ritrovare la concentrazione per gli esami di fine anno? Ginseng. Vuoi rimediare a una brutta figura sotto le lenzuola? Ginseng. Pare non ci sia problema che non possa essere risolto da questo antico rimedio della medicina tradizionale cinese. Una pianta tuttofare che guarda caso appartiene al genere Panax, termine latino che significa proprio panacea. In questo periodo dell’anno è super richiesto nelle farmacie ed erboristerie, soprattutto da chi vuole combattere il mal di primavera con il suo carico di stanchezza, irritabilità e inappetenza. Ma che cosa dice la scienza in merito ai poteri di questa radice a forma di piccolo uomo?

Ginseng: un nome, tante varietà diverse

Con il termine ginseng si indicano ben 11 specie di piante perenni, a crescita lenta e con radici carnose, che appartengono alla famiglia delle Araliaceae. Le due più diffuse e conosciute sono:

Gruppo San Donato

  • quella asiatica (Panax ginseng)
  • e quella americana (Panax quinquefolius).

Sono caratterizzate da storie differenti ma proprietà simili. «Sono specie sostanzialmente intercambiabili che possono essere usate per gli stessi scopi salutistici». Renato Bruni è professore associato di botanica farmaceutica presso il Dipartimento di scienze degli alimenti e del farmaco all’Università di Parma. «Inizialmente il ginseng veniva raccolto allo stato spontaneo in Asia. Quando si è esaurito ed è stata scoperta la specie americana nei boschi tra Stati Uniti e Canada sono cominciate le esportazioni verso l’Oriente e poi le coltivazioni. Attualmente l’esportazione dal Canada è proibita a causa dello sfruttamento eccessivo, un problema frequente con la raccolta spontanea di piante medicinali». Esiste anche una versione coreana, il cosiddetto ginseng rosso che sta avendo molto successo commerciale. 

Una pianta che ci aiuta ad adattarci ai cambiamenti

Il ginseng non è un tonico e nemmeno uno stimolante: in realtà è un pianta adattogena, ovvero un vegetale che aiuta l’organismo ad adattarsi ai cambiamenti. Esercita «un effetto normalizzante sulle sue funzioni ripristinando l’omeostasi, cioè l’equilibrio fisiologico perturbato da stress fisici e ambientali». Alessandro Colletti lavora al Dipartimento di scienze e tecnologie del farmaco dell’Università di Torino ed è responsabile macroregionale della Società Italiana di Nutraceutica (SINut).

Ginseng bianco e ginseng rosso

Le proprietà del ginseng risiedono nella radice, «che può essere raccolta a partire dal quinto anno della pianta e poi essiccata. In questo caso si parla di “ginseng bianco”. Col termine “ginseng rosso” si fa riferimento alla radice trattata in corrente di vapore, un tipo di lavorazione che esalta principi attivi diversi conferendo proprietà leggermente differenti».

La radice polverizzata può essere usata come integratore alimentare, ad esempio nelle bevande come il caffè, con effetti piuttosto blandi. In fitoterapia, invece, si utilizzano capsule e compresse contenenti estratti secchi titolati, cioè caratterizzati da precise quantità di principi attivi che devono essere riportate in etichetta.

Regola lo stress e riduce la glicemia

Non esiste una singola molecola responsabile dell’effetto del ginseng. In realtà nella sua radice troviamo «un fitocomplesso, cioè un insieme di principi attivi diversi fra loro e appartenenti per lo più alla classe delle saponine, dette ginsenosidi o panaxosidi». Queste molecole non colpiscono un singolo bersaglio o un recettore preciso, bensì agiscono come fini interruttori nel regolare diverse funzioni dell’organismo.

«Innanzitutto il ginseng agisce sull’asse ipotalamo-ipofisi-surrene regolando l’ormone dello stress, il cortisolo», specifica Colletti. «Poi riduce la glicemia, favorendo l’ingresso del glucosio nelle cellule. Esercita un’azione neurotrofica che migliora la plasticità neuronale contrastando l’invecchiamento cerebrale. Infine ha un effetto antinfiammatorio e antiossidante».

Funziona meglio se preso a lungo

I risultati, però, non sono immediati. «Non dobbiamo pensare al ginseng come a un farmaco, un’aspirina che prendiamo per stare meglio nel giro di poche ore», ammonisce Bruni. «Come tutti i prodotti a base vegetale, deve essere assunto in maniera costante per lunghi periodi. In un certo senso, deve entrare a far parte del nostro stile di vita».

Risveglia corpo e mente

Una delle applicazioni più studiate del ginseng riguarda «la fatigue, ovvero la spossatezza cronica che colpisce i malati oncologici sottoposti a terapie debilitanti come la chemio», spiega Colletti. Uno studio della Mayo Clinic, negli Stati Uniti, ha dimostrato che la somministrazione quotidiana di 2.000 milligrammi di ginseng per otto settimane migliora significativamente la qualità di vita rispetto all’assunzione di un placebo.

Con dosaggi più ridotti «possiamo attenderci qualche risultato anche contro la comune stanchezza che colpisce un po’ tutti durante la primavera. Per prevenirla si può fare un ciclo di trattamento di circa sei settimane al cambio di stagione». Servono invece dai tre ai cinque mesi per dare la sveglia al cervello. Per condizioni più complesse, come ad esempio un Alzheimer conclamato, non esistono ancora prove sufficientemente robuste che ne dimostrino l’utilità in combinazione con le convenzionali terapie farmacologiche.

Il ginseng è alleato del cuore

Del resto il ginseng, come tutti i rimedi naturali, è più indicato per la prevenzione. Il suo fitocomplesso «agisce sul sistema immunitario stimolando in particolar modo i fagociti, ovvero le cellule che formano la prima linea di difesa contro gli attacchi dei microbi», ricorda Colletti. «Per avere dei risultati, però, servono cicli di trattamento piuttosto lunghi che vanno da sei a dieci settimane». Una lunga marcia, come quella finalizzata alla prevenzione cardiovascolare. Diversi studi clinici dimostrano infatti che il ginseng assunto per un periodo prolungato (anche più di sei mesi) è in grado di ridurre la produzione di molecole pro-infiammatorie dannose per l’apparato cardiocircolatorio. Allo stesso tempo, precisa Colletti, l’antica radice può migliorare alcuni parametri della sindrome metabolica, riducendo lievemente la glicemia e il processo di ossidazione che rende il colesterolo ancora più pericoloso per le arterie.

Attenzione all’etichetta

«Sono ancora pochi gli studi clinici di qualità condotti sul ginseng. In generale gli effetti riscontrati sono marginali e visibili solo quando la somministrazione del prodotto è particolarmente prolungata nel tempo», afferma Bruni. «Bisogna poi tener conto del fatto che questi studi utilizzano materie prime certe e controllate, con dosaggi ben precisi, cosa non facile da reperire per il consumatore. L’attuale normativa sugli integratori alimentari non impone che in commercio ci siano gli stessi dosaggi che si sono dimostrati efficaci negli studi e molto viene lasciato alla serietà delle aziende produttrici». A questo si aggiunge il fatto che il ginseng, molto richiesto sul mercato, è un prodotto a rischio contraffazione.«Una recente indagine sugli integratori venduti in Europa ha dimostrato che addirittura il 35% è adulterato e talvolta non contiene neppure ginseng», osserva l’esperto.

Un rimedio non adatto a tutti

Meglio dunque affidarsi ai consigli di un medico o un farmacista, anche perché il ginseng non è un prodotto adatto a tutti. «È controindicato nelle persone che soffrono di:

  • ipertensione,
  • problemi della coagulazione del sangue e malattie autoimmuni,
  • così come quelle che assumono farmaci anticoagulanti, antiaggreganti piastrinici, immunosoppressori, antidepressivi e ipoglicemizzanti per il diabete».

Attenzione in gravidanza e durante l’allattamento

«Il ginseng è poi sconsigliato in gravidanza e allattamento, perché non ci sono studi che ne dimostrino la sicurezza. Le donne con fibromi uterini o tumori dell’endometrio sensibili agli ormoni dovrebbero chiedere consiglio allo specialista».

Gli effetti collaterali

Anche nei casi in cui non è espressamente controindicato, il ginseng può comunque provocare qualche disturbo: mal di testa, nervosismo, tachicardia, nausea, diarrea e rischio di sanguinamento sono tra i più comuni, «ma per fortuna sono effetti collaterali blandi e transitori, che tendono a scomparire non appena si sospende il ginseng», rassicura l’esperto.

Il ginseng è un viagra naturale? Non ci sono ancora certezze

Tra le indicazioni più chiacchierate del ginseng c’è quella contro i disturbi della sfera sessuale. Il suo impiego come afrodisiaco nei Paesi orientali lo ha reso celebre in tutto il mondo come una sorta di viagra naturale, spesso al centro di campagne pubblicitarie più o meno ingannevoli. «In effetti ci sono alcuni studi sul ginseng asiatico che hanno dimostrato un certo miglioramento della disfunzione erettile e delle performance sessuali. Questi risultati sono stati ottenuti su un numero di uomini ancora troppo limitato per poter annoverare le disfunzioni sessuali tra le indicazioni per cui è raccomandato il prodotto». Stessa storia anche per le donne. A oggi non ci sono prove solide, ma solo indizi dell’efficacia del ginseng nel ridurre i sintomi della menopausa e nel migliorare l’attività sessuale.

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Francesco Bianco

Giornalista professionista dal 1997, ha lavorato per il sito del Corriere della Sera e di Oggi, ha fatto interviste per Mtv e attualmente conduce un programma di attualità tutte le mattine su Radio LatteMiele, dopo aver trascorso quattro anni nella redazione di Radio 24, la radio del Sole 24 Ore. Nel 2012 ha vinto il premio Cronista dell'Anno dell'Unione Cronisti Italiani per un servizio sulle difficoltà dell'immigrazione. Nel 2017 ha ricevuto il premio Redattore del Gusto per i suoi articoli sull'alimentazione.
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