
Pensare e ripensare a un evento futuro con ansia e preoccupazione, senza riuscire ad agire o prendere decisioni utili. L’overthinking è una modalità di pensiero eccessivo che ci illude di analizzare meglio i problemi, mentre in realtà non fa altro che alimentare l’agitazione rispetto a un test, un esame, un incontro o una scelta che deve ancora avvenire, minando sicurezza e autostima.
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L’overthinking è diverso dal rimuginìo
«La persona valuta, pensa, riflette, senza trovare soluzioni. È un po’ come se facessimo andare il motore di una macchina al massimo senza muoverci di un passo. Il dialogo interno è stancante, logorante, invasivo e prepotente: consumiamo energia restando fermi», spiega Viviana Chinello, psicologa, psicoterapeuta e terapeuta esperta in Emdr, un metodo basato sulla desensibilizzazione e rielaborazione dei ricordi attraverso i movimenti oculari. Per definizione, l’overthinking riguarda il futuro, è legato all’ansia e ci porta a immaginare scenari ipotetici e ad anticipare problemi che non esistono nel presente.
«Spesso si confondono, ma si tratta di un meccanismo leggermente diverso dalla rimuginazione, che invece consiste nel tornare continuamente al passato, a cosa si è detto o fatto, ed è mossa da uno stato depressivo», sottolinea l’esperta.
Alimentato dalla società
L’overthinking può interessare chiunque, soprattutto nella società contemporanea, che ci sottopone stimoli continui che richiedono la nostra attenzione. «Oggi più che mai avvertiamo la sensazione di non poter mai sbagliare, di dover essere sempre collegati, rapidi e performanti. Essere bombardati dalle informazioni e dai pareri degli altri rende i nostri cervelli iperattivi», continua Chinello. «Allo stesso tempo, i social ci spingono a continui confronti, a osservare in cosa riescono le altre persone e non noi, a mettere costantemente in dubbio le nostre scelte».
Secondo un recente sondaggio condotto in India su 2.100 partecipanti, l’81% delle persone passa più di tre ore al giorno a ripensare alle proprie azioni. Il 25% lo fa anche riguardo a banali scelte quotidiane, come rispondere a un messaggio o decidere cosa mangiare. «Questa indagine», commenta l’esperta, «mette in evidenza come, nella vita moderna, caratterizzata da stimoli continui e connessioni digitali, l’overthinking sia diventato quasi inevitabile, anche su avvenimenti di poco conto».
Chi è più portato all’overthinking?
Siamo tutti esposti, ma alcune persone lo sono di più. Sembra che i giovani adulti, quindi la fascia di popolazione tra i 19 e i 35 anni, siano particolarmente interessati sia dal rimuginio che dall’overthinking. Anche le donne, che tendono a interiorizzare maggiormente i problemi rispetto agli uomini, sarebbero più propense: gli studi della psicologa e saggista americana Susan Nolen-Hoeksema e colleghi suggeriscono che hanno mediamente livelli più alti di preoccupazione cronica e ruminazione.
Ma al di là di genere, età e contesto storico, sono anche i tratti della personalità a svolgere un ruolo determinante. «Ne sono un esempio i perfezionisti, che cercano di evitare ogni errore e temono il fallimento, gli ansiosi, che vorrebbero controllare tutto e hanno bisogno di prevedere ogni cosa evitando le incertezze, e poi le persone con poca autostima, che non si sentono mai abbastanza e temono il giudizio degli altri», nota Chinello. «Pensa troppo anche chi è molto intelligente e razionale, spinto dalla tendenza a voler capire tutto e a trovare risposta a ogni cosa, e gli indecisi, che faticano a prendere decisioni e a fidarsi delle proprie scelte. Infine, ci sono le persone che hanno avuto nella loro infanzia delle esperienze traumatiche e quindi cercano di proteggersi analizzando ogni possibile scenario».
Quali sono gli effetti sul fisico?
Secondo il filosofo dell’Università di Manchester SuddhaSatwa GuhaRoy, non bisogna dimenticare che pensare è positivo, anche quando è “troppo”. Il problema, infatti, non è quanto, ma come e cosa: porsi le domande sbagliate per risolvere un determinato problema, oppure giuste, ma nel momento sbagliato, genera ansia e preoccupazione. A volte, invece, il cervello va in overdrive: funziona sempre al massimo delle proprie capacità e questa iper stimolazione cognitiva ed emotiva toglie energie e spontaneità.
L’overthinking può arrivare addirittura ad avere ripercussioni fisiche, ad esempio tenere svegli la notte, aggravando l’insonnia, oppure favorendo la tensione muscolare. Uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports ha dimostrato il legame tra pensieri costanti e preoccupanti e l’aumento del cortisolo. I ricercatori hanno seguito 289 adulti nella loro vita quotidiana, misurando più volte al giorno i livelli dell’ormone dello stress e interrogandoli sul contenuto delle loro riflessioni. Chi aveva più preoccupazioni negative e rivolte al futuro presentava maggiore cortisolo nel sangue, un po’ come se il cervello anticipasse altri problemi imminenti – ma in realtà inesistenti – e mettesse il corpo in allerta.
Quando preoccuparsi, quindi, della propria attività mentale? Secondo la psicoterapeuta Chinello per capire se si sta scivolando in un overthinking dannoso, può essere utile porsi alcune domande: «Sto anticipando in modo inutile il mio futuro?»; «Questo pensiero mi aiuta ad agire oppure mi blocca e non mi permette di andare avanti?»; «Analizzare questa situazione in continuazione compromette la mia quotidianità?».
In alcuni casi è associato ad altre patologie mentali
Di per sé l’overthinking non è classificato come un disturbo mentale, ma può essere sia un campanello d’allarme, sia un fattore aggravante di diverse patologie psicologiche. In particolare, risulta associato al disturbo ossessivo-compulsivo, alla depressione maggiore, ai disturbi d’ansia e al disturbo da stress post-traumatico. Gli esperti hanno notato anche un circolo vizioso: l’overthinking, così come la ruminazione, aumenta il rischio di ansia e depressione; allo stesso tempo più si è ansiosi e depressi più si ha la tendenza a pensare a vuoto.
In questi casi, così come in quelli di overthiking dannoso, può essere utile una psicoterapia. Esistono protocolli cognitivo-comportamentali mirati a ridurre il rimuginio e la preoccupazione di eventi disastrosi futuri. In seduta, il terapeuta insegna tecniche per riconoscere i pensieri inutili, metterli in discussione e sostituirli con valutazioni più realistiche o soluzioni attive ai problemi, ma alcune strategie per evitare il pensiero eccessivo possono essere adottate anche in autonomia.
Quali sono i rimedi all’overthiking?
Pensiero alternativo
«Il primo passo consiste nel riconoscere che i pensieri che ci ossessionano sono disfunzionali, poi possiamo provare a sostituirli con riflessioni più equilibrate e utili», suggerisce l’esperta. In che modo? «Prendiamo l’evento protagonista dell’overthinking e cerchiamo di capire quale emozione, associata a quella situazione, lo ha scatenato. Chiediamoci: che tipo di emozione è e quanto è intensa? Questo passaggio serve a individuare la distorsione alla base del pensiero eccessivo.
Potrebbe essere una distorsione catastrofica, per cui riteniamo che tutto andrà male; generalizzante, secondo cui se sbaglio quella volta sbaglierò per sempre; del tutto o niente, per cui le cose o si devono fare benissimo oppure malissimo; o ancora da etichettamento, per cui se non riuscirò in qualcosa quel giorno sarò un fallimento per sempre. A questo punto, una volta dissezionato il meccanismo, proviamo a pensare in modo alternativo».
Un esempio pratico: «Di fronte a una decisione importante – cambiare lavoro, trasferirsi, lasciare o no il proprio partner – chi tende all’overthinking comincia a chiedersi: “E se sbaglio?”, “E se poi me ne pento?”. Il pensiero alternativo potrebbe essere: “Posso prendermi del tempo per esplorare, capire e valutare le opzioni. Una scelta non è per sempre, ma quella che prendo è quella giusta per me, in questo momento”».
La tecnica 5-3-1
Dato che l’overthinking porta spesso a distogliere l’attenzione dal qui e ora, la tecnica del 5-3-1 aiuta a tornare alla realtà, verso una decisione concreta, in pochi passaggi. «Consiste nel pensare per cinque minuti, decidere in tre, e poi passare all’azione concreta entro un minuto», spiega l’esperta. «Propongo questo approccio a chi per esempio si sente sopraffatto dalle cose da fare e non sa da dove cominciare. Il mio consiglio è: scrivere la lista delle cose da fare; stilare una lista delle priorità; scegliere la cosa da fare ora e farla».
Il diario del pensiero e il parcheggio mentale
Un diario è utile per mettere ordine e restare consapevoli di ciò che accade in testa: scrivere permette di dare ai pensieri una forma più concreta, ma anche di ridimensionarli ed esternarli, evitando che continuino a vagare per la mente.
«Nel diario la persona dovrebbe anche chiedersi quale pensiero lo sta bloccando, cosa avrebbe voluto fare e perché non è riuscito, e poi riportare qualcosa di positivo capitato quel giorno», sottolinea la psicoterapeuta, che aggiunge anche la strategia del “parcheggio mentale”. «Consiste nello scrivere su un foglio i pensieri ossessivi e poi chiudere il foglio in una scatola o in una busta, per mettere simbolicamente via quelle preoccupazioni e restare il più possibile ancorati al presente».
Distrarsi e porre dei limiti
Quando ci si lascia troppo spazio per pensare, le preoccupazioni finiscono per occupare ogni angolo della mente. Perciò può essere utile stabilire un “tempo limite” da dedicare ai pensieri che assillano e soprattutto – dato che l’overthinking nasce nei momenti di inattività – impegnarsi in attività concrete e stimolanti per distrarsi.
Respirazione e mindfulness
Infine possono essere d’aiuto anche le tecniche di respirazione e di mindfulness, che stimolano la consapevolezza momento per momento. «Si può usare la tecnica 4-7-8», suggerisce e conclude la psicologa Chinello, «che consiste nell’inspirare per quattro secondi, trattenere il respiro per sette ed espirare per otto». Diversi studi suggeriscono l’efficacia del praticare la meditazione regolarmente, per esempio adottando l’approccio “body scan”, che prevede di prestare attenzione a ogni parte del corpo, una per volta, per identificare e sciogliere le tensioni.
Testo di Camilla De Fazio