Alimentazione

Scambiato per finferlo, ma è velenoso: attenzione al fungo dell’olivo

Questa specie, che sta causando numerose intossicazioni in Toscana, viene confusa anche a causa delle app di riconoscimento fungino, che spesso compiono errori di identificazione

È partita ufficialmente la stagione di raccolta funghi, tanto che porcini, finferli, mazze di tamburo e chiodini sono già sui banchi di mercati, negozi ortofrutticoli e supermercati oltre che sulle nostre tavole. Chi ama andare per boschi, però, non deve sottovalutarne i rischi: complici le numerose app di riconoscimento, che possono compiere errori di identificazione, e condotte negligenti da parte dei cercatori amatoriali, che non sempre sottopongono il raccolto ai dovuti (e obbligatori) controlli, incappare in un’intossicazione da funghi non è poi così raro.

In Toscana, ad esempio, si è registrata un’impennata di disturbi gastro-intestinali legati proprio alla consumazione di funghi non commestibili. Nel 30% dei casi si è trattato di un’intossicazione causata dall’Omphalotus olearius, meglio conosciuto col nome di “fungo dell’olivo”, scambiato erroneamente per il Cantharellus cibarius, noto come “finferlo” o “galletto”. Effettivamente i due si assomigliano molto e confondersi, soprattutto se non si è esperti e ci si affida alle app di riconoscimento fungino, è piuttosto facile.

Fungo dell’olivo o finferlo?

Caratteristiche del fungo dell’olivo

Caratteristiche del fungo dell'olivo
Omphalotus olearius – Fungo dell’olivo
  • Si tratta di un fungo che si sviluppa in gruppi cespitosi e cresce su tronchi e ceppi, in particolare di olivi, castagni e querce;
  • ha un colore che varia dall’arancio vivo all’arancio-bruno e durante la cottura può ulteriormente scurirsi;
  • il cappello è spesso ondulato, a volte ripiegato verso il basso, al di sotto del quale si trovano le lamelle, che scorrono verso il gambo fibroso e cilindrico;
  • ha un odore debole, talvolta è addirittura assente.

Caratteristiche del finferlo o galletto 

Caratteristiche del finferlo o galletto 
Cantharellus cibarius – Finferlo o galletto
  • È un fungo terricolo, cioè cresce sul suolo e non sul legno;
  • il cappello non è mai ricurvo su se stesso e le lamelle sono più che altro pieghe del cappello stesso, che si diramano verso il gambo ma non scorrono;
  • il suo colore arancione si mantiene più uniforme durante la cottura;
  • ha un odore deciso e fruttato.

Come si può evincere dalle peculiarità, a trarre in inganno i cercatori di funghi sono sicuramente il colore (virano entrambi sull’arancione) e la struttura (il fattore discriminante sono le lamelle). Per questo motivo è bene non soffermarsi solo su questi due elementi ma considerare anche la formazione (in gruppo o no), l’habitat (se è nel suolo o sul legno) e l’odore (più marcato nel finferlo, quasi assente nel fungo dell’olivo).

Intossicazione da fungo dell’olivo: quali sono i sintomi?

Fortunatamente il fungo dell’olivo non è tra i funghi più pericolosi esistenti, tuttavia è in grado di scatenare disturbi violenti e fortemente debilitanti. Tra questi:

  • nausea e vomito;
  • crampi addominali;
  • diarrea severa;
  • malessere generale;
  • debolezza;
  • disidratazione.

I sintomi possono insorgere già dopo mezz’ora dal consumo ma più frequentemente entro un paio d’ore dallo stesso. Nei soggetti più fragili è possibile che si debba ricorrere al ricovero ospedaliero per far fronte alla sintomatologia e, in generale, il recupero è piuttosto lungo, con disagi che si protraggono anche per molti giorni.

Le app di riconoscimento funzionano sempre?

Per supportare i cercatori e gli appassionati nel riconoscimento fungino sono nate numerose applicazioni che analizzano la foto scattata del fungo e ne identificano la specie. Tuttavia, questi strumenti presentano dei limiti significativi e lo dimostra il boom di intossicazioni da Omphalotus olearius in Toscana: non solo la stessa specie può apparire differente a seconda delle condizioni climatiche, ambientali e luminose, e quindi le app potrebbero non essere in grado di rilevare queste sottigliezze, ma è anche possibile che due tipologie si assomiglino tanto (come nel caso del fungo dell’olivo e del finferlo) da non poter essere distinte da un software.

«Le applicazioni fotografiche per smartphone non sono in grado di garantire una distinzione minimamente affidabile tra specie morfologicamente simili, in particolare nel caso di esemplari giovani, danneggiati o soggetti a variazioni cromatiche dovute a condizioni ambientali», conferma Nicolò Oppicelli, giornalista ed esperto micologo.

Come proteggersi e ridurre al minimo i rischi

  • Tutti i funghi raccolti in autonomia vanno sottoposti al controllo di commestibilità degli Ispettorati Micologici delle ASL, disponibili gratuitamente su tutto il territorio nazionale, come spieghiamo in questo articolo.
  • Non bisogna affidarsi in toto al riconoscimento visivo delle app. Meglio utilizzare questi strumenti per cercare le zone migliori per la raccolta funghi.
  • Non consumare mai funghi dalla dubbia provenienza (ad esempio, raccolti e regalati da un vicino di casa): piuttosto che correre un rischio, meglio rinunciare.
  • I soggetti fragili – anziani, donne in gravidanza, immunodepressi, pazienti cronici – devono prestare maggiore attenzione.
  • Occhio ai funghi non terricoli, specialmente quelli che crescono su legni e ceppi.

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Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
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