Salute

Apnee nel sonno: se le curi, curi il cervello

Le alterazioni alla sostanza bianca e a quella grigia conseguenza delle apnee ostruttive nel sonno, sono reversibili. La soluzione è la terapia con CPAP.

Tra le conseguenze delle apnee ostruttive nel sonno, ci sono anche danni al cervello e più precisamente delle alterazioni alla sostanza grigia e alla sostanza bianca, con ricadute sulle capacità cognitive dell’individuo. Ma ora, uno studio condotto dai ricercatori dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano e pubblicato sulla rivista scientifica Sleep, dimostra che curando le apnee i danni al cervello sono reversibili. Nella specifico la terapia per le apnee utilizza la CPAP, un apparecchio a pressione positiva continua che immette aria forzata attraverso una maschera nasale che tiene aperte le vie aeree evitando così le apnee.

Grazie a tecniche di neuroimaging, i ricercatori hanno visto che i 17 pazienti che hanno partecipato allo studio, dopo 3 mesi di trattamento con l’apparecchio CPAP hanno avuto miglioramenti nella sostanza grigia cerebrale e dopo 1 anno di trattamento la completa normalizzazione anche della sostanza bianca, con notevole beneficio delle funzioni cognitive, ovvero su attenzione, memoria e funzioni esecutive.

Gruppo San Donato

Chi soffre di apnee ostruttive del sonno, durante il riposo, ha un’occlusione a carico delle prime vie aeree, quelle retrolinguali: quando si verifica un restringimento parziale, si ha il russamento; quando invece l’occlusione è completa si ha l’apnea, con risvegli che non sempre sono coscienti, ma ben registrabili con l’esame polisonnografico notturno. Di apnee ostruttive nel sonno (OSA-obstructive sleep apnea) soffrono circa 1 milione e 600mila italiani: i soggetti a rischio sono soprattutto le persone in sovrappeso, con collo corto e tozzo o con la mandibola piccola. Se non curata, questa patologia aumenta il rischio cardiaco: durante l’apnea il cuore rallenta, per poi accelerare di colpo alla ripresa del respiro; inoltre durante l’apnea diminuisce il livello di ossigeno nel sangue, e questa ipossia intermittente contribuisce a determinare le alterazioni nelle funzioni cognitive. C’è poi, in relazione alla frammentazione del sonno, il problema della sonnolenza di giorno con il rischio di incidenti d’auto e infortuni sul lavoro.

In questa intervista, il professor Luigi Ferini Strambi, neurologo e responsabile del Centro di Medicina del Sonno dell’Ospedale San Raffaele, illustra i risultati della ricerca.

21/09/2014

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