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Vivi il sesso come un obbligo? È “service sex”

Nelle coppie di lunga data a volte il sesso viene considerato come un lavoro, da svolgere anche se non dà piacere, per timore di perdere il partner

Brogy è il soprannome di Ambrogio, maestro di cocktail in un elegante bar di Milano, di quelli dove si tira tardi tra bollicine e long drink colorati. Si siede davanti alla scrivania curvandosi dinoccolato verso di me, con un gesto da barman che ascolta le pene dei clienti. Ma il suo è un riflesso condizionato: qui chi ascolta sono io. Dice a bassa voce che poche cose al mondo gli hanno dato felicità, più del sesso con la sua Carla e qualche rara volta con le clienti, amanti occasionali e senza impegno, tanto per non deludere le aspettative del ruolo. «E allora?», dico io. «Perché è venuto dal sessuologo medico?».

Il desiderio si spegne

Brogy si fa triste e mi spiega. Nonostante tutto l’amore che prova per Carla, i 25 anni di vita assieme e, forse, complice una menopausa non trattata che rende difficile la penetrazione, il suo desiderio si va spegnendo. Con esso la capacità a ottenere e mantenere l’erezione come una volta. No, non si tratta di impotenza: in fondo se la cava. Il problema è che Carla vuole fare sesso (almeno) una volta a settimana. È una di quelle donne che in menopausa, anziché avere una riduzione del desiderio per la carenza ormonale come capita alle più, risentono particolarmente degli androgeni, gli ormoni maschili prodotti dal surrene. Insieme con un’ombra di baffetti, nemmeno sgradevole. Nonostante il dolore vaginale compensato con un po’ di lubrificante, la voglia di far l’amore di Carla è tutt’altro che spenta.

Gruppo San Donato

Un aiuto in farmacia per fare l’amore

Insomma, per farla breve, Brogy ottiene regolarmente da un medico-cliente, innamorato del suo mitico cocktail, delle ricette per acquistare in farmacia il «ticket to love», il farmaco per l’erezione travestito da francobollo, da biglietto del cinema del sesso che si tiene discretamente nel portafoglio e si mette sulla lingua poco prima del rapporto, lasciando che si sciolga senz’acqua. Insomma, usa una versione moderna della famosa pillola blu per riuscire a far l’amore con Carla, senza che lei se ne accorga.

Erezione con poco desiderio

Faccio finta di essere sorpreso. Ripeto a Brogy che questi farmaci non dovrebbero funzionare se non c’è desiderio, come, si direbbe, nel suo caso. Mi smentisce categorico. Senza il ticket la sua erezione spesso non arriva all’80 per cento. Usandolo di nascosto, invece, torna al perfetto 100% di una volta, anche se la voglia non è tanta. Il barman mi confessa che sì, ha riprovato più di una volta con le solite clienti e sì, anche senza medicina riesce a far l’amore senza problemi. «In fondo», conclude, «sono venuto da lei per sapere cosa mi sta succedendo e se mi fa male prendere il farmaco due volte a settimana».

Non fa male

Lo tranquillizzo riguardo alla salute. Gli inibitori della fosfodiesterasi sono più sicuri dell’aspirina quando il sesso in sé non è rischioso dal punto di vista cardiovascolare e non si assumono farmaci antianginosi. Non è una battuta, è proprio così.

Spirito di servizio

Mi preoccupo invece del suo assetto psicologico e relazionale. Perché non provare a fare un percorso di terapia della coppia per cercare assieme a un professionista le modalità per riscoprire il piacere di stare assieme alla compagna? «Vede», dico a Brogy, «per lei il sesso è diventato un dovere, anziché un piacere. Fa sesso con Carla perché le vuol bene, per spirito di servizio. Si tratta ora di capire se c’è stoffa sufficiente perché il sarto (che poi è il terapista della coppia) cucia il vestito della rinnovata voglia di far l’amore».

Le analisi confermeranno la salute generale del paziente ma il percorso di psicoterapia sta procedendo a rilento. In fondo la pillola dell’amore costituisce una scorciatoia cui Brogy, evidentemente, non sa rinunciare.

Il service sex

L’hanno chiamato service sex. Le psicosessuologhe e le storiche del comportamento sessuale dicono che è un tipico, atavico costume femminile. Si tratta di accettare di far l’amore anche quando non c’è voglia. In modo da compiacere il partner e per il timore di perderlo. Lo ammetto, le femministe hanno ragione. Il caso di Brogy e Carla è probabilmente più raro rispetto a quello classico, a ruoli invertiti. Il modello in cui lui desidera far sesso troppo sovente rispetto a quanto lei vorrebbe. In effetti è assai più facile (ma non per questo giusto) per una donna far l’amore anche senza troppa voglia. La mia collega Rosemary Basson è stata la prima ad accorgersi che le signore seguono nella loro risposta sessuale un modello spesso circolare anziché lineare.

Le differenze tra maschi e femmine

Spiego questa geometria. I maschi riescono a far bene sesso se seguono una precisa e obbligatoria sequenza di eventi: desiderio – eccitazione (cioè erezione) – copula – orgasmo – risoluzione (o periodo refrattario, durante il quale non riescono per un po’ ad avere una nuova erezione).

Molte donne non differiscono da questa sequenza di eventi. Ma, insegna Basson, molte altre (da uno a due terzi, dice la sua ricerca) possono seguire un modello che lei definisce appunto circolare, cioè non lineare. Partendo dal bisogno di intimità, la ricercatrice americana riconosce che il desiderio femminile può essere reattivo e non solo spontaneo. Può esserci prima o arrivare magari anche dopo la stimolazione fisica che porta all’eccitazione, che nelle donne prende l’aspetto di lubrificazione. Il modello circolare riconosce che l’orgasmo può contribuire. Non è però inesorabilmente indispensabile per la soddisfazione generata dall’intimità che il (buon) sesso genera.

Quindi, se per il nostro Brogy c’è bisogno di uno starter farmacologico che allontani il rischio di far figuracce, supplendo alla riduzione (non assenza, altrimenti non funzionerebbe) di desiderio, per una donna la possibilità di copulare anche senza voglia di farlo è garantito, più o meno, dalla biologia, perlomeno in certune e perlomeno in alcune fasi della vita. D’altra parte, la prostituzione si declina assai più al femminile che non al maschile, e non solo per motivi culturali legati al modello patriarcale. Ed è proprio questo è il cruccio di un’altra delle mie pazienti: Mara.

La storia di Mara

Mara è una professoressa di liceo classico che insegna matematica e fisica. Sa bene che le 40 primavere non hanno rubato nulla del suo fascino. La sua immagine visita ancora sovente i sogni erotici dei suoi studenti. E questo charme, alimenta senza tregua le richieste di Tommaso, che di anni ne ha trentacinque e fa l’orafo. Stanno insieme da un pezzo. Lui però non smette di chiederle di far l’amore più o meno tutti i giorni. Un tempo Mara era divertita e sedotta da tanta passione. Poi, pian piano, ha cominciato a pensare che qualche volta preferirebbe correggere i compiti in classe degli allievi, o cucinare un risotto, o leggere un bel libro, invece di far sesso.

Se il sesso diventa routine

Mi dice che tutto sta diventando meccanico, prevedibile, noioso. Sostiene di sentirsi usata. «Come una prostituta», aggiunge per calcare la mano su una disgrazia che forse più di una invidierebbe, visto che Tommaso mi viene raccontato come tutt’altro che sgradevole o incapace o sessualmente egoista. Quello che pesa a Mara è il dovere, l’obbligo, la certezza inesorabile che prima o poi nel corso della giornata, appena sarà a tiro, il compagno comincerà ad accarezzarla per eccitarla. Almeno due volte su tre, Mara mi confessa, fa sesso senza desiderio, solo per accontentare Tommaso. Mi chiede se sia giusto e come possa trovar modo di spiegare al partner che il sesso sta diventando un lavoro, e nemmeno tanto piacevole. L’orgasmo, poi, Mara spesso lo simula per accelerare una pratica noiosa e ripetitiva.

La varietà è importante

Spiego alla mia paziente che anche per le donne, come per molti maschi, la varietà sessuale è un potentissimo stimolo alla macchina del desiderio. Inoltre l’orgasmo non dovrebbe essere un bonus occasionale, anche se quello femminile è elusivo e non va (anche lui) considerato un obbligo. Poi spiazzo Mara e le chiedo di rivederla assieme al compagno. Mi accorgo che la professoressa è un po’ disorientata. Capisce però bene il senso della mia richiesta. Sa bene che Tommaso non si farà certo pregare se lei le chiede di accompagnarla dal sessuologo medico: dopo qualche giorno eccoli infatti nel mio studio.

L’obiettivo del rapporto sessuale

Spiego loro che il sesso è tanto più bello, buono, giusto e soddisfacente quanto più si avvicina allo scopo per cui lo facciamo. L’obiettivo del rapporto sessuale per noi umani non è certo la riproduzione (e per fortuna, visto quanti siamo su questo pianeta e quanto ci diamo da fare per distruggerlo) quanto piuttosto l’unione e il piacere. La coppia è unita, non c’è dubbio, e quindi il sesso sta ben svolgendo il suo primo compito. Ma il secondo obiettivo del sesso non è meno importante per cementare la coppia: la ricompensa in termini di piacere è il motivo per cui, dopo l’appagamento ottenuto facendo l’amore, tutti i sani di mente e di corpo torneranno prima o poi a desiderare di accoppiarsi. Il ragazzo mi guarda stupito e ruba al suo mestiere una bella frase: «Ma io cesello ogni giorno per Mara un gioiello di piacere…».

No al senso di colpa

Lo rassicuro che non c’è da sentirsi in colpa, che nessuno dubita del suo amore e che lo studio dell’andrologo-sessuologo non è un tribunale. Continuo dicendo che le aree di miglioramento del rapporto di coppia, che ovviamente esistono anche per Amore e Psiche, Romeo e Giulietta, Humphrey Bogart e Lauren Bacall, sono generalmente rappresentate nell’imparare di più ad ascoltare il linguaggio verbale e non verbale dell’altro, dell’altra. Propongo un modello diverso da quello finora praticato da Tommaso e, in un certo modo, anche da Mara, che è stata vittima della passione del compagno ma anche della sua stessa accondiscendenza. Un modello di sessualità qualitativa che sostituisca quello di performance quantitativa. Qui non si tratta, spiego, soltanto di venirsi un po’ incontro, facendo qualche rinuncia l’uno e qualche piccolo benevolo sacrifico l’altra. Voglio che i due compagni (re)imparino a guardarsi negli occhi per leggere il reciproco desiderio di far l’amore, o di chiacchierare, o di vedere una serie tv separati solo dal vascone di popcorn o di andare a teatro mano nella mano.

Non si ama solo con il sesso

Il sesso, lo dico apparentemente contro il mio interesse professionale, è un linguaggio e uno dei più potenti che abbiamo per comunicare passione e amore. Ma certamente non è l’unico. Né il sesso è solo penetrazione. Viviamo, qui in Occidente, in una società fortemente sessualizzata che ci fa credere che tutto inizi o finisca in camera da letto. Dopo millenni di negazione e di frustrazione sessuale, soprattutto femminile, ora stiamo scivolando verso un’altra deriva, quella che ci fa pensare che far l’amore sia l’unico parametro per giudicare lo stato di salute di una coppia. È certamente fondamentale, ma spiego a Mara e a Tommaso che è ben lungi dall’essere unico ed esclusivo.

Si può amare anche dicendo no

Si sorridono i due compagni quando lasciano il mio studio. In fondo ho svelato che il loro problema era solo un malinteso: lui credeva che per dimostrare il suo amore dovesse penetrarla quotidianamente, con la stessa costanza e inesorabile dedizione con cui ci si lava i denti, lei pensava che una donna innamorata deve dire sempre di sì. Ecco, ho spiegato, l’arte di amare (che è un’arte, appunto, e che quindi si impara) non è solo dire di sì, ma anche saper dire di no, e saperlo accettare.

Emmanuele A. Jannini

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