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Colite ulcerosa: come migliorare l’assistenza ai pazienti

A un certo punto della vita di una persona giovane, tra i 15 e i 30 anni, si innesca una reazione infiammatoria che dà origine a ulcere nel colon. È la colite ulcerosa, una malattia cronica invalidante che in Italia colpisce circa 160.000 persone ma che per il 2025 potrebbe raddoppiare.

Il mondo scientifico propone una presa in cura globale del paziente, con un documento realizzato da Edra, con il contributo non condizionante di Galapagos con il patrocinio di IG-IBD e AMICI Onlus, e che è stato firmato da un comitato di esperti del mondo scientifico, docenti universitari e associazioni dei pazienti. Il documento racchiude le istanze dei pazienti e dei medici, quali la realizzazione di politiche sanitarie basate sui dati relativi alle sostenibilità delle cure, la redazione di un registro nazionale della patologia per una stima aggiornata del numero totale dei malati sul territorio nazionale.

Gruppo San Donato

«È necessario ottimizzare le risorse disponibili tenendo conto dei costi diretti e indiretti della malattia. Ragionare in termini di personalizzazione delle cure, migliorando l’appropriatezza terapeutica e identificando precocemente i pazienti che hanno bisogno di terapie avanzate» spiega Alessandro Armuzzi, Professore di Gastroenterologia
all’Humanitas University Milano e Segretario dell’European Crohn’s and Colitis Organisation – ECCO.

Secondo gli esperti bisogna anche migliorare la capacità del sistema sanitario di riconoscere e rispondere in modo efficace ai bisogni e alle aspettative di cura del paziente, istituire una rete assistenziale, realizzare una gestione integrata con il territorio, con percorsi agevolati e dedicati per visite mediche ed esami. «È inoltre importante diffondere una cultura capillare sul ruolo delle nuove terapie tra i medici. Promuovere interventi volti a creare un known-how sulla corretta gestione della colite ulcerosa, nell’ottica di un miglioramento dell’appropriatezza terapeutica e della personalizzazione delle cure» aggiunge Flavio Caprioli, Professore di Gastroenterologia all’Università degli Studi di Milano e Segretario Generale dell’Italian Group for Inflammatory Bowel Diseases – IGIBD.

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