
Rilevare la sclerosi multipla (SM) anni prima che compaiano i sintomi clinici potrebbe presto diventare possibile. È quanto suggerisce un nuovo e importante studio internazionale pubblicato su Nature Medicine, che per la prima volta ha identificato alterazioni nel sangue fino a sette anni prima della diagnosi.
La ricerca è stata condotta dal Weill Institute for Neurosciences dell’Università della California di San Francisco (UCSF), in collaborazione con l’Università McGill di Montréal, il Centro di Eccellenza per la Sclerosi Multipla di Washington e altri istituti globali, sotto la guida del professor Ahmed Abdelhak.
Il team ha analizzato campioni di sangue di migliaia di militari statunitensi, tra cui 134 che hanno successivamente sviluppato la malattia, riuscendo a individuare biomarcatori chiave che si modificano in modo progressivo molto prima dell’esordio dei sintomi.
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I segnali biologici che anticipano la malattia
Gli scienziati hanno osservato che:
- 7 anni prima dei sintomi, aumentano nel sangue i livelli della glicoproteina oligodendrocitaria mielinica (MOG), indice di demielinizzazione, cioè dell’attacco del sistema immunitario alla guaina che protegge le fibre nervose.
- 6 anni prima, cresce la catena leggera dei neurofilamenti (NfL), un noto biomarcatore di danno neuronale, insieme a un aumento dell’interleuchina-3 (IL-3), citochina proinfiammatoria che segnala un’attivazione anomala del sistema immunitario.
In totale, i ricercatori hanno analizzato circa 5.000 proteine, individuandone 21 con variazioni significative legate allo sviluppo della SM.
“Questi segnali biologici potrebbero aprire la strada a un test del sangue per identificare la sclerosi multipla prima della comparsa dei sintomi”, spiega il professor Abdelhak.
Il coautore Ari Green aggiunge: “Ora sappiamo che la malattia inizia molto prima dell’esordio clinico, e questo apre la concreta possibilità di prevenirla o proteggere le persone dai danni futuri”.
Che cos’è la sclerosi multipla
Secondo l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), la SM è la principale causa di disabilità neurologica nei giovani adulti e colpisce le donne fino a tre volte più degli uomini.
Si tratta di una malattia autoimmune infiammatoria in cui il sistema immunitario attacca la guaina mielinica che isola e protegge le fibre nervose. Questo processo porta a demielinizzazione e neurodegenerazione.
I sintomi possono includere:
- stanchezza cronica,
- problemi visivi e di equilibrio,
- rigidità muscolare, tremori e dolore,
- disturbi cognitivi e depressione.
Non esiste ancora una cura definitiva, ma le terapie farmacologiche e riabilitative oggi disponibili permettono di rallentare il decorso e migliorare la qualità della vita dei pazienti.
Verso nuove cure rigenerative
In parallelo, la ricerca esplora anche la possibilità di riparare i danni causati dalla SM.
Un team dell’Università del Colorado ha individuato una molecola, LL-341070, in grado di ripristinare la guaina mielinica nei modelli animali, aprendo la strada a future terapie rigenerative.
Combinando queste nuove strategie terapeutiche con i progressi diagnostici dello studio UCSF, la comunità scientifica intravede un futuro in cui sarà possibile diagnosticare e trattare la sclerosi multipla prima ancora che si manifesti, cambiando radicalmente la prospettiva di milioni di persone nel mondo.




