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Nuove terapie farmacologiche per l’obesità: un supporto da valutare con il proprio specialista

L’obesità è una malattia cronica e complessa che va ben oltre l’aspetto estetico. Si tratta di una condizione che influisce profondamente sul benessere generale e aumenta il rischio di sviluppare patologie cardiovascolari, metaboliche e oncologiche, riducendo non solo la durata, ma anche la qualità della vita.

Il percorso di cura parte sempre da scelte quotidiane consapevoli: un’alimentazione equilibrata e un’attività fisica regolare restano le basi imprescindibili. Tuttavia, nei casi in cui questi interventi non bastassero, può essere utile considerare – insieme a un medico – anche un trattamento farmacologico mirato.

A parlarne è la dottoressa Carmela Asteria, endocrinologa, responsabile del Centro di Nutrizione a indirizzo Endocrino-Metabolico (NutrEndo_Me) e responsabile scientifico di INCO – Istituto Nazionale per la Cura dell’Obesità presso l’IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio di Milano.

Quando prendere in considerazione una terapia farmacologica

Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), l’obesità è una delle sfide sanitarie più urgenti. In Italia, quasi una persona su due presenta un eccesso di peso, e la tendenza è in aumento anche tra i più giovani. Inizialmente, il trattamento si concentra su dieta e attività fisica. Ma, come sottolinea la dottoressa Asteria, «se questi interventi non sono sufficienti a determinare un miglioramento significativo, ovvero non si raggiunge almeno il 5% di riduzione del peso corporeo in 6 mesi, il medico può optare per la prescrizione di un trattamento farmacologico».

L’indicazione riguarda in particolare chi presenta un BMI, cioè l’indice di massa corporea:

  • pari o superiore a 30, quindi in condizione di obesità;
  • superiore o uguale a 27, se associato a patologie come diabete tipo 2, ipertensione o dislipidemia.

«È importante sottolineare che la prescrizione avviene sempre sulla base di una valutazione clinica completa del paziente. L’obiettivo del trattamento non è, infatti, solo la riduzione del peso corporeo, ma il miglioramento della sua salute generale», aggiunge la specialista.

Come agiscono i nuovi farmaci per l’obesità

Negli ultimi anni sono stati introdotti farmaci innovativi appartenenti alla famiglia delle incretine, che agiscono sui meccanismi biologici di regolazione di fame, sazietà e metabolismo.

I più noti sono gli agonisti del recettore GLP-1 e i doppi agonisti GLP-1/GIP, che mimano l’azione di ormoni prodotti naturalmente dall’intestino. Le molecole attualmente disponibili in Italia sono semaglutide e tirzepatide.

Queste sostanze:

  • agiscono sul cervello, aiutando a controllare l’appetito;
  • rallentano lo svuotamento gastrico, aumentando il senso di sazietà;
  • migliorano la risposta all’insulina e la regolazione della glicemia.

«I dati clinici ci indicano che questi farmaci possono sì favorire una riduzione significativa del peso corporeo, ma è importante ricordare che i risultati possono variare da persona a persona e dipendono da numerosi fattori», continua la dottoressa Asteria.

Quali pazienti possono beneficiarne

Non tutte le persone con obesità sono automaticamente candidate a un trattamento farmacologico. La decisione dipende da un’attenta valutazione clinica che considera:

  • la risposta a tentativi precedenti non farmacologici;
  • la motivazione del paziente e la sua adesione al percorso di cura;
  • eventuali controindicazioni o patologie concomitanti.

«La personalizzazione del trattamento è essenziale, ogni paziente ha una storia diversa, e il piano terapeutico va costruito tenendo conto anche di tutti questi aspetti», sottolinea l’endocrinologa.

Sicurezza ed effetti collaterali

Come ogni farmaco, anche questi possono causare effetti collaterali. I più frequenti sono disturbi gastrointestinali come nausea, gonfiore o variazioni dell’alvo. In casi rari, si possono manifestare complicanze più gravi, come pancreatite o problemi alla colecisti.

«Per questo motivo è fondamentale che la terapia venga seguita esclusivamente sotto controllo medico. Il paziente va monitorato, informato e supportato durante tutto il percorso», delinea la dottoressa Asteria.

Il ruolo del farmaco in un percorso integrato

Carmela Asteria
Carmela Asteria, endocrinologa, responsabile del Centro di Nutrizione a indirizzo Endocrino-Metabolico (NutrEndo_Me) e responsabile scientifico di INCO – Istituto Nazionale per la Cura dell’Obesità presso l’IRCCS Ospedale Galeazzi – Sant’Ambrogio di Milano

«È importante ribadire che la terapia farmacologica non sostituisce gli interventi sullo stile di vita – continua l’endocrinologa – alimentazione equilibrata, movimento quotidiano e, quando indicato, supporto psicologico, restano fondamentali nel percorso terapeutico».

I migliori risultati si ottengono infatti attraverso un approccio multidisciplinare, dove farmaco, dieta e attività fisica lavorano insieme per migliorare la salute complessiva. «Sottovalutare l’importanza dello stile di vita o considerare il farmaco come “soluzione unica” può ridurre significativamente l’efficacia dell’azione farmacologica».

Durata del trattamento e mantenimento dei risultati

L’obesità è una malattia cronica e recidivante, e come tale richiede spesso una gestione a lungo termine. Interrompere improvvisamente la terapia può portare a un recupero del peso perso (weight regain), legato a meccanismi di compensazione fisiologica.

«Per questo motivo, è fondamentale che il paziente sia informato in modo chiaro e trasparente. Una terapia ben strutturata, continuativa e seguita da uno specialista può davvero aiutare a mantenere i risultati raggiunti nel tempo», conclude la dottoressa Asteria.

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