Nuove terapie contro l’Alzheimer. Anche l’Unione Europea si unisce agli Stati Uniti, Giappone e Regno Unito nell’approvazione di lecanemab, il primo farmaco anti-Alzheimer capace di rallentare la progressione della malattia se somministrato nelle fasi iniziali.
Il comitato per i farmaci a uso umano dell’Agenzia europea per i medicinali ha raccomandato l’approvazione del farmaco per pazienti adulti con lieve compromissione cognitiva o demenza lieve dovute al morbo di Alzheimer.
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Un cambiamento di posizione dopo l’analisi dei dati
Il semaforo verde arriva dopo una nuova analisi dei dati clinici, ribaltando il parere negativo espresso dall’Ema nell’estate 2024. L’approvazione definitiva, tuttavia, dipenderà dalla Commissione Europea, che dovrebbe pronunciarsi nei prossimi mesi.
Nuove terapie contro l’Alzheimer: l‘opinione dell’esperto
«Siamo di fronte a una svolta storica, considerando l’impatto della malattia di Alzheimer» spiega il professor Massimo Filippi, direttore dell’Unità di Neurologia, del servizio di Neurofisiologia e dell’Unità di Neuroriabilitazione dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano, che già dall’estate scorsa ha cominciato a usare questo farmaco in ambito clinico.
«Si tratta – dice l’esperto – di una patologia altamente prevalente e invalidante, che rappresenta la prima causa di disabilità cognitiva nel mondo. In Europa si stima che quasi 7 milioni di persone ne siano affette. Essendo legata all’età, la sua incidenza è in costante aumento a causa dell’invecchiamento della popolazione. È un problema che dovremo affrontare con sempre maggiore impegno nei prossimi anni. Disporre oggi di un farmaco non significa avere una soluzione definitiva, ma rappresenta l’inizio di una nuova era, offrendo la possibilità di modificare il decorso di una malattia neurodegenerativa così grave. Fino a poco tempo fa, infatti, avevamo ben poche opzioni terapeutiche. Questo segna un vero cambio di paradigma».
Come funziona questo nuovo farmaco?
«Prima di rispondere – spiega il professore – è utile fare un passo indietro. La malattia di Alzheimer ha una biologia che inizia decenni prima della comparsa dei sintomi clinici, spesso caratterizzati da deficit di memoria. Alla base della malattia vi sono due proteine, la beta-amiloide e la tau, normalmente presenti nel nostro organismo. Per ragioni ancora sconosciute, queste proteine subiscono un errato ripiegamento (in inglese, misfolding), accumulandosi nel cervello e causando un danno neuronale. Il farmaco di cui stiamo parlando, un anticorpo monoclonale, si lega alla beta- amiloide e la rimuove dal cervello, intervenendo così su uno degli aspetti centrali della patogenesi della malattia».
Quindi agisce come una sorta di “spazzino”?
«Per semplificare, potremmo dire così. Il farmaco “ripulisce” il cervello dalle proteine anomale. Gli studi clinici condotti hanno mostrato una riduzione di circa il 30% della velocità di progressione della malattia, misurata attraverso scale cliniche. Questo significa che, pur non rappresentando una cura definitiva, è un passo avanti importante. La malattia progredisce con una velocità inferiore del 30%, migliorando potenzialmente la qualità della vita dei pazienti negli ultimi anni. Dal punto di vista biologico, il farmaco rimuove completamente la beta-amiloide, come dimostrato dallo studio che ha portato alla sua approvazione».
Per chi è indicato il farmaco?
«L’approvazione è orientata principalmente alle forme iniziali della malattia, poiché intervenire precocemente può prevenire l’innescarsi di meccanismi irreversibili. In altre parole, quanto prima si interviene, tanto migliori potrebbero essere i risultati clinici. Sebbene manchi ancora una prova scientifica definitiva, è logico aspettarsi che un intervento tempestivo possa offrire un’efficacia maggiore».
Il San Raffaele è stato il primo centro in Italia a somministrare questo farmaco?
«Sì, il CARD del San Raffaele è stato il primo centro in Italia a somministrare il farmaco ai pazienti in ambito clinico».
Nuove terapie contro l’Alzheimer: cosa aspettarsi in Italia?
L’approvazione dell’Ema segna un passo importante, ma l’Italia attende le decisioni di Aifa
riguardo:
- Autorizzazione dei centri specialistici per la somministrazione del farmaco;
- Modalità di accesso al trattamento per i pazienti idonei;
- Potenziale inclusione del farmaco nel Servizio Sanitario Nazionale (SSN).