
Una nuova indagine nazionale rivela che nelle Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA) italiane una compressa su tre viene tritata o spezzata e una su quattro aperta per facilitarne la somministrazione agli anziani, spesso affetti da difficoltà a deglutire.
Tuttavia, nel 13% dei casi queste manipolazioni non sono appropriate, con possibili conseguenze importanti sull’efficacia dei farmaci e sulla sicurezza degli operatori sanitari.
I risultati, pubblicati sulla rivista Aging Clinical and Experimental Research, derivano dalla prima analisi su larga scala in Italia dedicata al modello di prescrizione e somministrazione della terapia orale nelle RSA, condotta dalla Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG) in collaborazione con ANASTE Humanitas. Lo studio ha coinvolto 3.400 anziani residenti in 82 strutture di 12 regioni italiane, rilevando abitudini consolidate ma anche rischi sottovalutati.
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Pillole manomesse: pratiche diffuse ma non sempre sicure
«In molte RSA, la manipolazione dei farmaci è considerata una soluzione rapida per i pazienti con difficoltà di deglutizione», spiega Alba Malara, presidente della Fondazione ANASTE Humanitas. «Ma quando queste operazioni vengono effettuate senza criteri appropriati, possono compromettere l’efficacia terapeutica e persino aumentare la tossicità dei medicinali».
Dai dati emersi:
- 1 compressa su 3 viene tritata o spezzata prima della somministrazione;
- più del 25% delle capsule viene aperto e mescolato con cibi o bevande;
- nel 13% dei casi circa, queste manipolazioni sono inappropriate — rispettivamente nel 5% delle compresse e nell’8% delle capsule analizzate.
Il problema riguarda migliaia di somministrazioni quotidiane: su un totale di circa 24.000 prescrizioni, quasi 17.000 sono pillole (15.927 compresse e 850 capsule).
Rischi per efficacia delle terapie e per la salute degli operatori
Alterare una compressa o una capsula può modificare la quantità di principio attivo somministrato, diminuendone l’efficacia o causando picchi di concentrazione nel sangue, con potenziali effetti tossici. Alcuni farmaci, come capsule gastroresistenti o a rilascio prolungato, non devono mai essere aperti: il rivestimento speciale è progettato per proteggere lo stomaco o garantire un rilascio graduale del principio attivo.
«Spezzare o triturare farmaci come pantoprazolo, antidepressivi o specifici antipertensivi può compromettere la loro azione terapeutica», osserva Malara. Inoltre, la frantumazione delle polveri senza adeguate protezioni espone gli infermieri e gli operatori sanitari a rischi di allergie e intossicazioni da inalazione o contatto, soprattutto con farmaci citotossici.
Anche il “camuffare” la pillola in cibi o bevande non è privo di rischi: alcune combinazioni possono alterare l’assorbimento o la biodisponibilità del farmaco, riducendo l’efficacia o aumentando gli effetti collaterali.
Farmaci ad alto rischio di manipolazione impropria
Tra i medicinali più spesso alterati, nonostante non sia indicato, figurano:
- Antipsicotici (es. quietapina)
- Farmaci gastroprotettori (es. pantoprazolo)
- Antidepressivi (es. trazodone)
- Antipertensivi (es. bisoprololo, ramipril)
Questi farmaci richiedono particolare attenzione, proprio perché la loro forma di somministrazione e il rivestimento sono studiati per garantire un rilascio ottimale e controllato del principio attivo.
Un problema più ampio: polifarmacia e interazioni pericolose
Lo studio ha confermato anche un altro problema rilevante nelle RSA: l’uso massiccio di farmaci con rischio di interazioni. In media, ogni anziano assume circa 8 farmaci al giorno, e nel 42% dei casi è esposto ad almeno una combinazione potenzialmente pericolosa. In alcuni pazienti sono state osservate fino a 7 interazioni contemporanee, specialmente quando sono presenti psicofarmaci, gastroprotettori o antipertensivi.
Alba Malara sottolinea come questi rischi siano amplificati dalla fragilità dei residenti: l’età media degli assistiti coinvolti nello studio era di 85 anni, con oltre il 70% donne e più della metà affetta da demenza o gravi malattie croniche.
Il ruolo del geriatra: una presenza che salva
Uno dei risultati più interessanti del lavoro riguarda proprio l’impatto della presenza del geriatra all’interno delle strutture. Secondo i dati raccolti, la presenza di geriatri nelle RSA è associata a una riduzione significativa delle interazioni tra farmaci, tra il 24 e il 37%.
«La figura del geriatra non è solo clinica, ma centrale nella gestione appropriata e personalizzata delle terapie», spiega Dario Leosco, presidente della SIGG. «Il geriatra valuta la necessità di ogni farmaco, riduce prescrizioni ridondanti o inappropriate e guida gli altri operatori nella scelta del percorso terapeutico più sicuro».
Una chiamata alle autorità sanitarie
La ricerca evidenzia un vuoto nelle raccomandazioni nazionali per la gestione della terapia orale nei pazienti fragili. «Le attuali “Do not crush list”, cioè le liste di farmaci che non devono essere triturati, non sono univoche né aggiornate – afferma Andrea Ungar, ideatore dello studio –. Serve infatti uno standard nazionale chiaro che guidi le decisioni cliniche e riduca il rischio di errori legati alla manipolazione dei farmaci».
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