Salute

Artrosi al ginocchio, quando serve la protesi totale

Dopo un trauma o per la gonartosi, l'articolazione può essere irrecuperabile: oggi è possibile sostituirla con una artificiale

Focus di Roberto D’Anchise (puoi chiedergli un consulto), primario della prima unità operativa di chirurgia del ginocchio dell’Istituto Galeazzi di Milano

L’articolazione del ginocchio è la più grande del corpo umano e una delle più complesse. Se diventa dolente e tende a bloccarsi in seguito a deformità causate da fratture, gonartrosi (l’artrosi del ginocchio) o artriti, si prova a rimediare con cure mediche e fisioterapiche. Ma quando le terapie non funzionano e l’articolazione risulta rigida e compromessa in modo irrimediabile, l’artroprotesi (ossia la protesi al ginocchio) è spesso l’unica via da percorrere.

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I TIPI DI PROTESI. La protesi può essere monocompartimentale, se basta sostituire solo una parte del ginocchio, oppure totale. L’intera sostituzione dell’articolazione è uno dei grandi progressi nel campo della bioingegneria. Per poter procedere, il medico valuta l’età, lo stato di salute del paziente e la qualità del tessuto osseo. L’obiettivo è di recuperare movimento e ridurre la sintomatologia del dolore.

L’INTERVENTO. Non consiste nell’asportazione dell’articolazione, ma nel rivestimento delle superfici articolari compromesse. Il chirurgo, tramite un’incisione che va dai 10 ai 15 centimetri, raggiunge l’articolazione e asporta lo strato della superficie di tibia e femore usurati, per poi rivestirli con l’impianto protesico. L’operazione, che dura circa un’ora, è in anestesia spinale o generale ed è, rispetto al passato, sempre meno invasiva (le tecniche di oggi riducono l’incisione cutanea e l’aggressività dei tessuti sottostanti). Il rivestimento dell’articolazione avviene utilizzando una lega di metallo con uno spessore in plastica (polietilene) tra le due superfici, per evitare il contatto diretto. La protesi, in sostanza, va a sostituire la cartilagine consumata e favorisce la ripresa dei movimenti e la scomparsa del dolore. Per fissare la protesi si possono utilizzare cementi particolari o materiali che si integrano con l’osso.

IL DECORSO. La degenza ospedaliera di solito è di quattro-cinque giorni, a seconda che la protesi sia parziale o totale, e della capacità di recupero della persona. Già il giorno stesso dell’operazione il paziente muove, con cautela, il ginocchio operato. Segue poi un periodo di riabilitazione, necessario per il ritorno a una vita normale: per tre-quattro settimane il paziente si muoverà con le stampelle dando peso (per evitare il rischio di zoppicare) e per alcuni mesi dovrà fare esercizi mirati per rinforzare il tono muscolare e recuperare il movimento.

I RISCHI. L’eventualità di complicazioni (infezioni, trombosi venosa profonda e altre) è molto ridotta e la percentuale di successo è molto alta.

LA DURATA DELLA PROTESI. I risultati, dicono le statistiche, nel 90% dei casi rimangono buoni anche a distanza di 15-20 anni dall’intervento. Sono d’obbligo ovviamente controlli periodici: inizialmente uno all’anno, poi ogni due. Va detto infine che questi interventi non sono «senza ritorno»: nel caso sorgessero problemi si possono fare reimpianti protesici.

Roberto D’Anchise (puoi chiedergli un consulto)– OK Salute e benessere

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