
Si parla spesso di canzoni violente, ma la musica ha sempre raccontato l’anima di un’epoca, rappresentando sogni, paure e rivoluzioni. Canzoni come “C’era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones”, portata al successo da Gianni Morandi, raccontavano storie di giovani costretti a rinunciare ai propri sogni per combattere guerre lontane. Questa canzone, tradotta e cantata in molte lingue (anche da Joan Baez), è stata recentemente reinterpretata per gli 80 anni di Morandi da artisti come Jovanotti, Gigi D’Alessio, Noemi e Paola e Chiara. Racconta il dramma del Vietnam, sintetizzato nei versi simbolici: «Non suona la chitarra ma uno strumento che sempre dà la stessa nota: ra-ta-ta-ta». Il suono della mitragliatrice, simbolo di un’epoca di sangue.
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La manosfera: il nuovo volto della mascolinità tossica online
Oggi, però, il panorama culturale è profondamente cambiato. Siamo nell’era della “manosfera”, una galassia di comunità online dove si esalta una mascolinità opposta ai principi dell’uguaglianza e del rispetto. All’interno di questo universo troviamo gli Incel (involuntary celibate, celibi involontari), uomini arrabbiati e violenti che si sentono esclusi dal mondo femminile.
La manosfera dipinge i suoi membri come vittime del pensiero progressista e di un presunto “nuovo ordine mondiale” dominato da una sessualità arcobaleno e da un matriarcato imposto. Questa retorica ha iniziato a permeare la società, normalizzando atteggiamenti e linguaggi che fino a pochi anni fa sarebbero stati considerati inaccettabili.
Canzoni violente: trap e testi sessisti
La musica, specchio della società, riflette questo cambiamento. Trap e rap sono oggi i generi più ascoltati tra i giovanissimi. Brani come “Ho paura di uscire 2” di Salmo non parlano più di solitudine o ribellione adolescenziale, ma esaltano la violenza sessuale e l’uso di droga. La cocaina è la protagonista di molte canzoni, come “Respira”, dove l’autore racconta conquiste sessuali con un linguaggio crudo e privo di empatia. Il tutto su basi musicali minimaliste, dominate dall’autotune, un software che corregge l’intonazione e rende le voci meccaniche e disumanizzate.
Droghe e pornografia: i modelli culturali della nuova generazione
Molti di questi testi sembrano usciti direttamente da sceneggiature pornografiche: un mondo di maschi potenti e arroganti, che umiliano donne adoranti e sottomesse. Questa narrazione riflette l’ansia maschile di non essere sessualmente all’altezza, alimentata da pornografia e droghe. Non è solo ribellione giovanile, ma un sistema che rafforza modelli di machismo tossico e disprezzo verso l’altro.
Canzoni violente: il gruppo come nuova identità
A differenza delle proteste politiche e sociali degli anni ’70, come nelle canzoni di De André e Guccini, la musica di oggi celebra la “bro culture”: gruppi di giovani che costruiscono la propria identità attorno a comportamenti estremi e degradanti. Alcol, cocaina, sessismo e celebrazione dello stupro diventano parte integrante di questa cultura. Gli antieroi solitari del passato lasciano il posto a “branchi” che si legittimano a vicenda.
Censura: una strategia controproducente?
Vietare queste canzoni o censurarle è inutile. Anzi, può avere l’effetto opposto, come dimostra il caso di Tony Effe, trapper contestato per i suoi testi sessisti e criminali. Le piattaforme digitali, che sfuggono al controllo della TV e della radio, hanno dato a queste voci una risonanza ancora maggiore. E così, artisti come Tony Effe dominano le classifiche, grazie anche alle polemiche.
Un allarme per genitori ed educatori
Il vero problema non è solo l’ascolto da parte dei ragazzi, ma anche delle ragazze, che rischiano di interiorizzare modelli di inferiorità sessuale e sociale. Questa musica, destinata a un pubblico giovane e privo di strumenti critici, rischia di compromettere il loro sviluppo emotivo e affettivo. Non si può più liquidare il problema dicendo che queste canzoni sono solo lo “specchio dei tempi”.
Cosa possono fare genitori ed educatori?
Se la censura è inefficace, la soluzione è educare. Parlare con i ragazzi, aiutarli a sviluppare un pensiero critico, a distinguere tra realtà e finzione. Offrire loro altri modelli di riferimento, valorizzare la musica che racconta emozioni vere, storie di coraggio e rispetto. Solo così si può contrastare l’effetto devastante di questa cultura musicale tossica e restituire alla musica il suo ruolo di colonna sonora di una società migliore.
Testo di Emmanuele A. Jannini
Professore Ordinario di Endocrinologia e Sessuologia Medica (ENDOSEX)
Direttore della Scuola di Specializzazione in Endocrinologia
Dipartimento di Medicina dei Sistemi
Università di Roma Tor Vergata