
«Ho scoperto il potere della prevenzione grazie alla mia collaborazione con la Fondazione piemontese per la ricerca sul cancro che sostiene l’Istituto Candiolo di Torino. Fino a quel momento ho vissuto un po’ come tutti i ragazzi: pensavo di essere troppo giovane per avere problemi di salute, ma parlando con i medici che ogni giorno affrontano tumori ho capito che sbagliavo. Non esiste un’età in cui sentirsi al sicuro. Ascoltare storie toccanti di pazienti di 20 o 30 anni impegnati nelle terapie contro il cancro mi ha spinto ad essere più attenta e a smettere di fare finta di niente.
Così, tre anni fa ho cominciato a mettere in agenda alcuni esami con cadenza annuale: in primis quelli del sangue, più approfonditi del solito, ecografia all’addome e al seno (per la mammografia, invece, bisogna aspettare i 45 anni, e io ne compio 39 il 15 settembre), che si sono aggiunti alla visita ginecologica e al controllo dei nei. Per fortuna fino adesso è andato sempre tutto bene».
Proprio in questi mesi Cristina Chiabotto celebra i dieci anni del suo ruolo di madrina presso l’Istituto Candiolo, che fa parte della Città della salute e della scienza di Torino, il più grande polo sanitario d’Europa, centro d’eccellenza nella ricerca e cura oncologica, inserito nella classifica della rivista americana Newsweek che premia i migliori ospedali del mondo. Il suo apporto non è solo di facciata, ma autentico, vissuto e personale.
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Cristina, che significato ha per lei questo ruolo?
«Lo vivo con passione. Partecipo alle iniziative della Fondazione, insieme ai professionisti tengo lezioni di pilates e corsi di cucina nell’ambito di “Candiolo Cares”, il progetto che affianca i pazienti nel loro percorso di cura con iniziative legate al benessere. Abbiamo creato momenti bellissimi e pieni di energia positiva. Metto a frutto anche la mia esperienza televisiva, conducendo la rubrica Sul tumore facciamo rumore, che si può seguire online sui canali social della Fondazione: intervisto medici e ricercatori, spronandoli a parlare di cancro e nuove terapie usando un linguaggio semplice. Dopo tutti questi anni, ho capito che se la gente non capisce si affida ai ciarlatani che incontra sul web. Esprimersi con la voglia di voler essere compresi è il primo passo per avvicinare anche i giovani a questo mondo difficile».
Com’è nata la collaborazione?
«Per varie motivazioni. Sicuramente desideravo partecipare a iniziative che riguardassero Torino, la mia città, anche per ricambiare il sostegno che ho sempre ricevuto durante la mia carriera. Poi c’è anche una ragione molto privata: mia madre è stata paziente del Candiolo. Fortunatamente ora sta bene, ma è in quella occasione che ho vissuto il mio primo contatto con i medici del reparto di oncologia e ne ho subito apprezzato umanità e competenza».
Esami a parte, il ruolo di madrina ha influenzato il suo stile di vita?
«Non ci crede mai nessuno, ma sono sempre stata molto pigra nello sport e godereccia a tavola. L’unica attività che seguo da sempre è la danza, perché mi diverte. Il destino ha voluto che mi sia stata anche utile nella carriera, quando dieci anni fa ho vinto Ballando con le stelle. In tanti, vista la mia altezza (sono 1,84!), pensano che abbia giocato a pallavolo o a basket, ma si sbagliano. Ho vissuto molto di rendita, grazie alla genetica e anche alla mia vita frenetica, che mi ha permesso di bruciare molte calorie. Più che l’incontro con l’istituto, però, è stato il lockdown legato al Covid a spingermi a riflettere».
Che cosa ha capito da questa riflessione?
«Che non bisogna sfidare la sorte. Sono stata molto fortunata con la salute. L’unica difficoltà l’ho vissuta con la seconda gravidanza, quando ho sofferto di diabete gestazionale (una condizione che si può sviluppare quando si è incinta, caratterizzata da alti livelli di zucchero nel sangue, ndr), ma con i consigli di ginecologo e dietista la situazione è rientrata presto. Tornando al lockdown, ho scelto di realizzare delle dirette Instagram che raccontassero un nuovo modo di vivere. Avevo tanto tempo libero e ho cominciato a occuparmi di me stessa. Ho coinvolto la mia insegnante di pilates, Simona Romagnolo, perché non avevo le capacità per spiegare gli esercizi da sola e lezione dopo lezione ho capito che prendersi cura di sé è bello e appagante».
«Da allora continuo con il pilates, cammino a passo svelto al parco ogni volta che posso e aggiungo un po’ di sollevamento pesi per la struttura muscolare. In questo percorso ho modificato leggermente anche l’alimentazione: resto una buona forchetta, con mamma di Benevento e papà piemontese, abituata quindi a piatti gustosi e saporiti, ma ho iniziato a stare più attenta a quello che mangio tutti i giorni, soprattutto a casa, senza ansia e pressioni, con la voglia di stare e sentirmi bene. Quando esco, però, mangio quello che mi va e non mi faccio mancare un bicchiere di vino rosso».
È mamma di due bambine piccole: è riuscita a convincerle a mangiare le verdure?
«Il segreto è l’esempio: se tu mangi verdure, loro ti imitano. E poi gioco con le forme, creo polpette o sformati divertenti, magari a forma di piccoli animali. Così loro si divertono, e io sono felice perché mangiano sano».
Che consiglio darebbe a chi ha paura di affrontare un controllo?
«Ho avuto la fortuna di essere amica di Francesca Del Rosso, che ha raccontato la sua esperienza con il cancro nel libro Wondy, ovvero come ho conosciuto il mio tumore. Era una donna piena di vita, ironica, intelligente. Quando ha scoperto di avere un tumore al seno ha condiviso il suo percorso senza retorica, ma con tanta sincerità e forza. Mi ha insegnato che la prevenzione non è un obbligo, ma un atto d’amore verso se stessi e chi ci sta vicino. Mi ripeteva sempre: se non lo fai per te, fallo per chi ti vuole bene. Ecco, questo messaggio ora è diventato anche mio».