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Diabete, tutti i tipi e le terapie

Sintomi, diagnosi e farmaci per riconoscere e curare le varie forme della malattia legata all'alterata quantità e funzione dell'insulina

Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata quantità o funzione dell’insulina.
L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno.

DIABETE DI TIPO 1
Riguarda circa il 10% delle persone con diabete e in genere insorge nell’infanzia o nell’adolescenza. Nel diabete tipo 1, il pancreas non produce insulina a causa della distruzione delle cellule ß che producono questo ormone: è quindi necessario che essa venga iniettata ogni giorno e per tutta la vita.
La velocità di distruzione delle ß-cellule è, comunque, piuttosto variabile, per cui l’insorgenza della malattia può avvenire rapidamente in alcune persone, solitamente nei bambini e negli adolescenti, e più lentamente negli adulti (in questi rari casi si parla di una forma particolare, detta LADA: Late Autommune Diabetes in Adults).

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La causa del diabete tipo 1 è sconosciuta, ma caratteristica è la presenza nel sangue di anticorpi diretti contro antigeni presenti a livello delle cellule che producono insulina, detti ICA, GAD, IA-2, IA-2ß. Questo danno, che il sistema immunitario induce nei confronti delle cellule che producono insulina, potrebbe essere legato a fattori ambientali (tra i quali, sono stati chiamati in causa fattori dietetici) oppure a fattori genetici, individuati in una generica predisposizione a reagire contro fenomeni esterni, tra cui virus e batteri.
Quest’ultima ipotesi si basa su studi condotti nei gemelli monozigoti (identici) che hanno permesso di dimostrare che il rischio che entrambi sviluppino diabete tipo 1 è del 30-40%, mentre scende al 5-10% nei fratelli non gemelli e del 2-5% nei figli.

Si potrebbe, quindi, trasmettere una «predisposizione alla malattia» attraverso la trasmissione di geni che interessano la risposta immunitaria e che, in corso di una banale risposta del sistema immunitario a comuni agenti infettivi, causano una reazione anche verso le ß cellule del pancreas, con la produzione di anticorpi diretti contro di esse (auto-anticorpi). Questa alterata risposta immunitaria causa una progressiva distruzione delle cellule ß, per cui l’insulina non può più essere prodotta e si scatena così la malattia diabetica.
Per questo motivo, il diabete di tipo 1 viene classificato tra le malattie cosiddette autoimmuni, cioè dovute a una reazione immunitaria diretta contro l’organismo stesso. Tra i possibili agenti scatenanti la risposta immunitaria, sono stati proposti i virus della parotite (i cosiddetti orecchioni), il citomegalovirus, i virus Coxackie B, i virus dell’encefalomiocardite. Sono poi in studio, come detto, anche altri possibili agenti non infettivi, tra cui sostanze presenti nel latte.

DIABETE DI TIPO 2
È la forma più comune di diabete e rappresenta circa il 90% dei casi di questa malattia. La causa è ancora ignota, anche se è certo che il pancreas è in grado di produrre insulina, ma le cellule dell’organismo non riescono poi a utilizzarla.

In genere, la malattia si manifesta dopo i 30-40 anni e numerosi fattori di rischio sono stati riconosciuti associarsi alla sua insorgenza. Tra questi: la familiarità per diabete, lo scarso esercizio fisico, il sovrappeso e l’appartenenza ad alcune etnie.
Riguardo la familiarità, circa il 40% dei diabetici di tipo 2 ha parenti di primo grado (genitori, fratelli) affetti dalla stessa malattia, mentre nei gemelli monozigoti la concordanza della malattia si avvicina al 100%, suggerendo una forte componente ereditaria per questo tipo di diabete.

Anche per il diabete tipo 2 esistono forme rare, dette MODY (Maturity Onset Diabetes of the Young), in cui il diabete di tipo 2 ha un esordio giovanile e sono stati identificati rari difetti genetici a livello dei meccanismi intracellulari di azione dell’insulina.
Il diabete tipo 2 in genere non viene diagnosticato per molti anni in quanto l’iperglicemia si sviluppa gradualmente e inizialmente non è di grado severo al punto da dare i classici sintomi del diabete. Solitamente la diagnosi avviene casualmente o in concomitanza con una situazione di stress fisico, quale infezioni o interventi chirurgici.
Il rischio di sviluppare la malattia aumenta con l’età, con la presenza di obesità e con la mancanza di attività fisica: questa osservazione consente di prevedere strategie di prevenzione «primaria», cioè interventi in grado di prevenire l’insorgenza della malattia e che hanno il loro cardine nell’applicazione di uno stile di vita adeguato, che comprenda gli aspetti nutrizionali e l’esercizio fisico.

DIABETE GESTAZIONALE
Si definisce diabete gestazionale ogni situazione in cui si misura un elevato livello di glucosio circolante per la prima volta in gravidanza. Questa condizione si verifica nel 4% circa delle gravidanze.
La definizione prescinde dal tipo di trattamento utilizzato, sia che sia solo dietetico o che sia necessaria l’insulina e implica una maggiore frequenza di controlli per la gravida e per il feto.

SEGNI E SINTOMI
La sintomatologia di insorgenza della malattia dipende dal tipo di diabete. Nel caso del diabete tipo 1 di solito si assiste a un esordio acuto, spesso in relazione a un episodio febbrile, con sete (polidipsia), aumentata quantità di urine (poliuria), sensazione si stanchezza (astenia), perdita di peso, pelle secca, aumentata frequenza di infezioni.
Nel diabete tipo 2, invece, la sintomatologia è più sfumata e solitamente non consente una diagnosi rapida, per cui spesso la glicemia è elevata ma senza i segni clinici del diabete tipo 1.

DIAGNOSI
I criteri per la diagnosi di diabete possono essere:
• sintomi di diabete (poliuria, polidipsia, perdita di peso inspiegabile) associati a un valore di glicemia casuale, cioè indipendentemente dal momento della giornata, ? 200 mg/dl.
• glicemia a digiuno ? 126 mg/dl. Il digiuno è definito come mancata assunzione di cibo da almeno 8 ore.
• glicemia ? 200 mg/dl durante una curva da carico (OGTT). Il test dovrebbe essere effettuato somministrando 75 g di glucosio.

Esistono, inoltre, situazioni cliniche in cui la glicemia non supera i livelli stabiliti per la definizione di diabete, ma che comunque non costituiscono una condizione di normalità. In questi casi si parla di Alterata Glicemia a Digiuno (IFG) quando i valori di glicemia a digiuno sono compresi tra 100 e 125 mg/dl e di Alterata Tolleranza al Glucosio (IGT) quando la glicemia due ore dopo il carico di glucosio è compresa tra 140 e 200 mg/dl.
Si tratta di situazioni cosiddette di «pre-diabete», che indicano un elevato rischio di sviluppare la malattia diabetica anche se non rappresentano una situazione di malattia. Spesso sono associati a sovrappeso, dislipidemia e/o ipertensione e si accompagnano a un maggior rischio di eventi cardiovascolari.

COMPLICANZE DEL DIABETE
Il diabete può determinare complicanze acute o croniche. Le complicanze acute sono più frequenti nel diabete tipo 1 e sono in relazione alla carenza pressoché totale di insulina. In questi casi il paziente può andare incontro a coma chetoacidosico, dovuto ad accumulo di prodotti del metabolismo alterato, i chetoni, che causano perdita di coscienza, disidratazione e gravi alterazioni ematiche.
Nel diabete tipo 2 le complicanze acute sono piuttosto rare, mentre sono molto frequenti le complicanze croniche che riguardano diversi organi e tessuti, tra cui gli occhi, i reni, il cuore, i vasi sanguigni e i nervi periferici.

• Retinopatia diabetica: è un danno a carico dei piccoli vasi sanguigni che irrorano la retina, con perdita delle facoltà visive. Inoltre, le persone diabetiche hanno maggiori probabilità di sviluppare malattie oculari come glaucoma e cataratta.

• Nefropatia diabetica: si tratta di una riduzione progressiva della funzione di filtro del rene che, se non trattata, può condurre all’insufficienza renale fino alla necessità di dialisi e/o trapianto del rene.

• Malattie cardiovascolari: il rischio di malattie cardiovascolari è da 2 a 4 volte più alto nelle persone con diabete che nel resto della popolazione causando, nei Paesi industrializzati, oltre il 50% delle morti per diabete. Questo induce a considerare il rischio cardiovascolare nel paziente diabetico pari a quello assegnato a un paziente che ha avuto un evento cardiovascolare.

• Neuropatia diabetica: è una delle complicazioni più frequenti e secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità si manifesta a livelli diversi nel 50% dei diabetici. Può causare perdita di sensibilità, dolore di diversa intensità e danni agli arti, con necessità di amputazione nei casi più gravi. Può comportare disfunzioni del cuore, degli occhi, dello stomaco ed è una delle principali cause di impotenza maschile.

• Piede diabetico: le modificazioni della struttura dei vasi sanguigni e dei nervi possono causare ulcerazioni e problemi a livello degli arti inferiori, soprattutto del piede, a causa dei carichi che sopporta. Questo può rendere necessaria l’amputazione degli arti e statisticamente costituisce la prima causa di amputazione degli arti inferiori di origine non traumatica.

• Complicanze in gravidanza: nelle donne in gravidanza, il diabete può determinare conseguenze avverse sul feto, da malformazioni congenite a un elevato peso alla nascita, fino a un alto rischio di mortalità perinatale.

FATTORI DI RISCHIO
Le complicanze croniche del diabete possono essere prevenute o se ne può rallentare la progressione attraverso uno stretto controllo di tutti i fattori di rischio correlati.

• Glicemia ed emoglobina glicata (HbA1c). Sono stati effettuati importanti studi clinici che hanno evidenziato l’importanza di un buon controllo metabolico per prevenire l’insorgenza di complicanze. I livelli medi di glicemia nel corso della giornata possono essere valutati mediante la misurazione dell’emoglobina glicata (HbA1c%).
L’emoglobina, che è normalmente trasportata dai globuli rossi, può legare il glucosio in maniera proporzionale alla sua quantità nel sangue. In considerazione del fatto che la vita media del globulo rosso è di tre mesi, la quota di emoglobina cui si lega il glucosio sarà proporzionale alla quantità di glucosio che è circolato in quel periodo. Otteniamo, quindi, una stima della glicemia media in tre mesi.
Nei soggetti non diabetici, il livello d’emoglobina glicata si mantiene attorno al 4-7 per cento, che significa che solo il 4-7 per cento di emoglobina è legato al glucosio. Nel paziente diabetico questo valore deve essere mantenuto entro il 7% per poter essere considerato in «buon controllo metabolico».

• Pressione sanguigna. Nei diabetici c’è un aumentato rischio di malattia cardiovascolari, quindi il controllo della pressione sanguigna è particolarmente importante, in quanto livelli elevati di pressione rappresentano già un fattore di rischio. Il controllo della pressione sanguigna può prevenire l’insorgenza di patologie cardiovascolari (malattie cardiache e ictus) e di patologie a carico del microcircolo (occhi, reni e sistema nervoso).
• Controllo dei lipidi nel sangue. Anche le dislipidemie rappresentando un aggiuntivo fattore di rischio per le patologie cardiovascolari. Un adeguato controllo del colesterolo e dei lipidi (HDL, LDL e trigliceridi) può infatti ridurre l’insorgenza di complicanze cardiovascolari, in particolare nei pazienti che hanno già avuto un evento cardiovascolare. L’elevata frequenza di complicanze vascolari impone uno stretto monitoraggio degli organi bersaglio (occhi, reni e arti inferiori). Per questo, è necessario che le persone con diabete si sottopongano a periodiche visite di controllo, anche in assenza di sintomi.

INTERVENTI TERAPEUTICI
La terapia della malattia diabetica ha come cardine l’attuazione di uno stile di vita adeguato. Per stile di vita si intendono le abitudini alimentari, l’attività fisica e l’astensione dal fumo.
La dieta del soggetto con diabete (definita negli Usa Medical Nutrition Theraphy, cioè terapia medica nutrizionale) ha l’obiettivo di ridurre il rischio di complicanze del diabete e di malattie cardiovascolari attraverso il mantenimento di valori di glucosio e lipidi plasmatici e dei livelli della pressione arteriosa il più possibile vicini alla normalità.

In linea di massima, si raccomanda che la dieta includa carboidrati, provenienti da frutta, vegetali, grano, legumi e latte scremato, non inferiori ai 130 g/giorno ma controllando che siano assunti in maniera equilibrata, attraverso la loro misurazione e l’uso alternativo. Evitare l’uso di saccarosio, sostituibile con dolcificanti. Come per la popolazione generale, si raccomanda di consumare cibi contenenti fibre. Riguardo i grassi, è importante limitare il loro apporto a <7% delle calorie totali giornaliere, con particolare limitazione ai grassi saturi e al colesterolo.

Un’attività fisica di tipo aerobico e di grado moderato per almeno 150 minuti a settimana oppure di tipo più intenso per 90 minuti a settimana è raccomandata per migliorare il controllo glicemico e mantenere il peso corporeo. Dovrebbe essere distribuita in almeno tre volte a settimana e con non più di due giorni consecutivi senza attività.
Come per la popolazione generale si consiglia di non fumare, e a tale scopo dovrebbe essere prevista una forma di sostegno alla cessazione del fumo come facente parte del trattamento del diabete.

I diabetici tipo 1 hanno necessità di regolare in maniera più stretta la terapia insulinica all’apporto dietetico e all’attività fisica, mentre per i diabetici tipo 2, che in genere sono anche sovrappeso o francamente obesi, assume maggior importanza un adeguato stile di vita che comprenda riduzione dell’apporto calorico, soprattutto dai grassi, e aumento dell’attività fisica per migliorare glicemia, dislipidemia e livelli della pressione arteriosa.

FARMACI PER IL DIABETE
Il trattamento di entrambi i tipi di diabete, mirato a un controllo adeguato e costante della glicemia, ha lo scopo di alleviare i sintomi e di diminuire il rischio di complicanze a lungo termine.

Diabete di tipo 1. Nei pazienti con diabete di tipo 1 si richiede un trattamento con insulina.

Diabete di tipo 2. Nei pazienti con diabete di tipo 2 si può ottenere un controllo iniziale della malattia attraverso una dieta ipocalorica con basso contenuto di carboidrati associata a un aumento dell’attività fisica. L’assunzione dei carboidrati deve essere distribuita in modo appropriato nel corso della giornata e abbinata a un adeguato apporto di fibre solubili.
I farmaci ipoglicemizzanti orali dovrebbero essere prescritti per il trattamento del diabete di tipo 2 solo se i pazienti non rispondono in modo adeguato alla dieta dopo un periodo di almeno 3 mesi; dovrebbero essere utilizzati per migliorare l’efficacia della dieta e dell’esercizio fisico, e non in loro sostituzione.
In casi selezionati, se non si raggiunge un controllo con la dieta e con gli ipoglicemizzanti orali, l’insulina può essere aggiunta al trattamento oppure sostituire la terapia orale, soprattutto nelle fasi più avanzate di malattia. Nei pazienti obesi si deve valutare l’uso di farmaci come l’orlistat o la sibutramina.

PREVENZIONE DELLE COMPLICANZE DIABETICHE
In entrambi i tipi di diabete un adeguato controllo glicemico riduce il rischio di complicanze a lungo termine. Tuttavia, il ripristino della glicemia ai valori normali può portare a un peggioramento temporaneo della retinopatia diabetica.
Per l’uso di ACE inibitori e di antagonisti dei recettori dell’angiotensina II nel controllo della nefropatia diabetica.
Nei pazienti diabetici di tipo 2 con ipertensione arteriosa, un trattamento antipertensivo adeguato è in grado di ridurre la mortalità; riduce, inoltre, il deterioramento della vista e il rischio di maculopatia e, di conseguenza, la necessità di sottoporsi a un trattamento di fotocoagulazione retinica.
I diabetici in trattamento con insulina o con farmaci ipoglicemizzanti orali devono notificare la loro condizione durante la visita medica per la concessione o il rinnovo della patente di guida. In Italia non è permessa la guida nel caso in cui le complicanze del diabete siano tali da compromettere la sicurezza. Gli automobilisti devono essere attenti soprattutto a evitare l’ipoglicemia e dovrebbero essere allertati sulle conseguenze causate da un episodio di ipoglicemia durante la guida.
I diabetici trattati con insulina dovrebbero controllare in modo regolare la loro glicemia prima di mettersi al volante e a intervalli di circa due ore in caso di lunghi viaggi; queste precauzioni sono necessarie anche per i diabetici che assumono antidiabetici orali perché anch’essi sono a rischio di ipoglicemia. I diabetici che prendono insulina dovrebbero avere sempre con sé un po’ di zucchero e devono evitare di guidare lontano dai pasti.

QUALI FARMACI SONO INDICATI PER IL CONTROLLO DELL’IPERTENSIONE ARTERIOSA NEL DIABETICO?
Nei pazienti diabetici l’obiettivo del trattamento è quello di mantenere una pressione sistolica <130 mmHg e una diastolica <80 mmHg. La maggior parte dei soggetti richiede una combinazione di più farmaci antipertensivi per ottenere questo obiettivo.
L’ipertensione è comune nel diabete di tipo 2 (non insulino dipendente) e il trattamento antipertensivo previene le complicazioni macro e microvascolari. Nel diabete di tipo 1 (insulino dipendente) l’ipertensione è spesso indice di nefropatia diabetica.
Un ACE inibitore o un antagonista dei recettori dell’angiotensina II possono avere un ruolo specifico nel trattamento della nefropatia diabetica; nei pazienti con diabete di tipo 2 la somministrazione di ACE inibitori o di antagonisti dei recettori dell’angiotensina II può rallentare la progressione della microalbuminuria a nefropatia.

QUALI FARMACI SONO UTILI NELLA NEFROPATIA DIABETICA?
Se non ci sono controindicazioni, tutti i pazienti diabetici con nefropatia e albuminuria e tutti i pazienti insulino dipendenti con microalbuminuria accertata (almeno 3 test positivi) devono essere trattati con un ACE inibitore o un antagonista dell’angiotensina II (indicazione non registrata in Gran Bretagna né in Italia) anche se la pressione arteriosa è normale; in ogni caso, al fine di limitare il rischio di un deterioramento della funzione renale, la pressione arteriosa deve essere controllata in modo attento.
Gli ACE inibitori possono potenziare l’effetto ipoglicemico dell’insulina e dei farmaci ipoglicemizzanti orali; è più probabile che tale effetto si verifichi nel corso delle prime settimane di trattamento e in pazienti con insufficienza renale.

Testo tratto da EpiCentro, sito web del Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità

Ultimo aggiornamento: 10 novembre 2010

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