Bambini

Genitori, attenzione: lo smartphone non è un babysitter

L’utilizzo frequente di un media device può creare dipendenza, quindi bisogna limitarne il consumo. Ce ne parla la pediatra Elena Bozzola

Cari mamma e papà, i bambini sono dei perfetti imitatori. Osservano tutto. Le parole, i gesti o le azioni sono in grado di influenzare il loro apprendimento e comportamento futuri. Ecco perché dovreste dare il buon esempio nelle piccole abitudini quotidiane, a partire dall’utilizzo dei media device. Vi sarà infatti capitato di pensare almeno una volta “gli lascio il telefono così smette di piangere” oppure “faccio partire un video su YouTube così si distrae e mangia”. Soluzioni alle volte utili, ma alla lunga scorrette perché, per chi ancora non lo sapesse, l’utilizzo frequente di un dispositivo tecnologico può creare dipendenza.

«Sin da piccoli ai bambini vengono lasciati in mano i media device, senza sapere che più ci si abitua al loro utilizzo, più si fatica poi a farne a meno in età adolescenziale, per questo è importante fare delle raccomandazioni», commenta Elena Bozzola, pediatra infettivologa presso l’Ospedale Bambino Gesù di Roma e segretario nazionale della Società italiana di pediatria.

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Stabilire tempi e orari di utilizzo

Bisogna stabilire tempi e orari, regole chiave e soprattutto modalità di impiego. Il primo suggerimento, partendo dalla tenerissima età, è di non lasciare cellulare, tablet o media device ai bambini al di sotto dei 2 anni. Limitarne poi l’uso di un’ora tra i 2 e i 5 anni e a 2 ore al massimo tra i 5 e gli 8 anni. Come? «Dimenticarli durante i pasti, mentre si fanno i compiti o mentre si sta in famiglia, cercando più che altro di riempire il tempo che il ragazzino o la ragazzina passano con il device chiacchierando» spiega la pediatra.

Valutare la qualità dei contenuti

Oltre a monitorare il tempo che il bambino spende davanti allo schermo, è importante valutare la qualità dei programmi, perché anche quelli “educativi”, ad esempio in lingua inglese, potrebbero non rivelarsi tali, vista la facilità con cui è possibile “atterrare” su pagine o canali inopportuni. «Bisogna fare molta attenzione perché sui device, diversamente dalla televisione, anche se ci sono contenuti più utili e accattivanti, c’è il rischio di finire su pagine pubblicitarie senza che il bambino se ne renda conto», precisa Bozzola. «I tablet sono utili in molte situazioni, ci sono contenuti ottimi, esercitazioni per la scuola, giochi e passatempi; bisogna però scegliere quelli giusti e prestare attenzione ai tempi di utilizzo».

Quando la dipendenza è già in atto

Poi ci sono gli adolescenti. Come capire se sono già, o stanno entrando, in una dipendenza da smartphone? Il primo campanello d’allarme è la tentazione: quella difficoltà a resistere all’impulso di utilizzo del cellulare, quella voglia frenetica di controllarlo continuamente tanto da diventare addirittura irritabili o ansiosi in un periodo di astinenza. La pediatra suggerisce che «un modo per capire se il ragazzo sta entrando in una dipendenza è chiedergli se è consapevole del fatto che sta utilizzando il cellulare per un periodo più lungo di quello che vorrebbe, oppure se vorrebbe ridurre il tempo impiegato, ma tutte le volte che ci prova fallisce».

Un altro campanello d’allarme è l’incapacità di passare in “modalità notte” quando ci si mette a letto. «Molti ragazzi mettono il proprio cellulare sul comodino, magari senza suoneria, ma con la vibrazione. Questa è una cattiva abitudine perché interferisce con il sonno e porta a un risveglio precoce che influisce poi su tutta la giornata successiva» sottolinea la specialista.

I comportamenti di natura fisica e psicologica

Comportamenti persistenti di natura fisica e psicologica sono invece campanelli d’allarme di una dipendenza già in atto. Per i primi basta pensare a disturbi visivi (bruciore agli occhi), mal di testa, variazione del peso e  “tech neck”, la sindrome di dolore al collo dovuta alla scorretta posizione mentre si guarda lo schermo.

Lato psicologico invece, la pediatra spiega che «uno dei segnali più forti è che il ragazzino ha una compromissione di tutte le relazioni sociali, cioè che resta sempre più chiuso in sé stesso, in un mondo digitale parallelo che lo allontana dalla vita reale». Se è tanta e talmente forte l’incapacità di resistere al cellulare, il ragazzino arriva anche a mettersi in situazioni di pericolo come ad esempio non prestare attenzione mentre attraversa la strada. Tutti fattori, questi, che insieme permettono di capire che è arrivato il momento di intervenire.

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Beatrice Foresti

Giornalista pubblicista, collabora con OK Salute e Benessere, insieme ad altre testate. È laureata in Comunicazione, Media e Pubblicità all’Università IULM di Milano e ha da poco terminato un Master in Giornalismo alla RCS Academy. È appassionata di scrittura, radio, fotografia e viaggi.
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