
Ricevere una diagnosi di cancro significa precipitare in un vortice emotivo: domande senza risposta, paure per il domani, ansia per il corpo che cambia. In questo momento, spesso drammatico, la psiconcologia emerge non come opzione, ma come necessità: aiutare il paziente e i suoi cari a “restare in sé” nonostante la malattia, sostenere il senso di autonomia, ridare dignità alle emozioni.
Gabriella Pravettoni, professore ordinario di Psicologia delle Decisioni all’Università Statale di Milano e direttore della Divisione di Psiconcologia all’Istituto Europeo di Oncologia, ci guida fra sfide, modalità d’intervento e speranze di un accompagnamento psicologico personalizzato.
In questo articolo
Cos’è la psiconcologia e quali sono gli strumenti che utilizza?
La psiconcologia è un pilastro imprescindibile nella cura del paziente oncologico. Si inserisce lungo tutto il percorso: dalla diagnosi alla fase attiva della malattia, fino all’eventuale percorso palliativo.
Uno dei primi strumenti utilizzati è il test del distress (Termometro del Distress): serve a misurare la sofferenza psicologica, sociale e esistenziale, distinguendo normali reazioni adattive dai segnali che richiedono un intervento specifico. Questo approccio consente di scegliere un percorso personalizzato e monitorarne l’evoluzione.
Il sostegno psiconcologico si concretizza attraverso:
- colloqui individuali o con i familiari,
- tecniche di rilassamento e mindfulness,
- test psicologici e valutazioni di qualità della vita,
- supporto informativo per comprendere il significato delle terapie, gli effetti collaterali, i rischi e i benefici.
L’intervento precoce è cruciale: ansia e depressione, se non affrontate, possono peggiorare la qualità della vita del paziente e interferire con l’aderenza alle cure.
Lavorare in rete: multidisciplinarietà, personalizzazione e contesto
La psiconcologia non vive isolata: lavora in sinergia con oncologi, radiologi, chirurghi, infermieri, nutrizionisti. Per essere efficace, il professionista deve conoscere in dettaglio la condizione clinica del paziente: tipo di tumore, stadio, tipo di terapia, effetti collaterali attesi. In alcuni casi, come tumori del seno o della prostata, la dimensione identitaria (femminilità, mascolinità) entra in gioco, richiedendo percorsi ancora più sensibili.
Il fine ultimo: una terapia “cucita addosso” alle risorse emotive del paziente, che tenga conto non solo del corpo, ma della storia, del contesto familiare, delle paure e delle speranze individuali.
Lo psiconcologo manca in molti ospedali
Nonostante l’evidenza clinica e numerose pubblicazioni che mostrano il beneficio del supporto psiconcologico, il percorso non è privo di ostacoli. In molti centri oncologici manca una struttura stabile di psiconcologia, e la domanda è spesso sottovalutata.
Bisogna abolire l’idea che lo psicologo sia un “lusso” emotivo, inserirlo come professione essenziale nella cura del paziente oncologico.
Leggi anche…
None found