NewsTecnologia

Alzheimer: testato uno smart body che riporta a casa il paziente che si è perso

Il dispositivo riesce a riconoscere i segnali del disorientamento e a ricondurre la persona a casa

Quando si parla di malattia di Alzheimer, il pensiero corre subito alla perdita di memoria e alla difficoltà di riconoscere volti familiari. Tuttavia, tra i primi (e trascurati) segnali di questa patologia c’è il disorientamento spaziale (o topografico), una condizione che può manifestarsi anche prima dell’amnesia e può offrire agli specialisti una preziosa finestra per intervenire tempestivamente.

Chi sperimenta questo disturbo non riesce più a orientarsi in ambienti conosciuti: può infatti capitare che una persona non riconosca più il tragitto verso casa o si perda in luoghi considerati familiari, come il quartiere in cui vive da anni. Questo tipo di disturbo è uno dei primi campanelli d’allarme della malattia di Alzheimer e riguarda la capacità del cervello di creare e utilizzare una rappresentazione mentale dello spazio circostante.

I neuroni della navigazione: un GPS nel cervello

Come spiega Sandro Sorbi, Past President di Airalzh Onlus e Direttore di Neurologia I presso l’Az. Osp. Univ. “Careggi” di Firenze, il nostro cervello è dotato di un vero e proprio sistema di navigazione interno, basato sull’attività di tre tipi di neuroni specializzati:

  • neuroni di posizione: si attivano quando ci troviamo in un punto specifico di un ambiente. È come se ci dicessero “sei qui, ora”;
  • neuroni griglia: tracciano un reticolato mentale sovrapposto alla mappa dell’ambiente, che ci aiuta a capire dove siamo rispetto a dove eravamo o dove vogliamo andare;
  • neuroni di confine: entrano in azione quando ci avviciniamo a un limite fisico, come un muro, il ciglio di una strada, una siepe e così via.

Questi neuroni si trovano principalmente nell’ippocampo e nella corteccia entorinale, due aree cerebrali fondamentali per la memoria e l’orientamento stesso. Sono proprio queste le zone che, nei primi stadi dell’Alzheimer, iniziano a mostrare segni di sofferenza.

Alzheimer: testato uno smart body che aiuta i pazienti disorientati

Uno studio condotto nell’ambito dei progetti finanziati da Airalzh Onlus (Associazione Italiana Ricerca Alzheimer) da Davide Maria Cammisuli, psicologo e dottore di ricerca in Neuroscienze, ha dimostrato in modo chiaro un’alterazione della cognizione spaziale in persone con lieve declino cognitivo e biomarcatori compatibili con l’Alzheimer.

alzheimer paziente che si perde
Crediti: Comftech.com

Il dispositivo cattura i segnali fisiologici legati al disorientamento

La ricerca è stata svolta in un giardino urbano, cioè in un ambiente naturale ma controllato, e ha coinvolto l’uso di uno smart body, un dispositivo indossabile dotato di sensori che monitorano parametri della marcia e dell’attività fisiologica del sistema nervoso autonomo. Questo strumento ha permesso di rilevare reazioni neurovegetative legate allo stress da disorientamento, come variazioni del battito cardiaco o della sudorazione, quando i partecipanti si trovavano a percorrere un tragitto urbano complesso.

In pratica, il dispositivo è stato in grado di catturare gli “alert” inviati dal sistema simpatico – quello che si attiva normalmente in situazioni d’emergenza – di fronte a compiti di orientamento spaziale, anche quando risultavano oggettivamente semplici.

Può riportare a casa il paziente che si è perso

Inoltre, grazie a un sistema di monitoraggio da remoto, questo smart body può tenere traccia del tragitto percorso dal paziente grazie a un GPS integrato. Se implementato con messaggistica istantanea e alert, il dispositivo testato dal dott. Cammisuli può anche ricondurre la persona con demenza o malattia di Alzheimer a casa qualora fossero rilevati segnali di disorientamento spaziale.

Perché è importante riconoscere questi segnali

Il disorientamento spaziale è una condizione che, come abbiamo detto, può precedere di anni altri sintomi conclamati, come i vuoti di memoria e l’impossibilità di riconoscere e ricordare. Eppure questo disturbo viene spesso trascurato, dai familiari ma soprattutto dai pazienti stessi che, pur di non darvi peso, iniziano a mettere in atto comportamenti evitanti, come smettere di uscire da soli, guidare o percorrere nuove strade.

Tuttavia, identificare correttamente questo campanello d’allarme è fondamentale per due motivi:

  • individuando i primi sintomi si può arrivare a diagnosi più tempestive e, di conseguenza, si può intervenire con strategie efficaci per rallentare il decorso della malattia;
  • monitorando i pazienti nella loro quotidianità, anche sfruttando dispositivi come lo smart body testato dal dottor Davide Maria Cammisuli, si possono riconoscere le situazioni più critiche e adattare così gli interventi terapeutici in modo sempre più mirato.

Leggi anche…

Mostra di più

Chiara Caretoni

Giornalista pubblicista, lavora come redattrice per OK Salute e Benessere dal 2015 e dal 2021 è coordinatrice editoriale della redazione digital. È laureata in Lettere Moderne e in Filologia Moderna all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha accumulato diverse esperienze lavorative tra carta stampata, web e tv, e attualmente conduce anche una rubrica quotidiana di salute su Radio LatteMiele e sul Circuito Nazionale Radiofonico (CNR). Nel 2018 vince il XIV Premio Giornalistico SOI – Società Oftalmologica Italiana, nel 2021 porta a casa la seconda edizione del Premio Giornalistico Umberto Rosa, istituito da Confindustria Dispositivi Medici e, infine, nel 2022 vince il Premio "Tabacco e Salute", istituito da SITAB e Fondazione Umberto Veronesi.
Pulsante per tornare all'inizio