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Gianluca Zambrotta: il disordine mi fa venire l’ansia

«Quando metto via le magliette nei cassetti le divido per marca. E guai se trovo cartacce in giro. Pignolo? Già, sempre stato così...»

«Per me le cose si possono fare solo in un modo: con rigore», racconta Gianluca Zambrotta. «Ecco perché quando metto a posto le magliette nei cassetti le divido per marca. Do un passaggio a qualcuno? Guai se mi lascia in auto carte e cartacce, non le tollero. Lo ammetto: il disordine mi mette ansia, sono un tipo molto preciso. Mia moglie Valentina corregge: pignolo».

Ero così già da bambino

«Che ci posso fare? Sono sempre stato così. Ho preso da mio padre. Mi ricordo che era vietato toccare, per non dire spostare, qualsiasi cosa ci fosse nel suo studio. Nella mia casa, per ora, di stanze inviolabili non ce ne sono. Ma solo perché ho la fortuna di avere una moglie che non butta mai nulla a mia insaputa. Sarebbe lesa maestà.
Se conservo un oggetto, vuol dire che mi serve. Ed essere così ordinato mi è tornato utile per non restare sommerso dalla mia roba durante i tre traslochi che ho fatto negli ultimi tre anni: da Torino, dove fino al 2006 ho giocato nella Juventus, a Barcellona e da lì, l’anno scorso, a Milano per vestire la maglia rossonera. Ogni cosa al suo posto, ogni scatolone con il nome sopra.

Gruppo San Donato

Curo molto il mio look: barba sempre regolata

Per uno come me cambiare casa è stato tutte le volte un piccolo trauma. E chissà che non sarà una bella rivoluzione anche avere dei figli. Mi ci vedo già: carponi in terra a mettere a posto i giochi che i bambini spargono per casa. Vederli per aria mi farebbe venire l’ansia. Dovrò farmi dare dei consigli dal mio compagno di squadra David Beckham, anche lui come me maniaco della precisione. Si vede subito che il campione inglese è uno che ci tiene sia alle sue cose sia alla sua immagine.

Niente tatuaggi

Come lui, pure io curo me stesso. Non mi vedrete mai fare la barba con un unico e frettoloso colpo di lametta. A me piace regolarla a poco a poco, a volte un po’ più lunga a volte un po’ più corta, ma mai a caso. E sono uno dei pochi calciatori a non avere tatuaggi. Nulla da ridire a chi ci tiene a conservare sulla pelle il ricordo di un evento importante, un simbolo di qualcosa in cui credere. Ma non fa per me. Mi sentirei ridicolo soprattutto quando, con l’età, i disegni appassirebbero insieme alla pelle che perde tono.

Sono bravo nel gioco di difesa… anche nella vita

Lo so a che cosa state pensando. Io che ho condiviso l’esperienza della vittoria ai Mondiali di Germania con compagni in Nazionale senza peli sulla lingua come Cannavaro, Camoranesi e Gattuso, figurarsi se non ho qualche nomignolo tipo “signor Precisini” inventato per me dagli altri azzurri. E invece no. Per un solo motivo: sono bravo nel gioco in difesa, in tutti i sensi, e quindi negli spogliatoi cerco di non fare notare che la mia sacca è sempre la più in ordine di tutte. Anzi, mi sono preso io la soddisfazione di prendere in giro qualche compagno di squadra. È capitato con Lilian Thuram, quando giocavamo insieme nella Juve. Lui è molto distratto, così svagato che a volte arrivava allo stadio per la partita di campionato senza sapere il nome della squadra avversaria che ci saremmo trovati di fronte di lì a pochi minuti. Quando ci capitava di mangiare insieme, magari in ritiro, io cominciavo: “Mi raccomando, stavolta stai attento alle briciole, non sporcare in giro come al tuo solito”.

Chi cena da me sa che poi deve pulire

Ma chi è venuto a mangiare a casa mia sa bene come sono fatto. A Barcellona avevamo un appartamento con il barbecue sul terrazzo. Le grigliate mie e di Valentina sono ancora celebri. E dopo il pranzo il mio tormentone era: “Bene, ora prendete la spugnetta e aiutatemi a pulire la griglia”. Nessuno si è mai tirato indietro e io non mi sono mai sentito in colpa, nonostante le occhiatacce di mia moglie che tutte le volte stenta a credere che io possa arrivare a tanto».

Gianluca Zambrotta
Testimonianza raccolta da Barbara Rossi per OK La salute prima di tutto di luglio 2009


 

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